Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6801/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ; -ricorrente- contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 1576/2023, depositata il 13/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE allegando, per quanto ancora qui di rilievo, di essere
titolare della ‘Tessera RAGIONE_SOCIALE‘, identificata con n. 057000046714, nonché abbonato alla Tribuna Posillipo dello Stadio San Paolo, settore 9, fila 9, posto 7, di avere rinnovato l’abbonamento per il prezzo complessivo maggiorato di euro 1.510,00, di cui euro 10,00, a titolo di prevendita, per n. 19 gare, prevendo di risparmiare circa euro 200,00 sull’intera stagione rispetto all’acquisto del biglietto per ogni singola partita -considerando che il costo medio della singola partita sarebbe stato pari ad euro 79,47 e che la prima partita di campionato, con il Milan, prevedeva un costo, per il settore, di euro 90,00 – e di poter usufruire di agevolazioni riservate ai tifosi fidelizzati.
La Società RAGIONE_SOCIALE però, all’inizio della stagione calcistica 2016/2017, attese le accese proteste del pubblico che aveva disertato lo stadio nelle prime partite di campionato, diminuiva il prezzo della singola gara, riducendolo dapprima ad euro 65,00, poi ad euro 30,00, con un prezzo medio di circa euro 35,00/45,00, per tutte le partite che non fossero ‘di cartello’; il che aveva creato una netta disparità di trattamento economico tra gli abbonati e gli acquirenti delle singole partite e provocato un danno agli abbonati della Tribuna Posillipo pari ad euro 535,00 (importo derivante dalla differenza tra il costo di abbonamento di euro 1.510,00, effettivamente pagato, e il prezzo totale richiesto per le singole partite pari ad euro 975,00).
Il giudizio di primo grado si concludeva con la sentenza n. 5972/2018, con la quale il Giudice di Pace di Barra accertava l’inadempimento della convenuta ex art. 1375 cod.civ. e la condannava al pagamento in favore dell’istante dell’importo di euro 330,00.
Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 1576/2023, depositata il 13/02/2023, ha accolto l’appello proposto dalla Società Sportiva RAGIONE_SOCIALE Segnatamente, ha ritenuto che il giudice di pace avesse utilizzato argomenti metagiuridici non consentiti,
perché aveva l’obbligo di giudicare secondo diritto, essendo stato il contratto concluso secondo le modalità di cui all’articolo 1342 cod.civ., che il contratto di abbonamento doveva essere interpretato in base a quello che c’era scritto e non in base al ‘comune sentire’, che nella specie il prezzo dell’abbonamento era chiaro e non vi era alcuna previsione di sua modifica, che l’abbonamento recava altri vantaggi, quali la garanzia del posto ed il porsi al riparo dall’aumento dei prezzi, che non era dato parlare di mala fede da parte della società venditrice, atteso che i biglietti per le gare del campionato di calcio hanno (notoriamente) un prezzo determinato dal mercato e non dalla società calcistica, la quale, pertanto, può aumentarlo o diminuirlo a seconda della richiesta al fine di massimizzare il profitto come ogni azienda può e deve fare, che la scarsa pulizia dell’impianto e dei servizi igienici era imputabile al Comune di Napoli, proprietario e gestore dell’impianto messo a disposizione della società calcistica solo in occasione delle gare, che le condizioni fatiscenti dello stadio erano note a tutti, in special modo agli abbonati, ma che rispettavano i requisiti di legge, che i lavori in corso nelle prime file dello stadio non avevano coinvolto il posto dell’istante.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza formulando tre motivi, illustrati con memoria.
La Società RAGIONE_SOCIALE non svolge attività difensiva 1
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo NOME COGNOME deduce la «nullità della sentenza per motivazione meramente apparente, intrinsecamente contraddittoria e comunque al di sotto del c.d. “minimo costituzionale, in violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 cpc.».
Il Tribunale di Napoli avrebbe omesso di «motivare in ordine alla violazione degli artt. 1375 c.c. e 1440 c.c.», limitandosi a rilevare che il giudice di pace aveva utilizzato erroneamente argomenti metagiuridici, sebbene fosse tenuto a pronunciare secondo diritto, e non secondo equità, quindi, a osservare «che un contratto si interpreta in base a quello che c’è scritto e non in base al ‘comune sentire’ », ma senza indicare quali parti della sentenza lo abbiano indotto ad affermare che il giudice di pace aveva utilizzato concetti metagiuridici o in quale passaggio logico aveva fatto riferimento solo ed esclusivamente al ‘comune sentire’.
Aggiunge che senza considerare la circostanza, provata documentalmente, che, nelle precedenti stagioni, gli abbonati avevano ricevuto un vantaggio economico rispetto all’acquisto dei singoli biglietti, erroneamente il tribunale ha ritenuto che «Nella specie il prezzo dell’abbonamento era chiaro e non vi era alcuna previsione di modifica del medesimo (in meglio o, a questo punto, anche in peggio) con riferimento ai prezzi dei singoli biglietti», pur riconoscendo che « L’abbonamento reca altri vantaggi, quali la garanzia del posto ed il porsi al riparo dall’aumento dei prezzi » e gli rimprovera di non avere preso in considerazione le argomentazioni svolte, in fattispecie analoga, dal Tribunale di Nola con la sentenza n. 349 del 7/2/2023, secondo cui tra gli interessi del tifoso, rilevanti nell’ambito del contratto di abbonamento, non può non annoverarsi quello di un risparmio di spesa rispetto all’acquisto dei singoli biglietti, come del resto comprovato anche dagli abbonamenti stipulati per le annate precedenti e successive a quella qui in contestazione.
Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, l’affermazione secondo cui il giudice di pace avrebbe dovuto decidere secondo diritto e non secondo equità e, di conseguenza, non avrebbe dovuto affidarsi a concetti metagiuridici non esaurisce la ratio decidendi che ha portato il giudice a quo ad
accogliere l’appello della RAGIONE_SOCIALE Il tribunale ha infatti ritenuto estranea alla causa concreta del contratto di abbonamento la sussistenza di un vantaggio economico rispetto al prezzo delle singole partite. Il giudice di merito ha ritenuto, infatti, che il sinallagma di tale contratto si fondasse sul conferimento all’abbonato di una serie di altri vantaggi, la cui sussistenza ne giustifica la meritevolezza, al di là dell’eventualmente compresente vantaggio economico. L’assenza di risparmio di spesa non dà luogo, pertanto, a un inadempimento (o inesatto adempimento) contrattuale, e conseguentemente non dà diritto al risarcimento del danno in favore del consumatoreabbonato.
Il che è in sintonia con quanto più volte è stato affermato da questa Corte in vicende analoghe a quelle per cui è causa: «Il contratto di abbonamento allo spettacolo di determinate partite sportive, nel caso calcistiche, latamente sussumibile in quello di somministrazione di prestazioni, nell’ipotesi volte ad assicurare la visione in presenza degli incontri sportivi concordati, è un contratto ad esecuzione periodica (v., in generale, Cass., 19/11/2021, n. 35615), la cui concreta funzione economica e sociale è quella ricostruibile in relazione alle contrapposte obbligazioni assunte; la società ovvero associazione sportiva si assicura (…) un determinato incasso anticipato, e s’impegna, nei confronti dello spettatore, a organizzare la visione dell’incontro sportivo; lo spettatore, specularmente, si obbliga a un pagamento, di regola contestuale all’acquisto, e diviene titolare diversi diritti, ovvero quello di assistere agli incontri stessi senza dover acquistare ogni volta il biglietto e senza correre il rischio di non reperirlo, quello di avere sempre lo stesso posto prescelto assunto per cui quest’ultima implicasse anche e necessariamente una tariffa agevolata pure per gli incontri di campionato nazionale, cui si riferiva l’abbonamento (di recente, in tal senso, v. Cass. 21/03/2025, n.7623).
Di conseguenza, le censure del ricorrente non colgono nel segno, perché non hanno efficacemente confutato il ragionamento del tribunale: ciò avrebbe richiesto lo svolgimento di critiche orientate a superare la statuizione con cui il tribunale, dopo aver rilevato che il giudice di pace aveva erroneamente fatto ricorso a criteri metagiuridici (in sentenza si legge chiaramente che detto rilievo ha rappresentato la premessa delle conclusioni cui è giunto il tribunale: v. p. 3), ha ritenuto estranea alla causa concreta del contratto di abbonamento il risparmio di spesa.
Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.
In particolare, deduce l’omessa considerazione delle seguenti circostanze:
la Società RAGIONE_SOCIALE prima di promuovere la campagna abbonamenti, per la stagione 2016/2017, aveva prospettato l’aumento sia del costo degli stessi che del prezzo unitario delle singole gare, tanto che, per la prima gara di campionato, con il Milan, veniva stabilito l’importo di euro 90,00 per la Tribuna Posillipo (importo che, moltiplicato per le 19 partite, avrebbe comportato una previsione di spesa pari ad euro. 1.710,00);
il costo degli abbonamenti e dei singoli biglietti degli anni precedenti che avevano consentito agli abbonati un risparmio, inducendoli a rinnovare l’abbonamento anche per la stagione 2016/2017.
Si duole, di conseguenza, del fatto che il giudice a quo non abbia ravvisato la lesione del suo affidamento nella convenienza economica che gli sarebbe derivata dalla sottoscrizione dell’abbonamento e che non abbia speso alcuna argomentazione per superare il rilievo che la sentenza del giudice di pace aveva attribuito alla violazione della buona fede da parte dell’appellante per non aver garantito congrue agevolazioni economiche agli
abbonati della Tribuna Posillipo, sì da garantire loro comunque un vantaggio per avere corrisposto all’inizio della stagione calcistica, anticipatamente e per l’intero, un importo non certo basso e comunque maggiore, di ben euro 535,00, rispetto alla somma dei costi dei biglietti venduti singolarmente per le partite dell’intera stagione 2016/2017.
Il motivo è inammissibile.
Quello che il ricorrente in realtà censura è l’asseritamente erronea valutazione del compendio probatorio compiuta dal giudice di merito (alle pp. 15 e 16 del ricorso si afferma, infatti, che «tali circostanze rappresentano la prova inconfutabile del legittimo affidamento che il ricorrente poneva nel vantaggio economico derivante dall’acquisto dell’abbonamento»), ma l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (v. Cass. 28/08/2024 , n. 23250 ).
Né può farsi a meno di rilevare che una volta escluso che attraverso la stipulazione del contratto di abbonamento gli abbonati avessero conseguito il diritto ad un vantaggio economico, consistente in un risparmio di spesa, le circostanze asseritamente non esaminate sono prive di decisività, atteso che non si vede come dal «fatto che in precedenza la società sportiva abbia effettivamente assicurato una tariffa minore per gli abbonati» possa implicarsi l’assunzione «di una obbligazione di cui era necessariamente composto ogni nuovo abbonamento, non trattandosi di elemento naturale del negozio, né potendo individuarsi sul punto un affidamento sine die» (Cass. n. 7623/2025, cit.).
3) Con il terzo motivo – rubricato «violazione o falsa applicazione degli artt. 1375,1440 e 1458 c.c. in relazione alla facoltà di
intervento correttivo del giudice adito in applicazione dei principi di cui all’art. 1384 c.c., in violazione dell’art. 3, comma II, Cost. e dell’art. 2 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.»- il ricorrente si duole che il giudice di merito non abbia utilizzato – come avrebbe dovuto – il proprio potere correttivo dello squilibrio del sinallagma contrattuale, pur al cospetto di un contegno doloso della Società RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva improvvisamente abbassato il prezzo dei biglietti in spregio dell’interesse di altri contraenti, quelli, appunto, che avevano acquistato gli abbonamenti, nella convinzione che il costo dei singoli biglietti fosse, in ogni caso, più oneroso. In tale contesto, la loro mancata tutela configurerebbe la violazione dell’art. 1440 cod.civ., sufficiente a proporre una azione risarcitoria, anche ai sensi dell’art. 1337 cod.civ., avendo l’abbonato pagato un maggior prezzo rispetto agli spettatori occasionali.
Il motivo è inammissibile.
Anche tale motivo si risolve, in definitiva, in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito, attraverso la rilettura degli atti e la proposizione di una interpretazione degli artt. 1375, 1384, 1440, 1458 cod.civ., nonché dell’art. 2 Cost., in un senso, invocato dal ricorrente, diverso da quello preferito dal giudice d’appello la cui valutazione si rivela però, anche per tutte le ragioni esposte, scevra da vizi.
Mette conto aggiungere che «L’intervento del giudice sul contratto non può che essere limitato a casi eccezionali, pena la violazione del fondamentale principio di libertà negoziale (così Cass. 25/11/2021, n. 36740), che l’ipotizzato intervento correttivo del giudice, sulla falsariga di un principio generale asseritamente promanante dalla disciplina dell’art. 1384 cod.civ., non può certamente intaccare la libertà negoziale delle parti dall’angolo visuale della convenienza economica dell’affare (come evince anche dall’art. 34, comma 2, cod. cons., secondo cui «la valutazione del
carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile»), e in ogni caso ridonderebbe in termini di invalidità (totale o parziale) del negozio, secondo una prospettiva di tutela non evocata dal ricorrente, il quale ha invocato in prima battuta una tutela risarcitoria, non deducendo alcun profilo di nullità e nemmeno di risolubilità del contratto di abbonamento.
4) Deve darsi atto che con la memoria, depositata in vista dell’odierna camera di consiglio, il ricorrente formula nuove censure nei confronti dell’impugnata sentenza e sollecita la rimessione alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la valutazione « Se gli articoli 6 e 7 della Direttiva 93/13/CEE e gli articoli 5 e 7 della Direttiva 2005/29/CE ostino a un’interpretazione del diritto nazionale secondo cui, nel contratto di abbonamento sportivo predisposto unilateralmente da un professionista, non si debba tener conto della fase precontrattuale e promozionale che ha indotto il consumatore a stipulare il contratto in ragione di un presunto vantaggio economico, poi disatteso ».
A tal proposito, oltre a dover ribadire che nel giudizio civile di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, e tanto meno, per dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito (Cass., Sez. Un., 15/05/2006, n. 11097), deve respingersi l’istanza di sottoporre in va pregiudiziale la questione relativa all’interpretazione o alla validità di una disposizione del diritto dell’Unione, perché tale questione non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, non
essendo mai stata dedotta con i motivi di ricorso, né essendo stata mai sollevata nei giudizi di merito, la qualificazione di consumatore del ricorrente.
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Non deve provvedersi alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2025 dalla