LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Abbandono del posto di lavoro: legittimo licenziamento

Un lavoratore con mansioni di supervisione è stato licenziato per essersi addormentato durante il turno di notte, assentandosi dal suo posto per circa un’ora e mezza. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, qualificando la condotta come un grave e inescusabile abbandono del posto di lavoro che ha irrimediabilmente leso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. L’appello del lavoratore è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Abbandono del Posto di Lavoro: La Cassazione Conferma il Licenziamento

L’abbandono del posto di lavoro rappresenta una delle più gravi inadempienze contrattuali che un dipendente possa commettere. Ma quando una semplice assenza si trasforma in una giusta causa di licenziamento? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, confermando la legittimità del licenziamento per un lavoratore sorpreso a dormire durante il turno di notte. Analizziamo insieme i dettagli del caso e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti: La Negligenza del Lavoratore

Il caso riguarda un dipendente di una grande società, impiegato con mansioni di supervisione dei lavori nell’apparato motore di una nave. Durante un turno notturno, il lavoratore è stato sorpreso a dormire all’interno di un locale di servizio, dove era rimasto al buio per circa un’ora e trenta minuti.

A seguito di questo episodio, la società datrice di lavoro ha avviato un procedimento disciplinare, conclusosi con il licenziamento del dipendente per giusta causa. Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, ma sia il tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno confermato la legittimità della sanzione espulsiva.

La Decisione della Corte d’Appello e l’abbandono del posto di lavoro

La Corte d’Appello ha ritenuto che la condotta del lavoratore costituisse una “inescusabile negligenza”. I giudici hanno sottolineato diversi elementi a sostegno della loro decisione:

* Il ruolo di responsabilità: Il lavoratore svolgeva un compito di supervisione che richiedeva una presenza costante e attenta.
* La durata dell’assenza: L’allontanamento prolungato dal posto di lavoro non poteva essere considerato una breve pausa.
* Le modalità furtive: L’essersi nascosto in un locale al buio per dormire è stato interpretato come un comportamento aggravante, indicativo della consapevolezza dell’illiceità della propria condotta.

Secondo i giudici di merito, questi fattori hanno determinato una rottura irrimediabile del vincolo fiduciario, giustificando la sanzione massima del licenziamento, in linea con le previsioni del contratto collettivo che puniscono l’abbandono del posto di lavoro da parte di personale con mansioni di sorveglianza e custodia.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente una violazione del contratto collettivo. A suo dire, la sua condotta doveva essere qualificata come un “momentaneo allontanamento”, punibile con una sanzione conservativa, e non come un vero e proprio “abbandono”.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo le argomentazioni del dipendente. I giudici supremi hanno chiarito che il lavoratore stava tentando di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già accertato, con una valutazione insindacabile, che al dipendente erano stati affidati compiti di sorveglianza.

Inoltre, la Cassazione ha evidenziato che la ratio decidendi della sentenza d’appello non era solo la mera applicazione di una norma contrattuale, ma una valutazione complessiva della gravità della condotta. L'”inescusabile negligenza” in un contesto di “elevata responsabilità”, unita alle modalità “furtive” e “occulte” dell’assenza, ha minato irreparabilmente la fiducia che il datore di lavoro riponeva nel dipendente. Questo, secondo la Corte, è il nucleo centrale che giustifica il licenziamento, al di là della qualificazione formale della condotta come “abbandono” o “allontanamento”.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la valutazione della proporzionalità di un licenziamento disciplinare non si basa solo sulla durata dell’assenza, ma su un’analisi complessiva che include la natura delle mansioni, il grado di responsabilità, l’elemento soggettivo (la colpa del lavoratore) e l’impatto della condotta sul rapporto fiduciario. Dormire deliberatamente durante un turno, nascondendosi dal controllo, specialmente quando si ricoprono ruoli di supervisione, costituisce un inadempimento talmente grave da legittimare la massima sanzione espulsiva, confermando che l’abbandono del posto di lavoro può avere conseguenze definitive sul rapporto lavorativo.

Dormire durante il turno di lavoro può essere considerato abbandono del posto di lavoro?
Sì, secondo la sentenza, un’assenza prolungata e deliberata dal proprio posto, come quella di un lavoratore che si nasconde per dormire per un’ora e mezza, specialmente se ricopre un ruolo di responsabilità, integra un’ipotesi di abbandono del posto di lavoro che giustifica il licenziamento.

Quali elementi rendono grave un’assenza dal posto di lavoro?
La gravità non dipende solo dalla durata, ma da un insieme di fattori: il ruolo di elevata responsabilità del lavoratore, le modalità furtive e occulte della condotta (es. nascondersi), e la consapevolezza di commettere un’infrazione. Questi elementi concorrono a ledere in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dalla Corte d’Appello?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione giudica solo per errori di diritto (‘error in iudicando’) e non può riesaminare le prove o proporre una diversa ricostruzione dei fatti. La valutazione delle circostanze concrete del caso spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo grado e appello).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati