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Abuso contratti a termine: docenti e risarcimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20274/2025, ha stabilito che la reiterazione di contratti a termine per i docenti di religione per oltre tre anni scolastici, senza un concorso, costituisce un abuso contratti a termine. Sebbene non dia diritto alla conversione del rapporto in tempo indeterminato, l’abuso fonda il diritto del docente a ottenere un risarcimento del danno, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva ritenuto legittima tale pratica.

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Pubblicato il 29 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abuso Contratti a Termine: La Cassazione Tutela i Docenti di Religione

L’ordinanza n. 20274/2025 della Corte di Cassazione segna un punto fondamentale nella tutela dei lavoratori precari della scuola, specificamente per i docenti di religione. La Corte ha chiarito che la continua rinnovazione dei contratti a tempo determinato costituisce un abuso contratti a termine qualora superi una certa soglia temporale, anche in presenza di una normativa speciale, aprendo la strada al risarcimento del danno. Questo principio rafforza la protezione dei lavoratori contro l’utilizzo illegittimo della contrattazione flessibile da parte della Pubblica Amministrazione.

I Fatti di Causa: la Vicenda dei Docenti Precari

Un gruppo di docenti di religione si era rivolto al Tribunale per denunciare l’abusiva reiterazione dei contratti di lavoro a termine stipulati per oltre un decennio con il Ministero dell’Istruzione. I docenti chiedevano la conversione dei loro rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato e il risarcimento dei danni subiti a causa della precarietà prolungata.

La Decisione della Corte d’Appello

In un primo momento, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le richieste dei docenti. La Corte territoriale aveva giustificato la legittimità della reiterazione dei contratti sulla base della legge n. 186 del 2003. Questa normativa permette la stipula di contratti a termine per coprire il 30% dell’organico dei docenti di religione. La motivazione addotta era la necessità di adeguare il numero di insegnanti al numero variabile di studenti che, anno dopo anno, scelgono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Tali fluttuazioni, secondo i giudici di merito, costituivano una ‘ragione obiettiva’ sufficiente a giustificare il mancato rispetto dei limiti generali sui contratti a termine.

La Svolta della Cassazione sull’abuso contratti a termine

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva. Accogliendo il ricorso dei docenti, ha affermato che il regime speciale previsto per gli insegnanti di religione non può giustificare una precarizzazione a tempo indefinito. La Corte ha stabilito che si configura un abuso contratti a termine quando si verificano due condizioni:

1. Il protrarsi di rapporti annuali, con o senza continuità, per un periodo superiore a tre annualità scolastiche.
2. La mancata indizione di un concorso triennale per la stabilizzazione.

La Corte ha specificato che anche l’utilizzo discontinuo di un docente per coprire eccedenze di fabbisogno, se la durata complessiva dei rapporti supera le tre annualità, integra un abuso. La presunta ‘ragione obiettiva’ legata alla variabilità del numero di studenti non è sufficiente a legittimare un precariato senza fine, in violazione della Direttiva Europea 99/70/CE.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamando, tra le altre, la sentenza n. 18698/2022). Il punto centrale è che la normativa speciale per i docenti di religione deve essere interpretata in conformità con i principi europei, che mirano a prevenire e sanzionare l’abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato.

La Corte ha chiarito che, sebbene l’abuso non comporti la conversione automatica del contratto in un rapporto a tempo indeterminato (data la specificità del settore pubblico), esso genera il diritto del lavoratore al risarcimento del cosiddetto ‘danno eurounitario’. Questo danno viene quantificato facendo riferimento ai parametri stabiliti dalla normativa nazionale (originariamente l’art. 32 della legge 183/2010, poi trasfuso nell’art. 28 del D.Lgs. 81/2015), oltre all’eventuale maggior danno se provato. Pertanto, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, affinché decida nuovamente la controversia applicando questi principi, liquidando il risarcimento dovuto ai docenti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i docenti precari del settore scolastico. La decisione della Cassazione ribadisce che nessuna normativa speciale può essere utilizzata come scudo per perpetuare situazioni di precarietà lavorativa in contrasto con i principi fondamentali dell’Unione Europea. Si afferma con forza il diritto al risarcimento del danno come misura sanzionatoria e dissuasiva contro l’abuso contratti a termine da parte della Pubblica Amministrazione. Per i docenti coinvolti, si apre la concreta possibilità di ottenere un ristoro economico per gli anni di incertezza professionale subiti.

La reiterazione di contratti a termine per i docenti di religione è sempre legittima?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la reiterazione di contratti a termine diventa un abuso se i rapporti, continui o discontinui, superano una durata complessiva di tre annualità scolastiche in assenza dell’indizione di un concorso per la stabilizzazione.

Un docente che subisce l’abuso dei contratti a termine ha diritto alla conversione del rapporto in tempo indeterminato?
No, la sentenza chiarisce che l’abuso non comporta il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma fonda il diritto al risarcimento del danno.

Che tipo di risarcimento può ottenere un docente vittima di abuso di contratti a termine?
Il docente ha diritto al risarcimento del cosiddetto ‘danno eurounitario’, la cui quantificazione fa riferimento ai parametri previsti dalla legge (originariamente L. 183/2010, ora D.Lgs. 81/2015), oltre all’eventuale risarcimento del maggior danno, qualora riesca a provarlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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