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Abilitazione insegnamento: Laurea e 24 CFU bastano?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30520/2024, ha stabilito che il possesso di una laurea magistrale unitamente a 24 Crediti Formativi Universitari (CFU) non equivale all’abilitazione insegnamento. Questa combinazione di titoli consente unicamente la partecipazione ai concorsi per docenti, ma non l’inserimento nelle fasce delle graduatorie riservate al personale abilitato. La Corte ha accolto il ricorso del Ministero dell’Istruzione, riformando la decisione della Corte d’Appello e chiarendo la netta distinzione tra i requisiti di accesso ai concorsi e il titolo abilitante vero e proprio, necessario per l’iscrizione in determinate graduatorie per le supplenze.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abilitazione Insegnamento: la Cassazione chiarisce che Laurea e 24 CFU non bastano

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione cruciale per il mondo della scuola: il possesso della laurea e dei 24 CFU è sufficiente per essere considerati docenti abilitati? La risposta è no. Questa decisione chiarisce la netta differenza tra i requisiti per partecipare a un concorso e la vera e propria abilitazione insegnamento, con importanti conseguenze per l’inserimento nelle graduatorie per le supplenze.

Il caso: la richiesta di inserimento nelle graduatorie

La vicenda nasce dalla richiesta di due docenti, in possesso di laurea specialistica e 24 CFU in materie psico-antropedagogiche, di essere inseriti nella prima fascia delle graduatorie provinciali e nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano inizialmente dato loro ragione, equiparando di fatto il possesso di laurea e 24 CFU al titolo di abilitazione.

Il Ministero dell’Istruzione ha impugnato questa decisione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione e sostenendo che i giudici di merito avessero confuso i requisiti di accesso ai concorsi con il titolo abilitante vero e proprio, che è un presupposto diverso e specifico per l’iscrizione in quelle fasce.

La decisione della Cassazione e il valore dell’abilitazione insegnamento

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, ribaltando completamente il verdetto precedente. I giudici hanno affermato un principio fondamentale: esiste una “ontologica diversità” tra il “titolo di studio” (laurea) e il “titolo di abilitazione”.

La distinzione tra accesso al concorso e abilitazione

La normativa di riferimento, in particolare il D.Lgs. 59/2017, stabilisce che il possesso della laurea magistrale e dei 24 CFU costituisce unicamente un titolo per la partecipazione al concorso. Non è, e non è mai stato inteso dal legislatore, come un titolo equipollente all’abilitazione.

L’abilitazione si consegue solo in due modi:
1. Al termine di percorsi formativi specificamente previsti e disciplinati dalla legge (come le vecchie SSIS o i TFA).
2. Con il superamento di tutte le prove di un concorso per l’assunzione a tempo indeterminato.

Il superamento del concorso, quindi, conferisce l’abilitazione, non la semplice partecipazione ad esso.

L’inserimento nelle graduatorie

Di conseguenza, le graduatorie sono strutturate in base a questa distinzione. La seconda fascia delle graduatorie di istituto e la prima delle graduatorie provinciali sono riservate esclusivamente ai docenti in possesso di una specifica abilitazione insegnamento. I docenti che possiedono solo il titolo di studio (con o senza CFU) devono essere inseriti in una fascia diversa, la terza, che è quella dei non abilitati.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una ricostruzione attenta del quadro normativo e della sua evoluzione. I giudici hanno evidenziato che il legislatore ha sempre mantenuto una chiara distinzione tra il percorso accademico e la qualifica professionale necessaria per insegnare. L’obiettivo è garantire una professionalità uniforme tra docenti di ruolo e supplenti, e questa professionalità è certificata dall’abilitazione, non dal solo titolo di studio. Aver permesso ai laureati con 24 CFU di accedere ai concorsi è stata una misura transitoria per ampliare la platea dei partecipanti, ma non ha mai significato un ‘declassamento’ del valore dell’abilitazione. La Corte ha richiamato numerose sentenze precedenti, sia proprie che del Consiglio di Stato, che hanno sempre confermato questa distinzione.

Le conclusioni

La sentenza impugnata è stata cassata e, decidendo nel merito, la Corte ha rigettato la domanda originaria dei docenti. L’ordinanza chiarisce in modo definitivo che la laurea e i 24 CFU non sono un’alternativa all’abilitazione, ma solo un pre-requisito per tentare di ottenerla tramite concorso. Questa decisione ha un impatto diretto su tutti gli aspiranti docenti, consolidando la struttura delle graduatorie e riaffermando il valore dei percorsi abilitanti come strumento essenziale per garantire la qualità dell’insegnamento nel sistema scolastico italiano.

Il possesso della laurea e di 24 CFU equivale all’abilitazione all’insegnamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il possesso congiunto di laurea e 24 CFU non è equipollente al titolo di abilitazione. Tali titoli consentono solo di partecipare alle procedure concorsuali per diventare docenti.

Per quale motivo la laurea con 24 CFU non permette l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto?
Perché la seconda fascia delle graduatorie di istituto è riservata per legge ai soli aspiranti docenti che sono già in possesso di una specifica abilitazione all’insegnamento. Il titolo di studio, anche se integrato dai 24 CFU, non costituisce titolo abilitante.

Come si ottiene l’abilitazione all’insegnamento secondo la sentenza?
L’abilitazione si ottiene al termine di specifici percorsi formativi previsti dalla legge oppure, in base alla normativa analizzata, con il superamento di tutte le prove di un concorso pubblico finalizzato all’assunzione come docente di ruolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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