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Diritto Civile

Domanda risarcitoria: an e quantum nel processo civile
Un professionista, curatore fallimentare, veniva diffamato da un vice direttore di banca. Nonostante l'accertamento del carattere diffamatorio della condotta, la domanda risarcitoria è stata respinta per mancata prova del danno. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha confermato la decisione, chiarendo la relazione tra la richiesta di condanna generica (an debeatur) e quella specifica (quantum debeatur), e ribadendo che l'onere di provare il danno subito spetta sempre al danneggiato.
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Compenso collegio arbitrale: spetta a ogni arbitro
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20349/2024, ha stabilito un principio fondamentale sul compenso del collegio arbitrale. Contrariamente a quanto deciso nei gradi di merito, che avevano liquidato un'unica somma da dividere tra gli arbitri, la Suprema Corte ha chiarito che l'onorario spetta individualmente a ciascun componente del collegio. Questo principio si applica anche ai collegi a composizione mista, cioè formati da avvocati e altri professionisti. La decisione si basa sull'interpretazione delle normative sui parametri forensi, affermando che se un giudice sceglie di utilizzare tali parametri, deve applicarli integralmente, riconoscendo a ogni arbitro il proprio compenso per l'attività prestata.
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Usucapione bene in comunione: cosa serve per provarla
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20346/2024, ha chiarito i requisiti per l'usucapione di un bene in comunione tra coeredi. La Corte ha stabilito che non è sufficiente il semplice utilizzo esclusivo del bene da parte di un coerede, anche se protratto nel tempo. È necessario compiere atti che manifestino in modo inequivocabile la volontà di escludere gli altri comproprietari dal godimento del bene, dimostrando un possesso incompatibile con i diritti altrui. La sentenza di merito che aveva accolto la domanda di usucapione basandosi sulla mera tolleranza degli altri familiari è stata quindi cassata con rinvio.
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Azione revocatoria: inammissibile il ricorso tardivo
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di azione revocatoria avviata da alcuni creditori nei confronti di una società che aveva trasferito beni ai propri soci. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dei soci, chiarendo importanti principi procedurali. In particolare, ha stabilito che la notifica personale della sentenza di primo grado è valida ai fini del decorrere del termine breve per l'appello, anche se una delle riassunzioni del processo non era stata formalizzata. Ha inoltre ribadito che non è possibile produrre in Cassazione documenti che potevano essere presentati nelle fasi di merito per dimostrare l'estinzione del credito sottostante all'azione revocatoria.
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Indennità aggiuntiva affittuario per opere private
Una società energetica ha espropriato un terreno agricolo per costruire un metanodotto. L'impresa agricola che coltivava il fondo in affitto ha richiesto l'indennità aggiuntiva prevista dalla legge, ma la società espropriante ha rifiutato, sostenendo che non fosse dovuta per opere private di pubblica utilità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, stabilendo che l'indennità aggiuntiva affittuario è un diritto autonomo che spetta sempre, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell'opera che ha causato l'esproprio.
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Errore sull’edificabilità: la diligenza dell’acquirente
Una società immobiliare acquista un terreno scoprendo solo dopo che ricade in un'area protetta da una legge regionale. La Cassazione ha respinto il ricorso per l'annullamento del contratto, qualificando l'errore sull'edificabilità come inescusabile. Secondo la Corte, l'acquirente, specialmente se professionale, ha l'onere di conoscere le leggi pubbliche che incidono sulla proprietà, non potendo fare affidamento esclusivo sul certificato di destinazione urbanistica.
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Azione revocatoria donazione: quando è inefficace
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un padre e dei suoi figli contro un'azione revocatoria donazione. Il caso riguardava la donazione di immobili ai figli, effettuata dopo che il padre era stato citato in giudizio per un risarcimento danni da una società cooperativa. La Corte ha confermato che il credito, anche se non ancora accertato, era sorto prima della donazione, rendendo l'atto pregiudizievole per il creditore. È stata inoltre confermata la validità della notifica dell'atto introduttivo, consegnata al figlio presso la residenza del padre.
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Responsabilità solidale appalto: basta la diffida
Un lavoratore, dipendente di una ditta appaltatrice di servizi di pulizia, ha agito contro l'azienda committente per ottenere il pagamento di retribuzioni e contributi non versati. La Corte d'Appello aveva respinto la domanda, ritenendo scaduto il termine biennale di decadenza per agire. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, stabilendo che, ai fini della responsabilità solidale appalto, per impedire la decadenza biennale non è necessaria un'azione giudiziaria, ma è sufficiente un atto stragiudiziale, come una lettera di diffida, con cui si manifesta la volontà di richiedere il pagamento al committente. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per verificare se tale atto fosse stato inviato tempestivamente.
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Azione revocatoria fallimento: chi prova il danno?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha chiarito importanti aspetti dell'azione revocatoria in caso di fallimento. Quando il curatore subentra in un'azione iniziata da un singolo creditore, gli effetti si estendono a tutta la massa creditoria. Il pregiudizio (eventus damni) sussiste anche come mero pericolo di danno e la presenza di un'ipoteca sul bene venduto non lo esclude automaticamente. L'onere di provare la sufficienza del patrimonio residuo del debitore ricade sul convenuto che ha acquistato il bene, non sul curatore.
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Risarcimento danno trasporto: la Cassazione decide
Un acquirente riceve un'opera d'arte danneggiata durante la spedizione. Inizialmente cita in giudizio la grande società di logistica, che a sua volta chiama in causa il corriere locale in franchising. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, rigetta il ricorso del corriere locale. Viene stabilito che l'accettazione della spedizione, pur in presenza di clausole di esonero per beni di valore, costituisce un accordo specifico che obbliga al risarcimento danno trasporto. La Corte chiarisce anche che il termine di prescrizione viene interrotto dalla chiamata in causa del terzo e che il tentativo del destinatario di apporre una riserva, anche se ostacolato dal fattorino, è sufficiente per non incorrere in decadenza.
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Obbligo parcheggio gratuito: le eccezioni del Comune
Una cittadina ha impugnato alcune multe per sosta sulle strisce blu, lamentando la violazione dell'obbligo di prevedere stalli liberi. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20293/2024, ha accolto il ricorso del Comune, chiarendo che l'obbligo parcheggio gratuito non si applica nelle cosiddette "Zone A" (centri storici). In questi casi, l'esenzione è automatica e non richiede una specifica motivazione nella delibera comunale. Spetta però all'amministrazione dimostrare in giudizio che l'area rientri in tale classificazione.
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Responsabilità medica: prova e danno morale presunto
Un paziente subisce una lesione nervosa permanente dopo un intervento di artroprotesi d'anca. La Corte d'Appello conferma la responsabilità medica della struttura sanitaria, respingendo l'ipotesi di una mera complicanza. La sentenza chiarisce che, in caso di lesioni gravi, il danno morale può essere riconosciuto anche tramite presunzioni, basandosi sull'impatto della lesione sulla vita del paziente. Viene inoltre corretto il calcolo delle spese legali, includendo fasi processuali precedentemente omesse.
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Responsabilità medica ginecologo: no risarcimento
Una recente sentenza della Corte d'Appello ha escluso la responsabilità medica di un ginecologo per la mancata diagnosi prenatale di gravi malformazioni. La decisione si fonda sull'assenza di nesso di causalità, in quanto le patologie erano congenite e non rilevabili con la tecnologia dell'epoca. La Corte ha stabilito che, anche in caso di diagnosi, non sussistevano i presupposti per un'interruzione di gravidanza, negando così il risarcimento ai genitori.
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Retratto agrario: I.A.P. deve provare la capacità?
Un'imprenditrice agricola professionale (I.A.P.) ha tentato di esercitare il diritto di retratto agrario su un fondo confinante. La Corte d'Appello ha respinto la sua richiesta, confermando la decisione di primo grado. La sentenza stabilisce che la qualifica di I.A.P. non è sufficiente a esonerare chi agisce in giudizio dall'onere di provare tutti i requisiti di legge, in particolare l'adeguata capacità lavorativa del proprio nucleo familiare, elemento indispensabile per l'esercizio del diritto.
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Danno da diffamazione: la presunzione per i familiari
In un caso di diffamazione a mezzo stampa contro un politico deceduto, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sul danno da diffamazione. La Corte ha chiarito che il pregiudizio morale e reputazionale subito dai parenti stretti, come un fratello, si presume (presunzione 'iuris tantum'). Le corti inferiori avevano negato il risarcimento al fratello del defunto, ritenendo non provato un danno concreto. La Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che spetta al diffamatore dimostrare l'assenza di un legame affettivo, e non al familiare provarne l'esistenza. Fattori come la distanza geografica non sono sufficienti a escludere il diritto al risarcimento.
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Domanda nuova in appello: il divieto di modifica
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del principio 'iura novit curia' in appello. Una richiesta di risarcimento basata su un titolo giuridico nuovo, che presuppone fatti non allegati in primo grado, costituisce una domanda nuova inammissibile. Nel caso specifico, un'utente di servizi telefonici, non titolare del contratto, non può in appello fondare la sua pretesa sull'esistenza di un contratto di mandato con il titolare se non lo aveva dedotto nel giudizio di primo grado.
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Onere della prova: il danno va sempre dimostrato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20257/2024, ha respinto il ricorso di una società fornitrice di gas contro un cliente industriale. Nonostante fosse stato accertato l'inadempimento del cliente, che aveva ritirato meno gas del pattuito, la richiesta di risarcimento è stata negata. La Corte ha sottolineato che spetta al danneggiato l'onere della prova del danno effettivo, che non può essere presunto. Il fornitore non è riuscito a dimostrare di aver acquistato il gas in eccesso e di averlo poi rivenduto in perdita, rendendo la sua richiesta risarcitoria infondata.
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Ricostruzione consumi per manomissione: i criteri
Un'impresa alberghiera contesta la ricostruzione consumi effettuata da una società elettrica dopo la scoperta di un allaccio abusivo. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la validità del criterio di calcolo basato sulla 'potenza tecnicamente prelevabile' e rigettando la richiesta di una nuova valutazione dei fatti.
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Opposizione a precetto: quando è parzialmente nullo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 20238/2024, chiarisce un principio fondamentale in materia di esecuzione forzata. Se un creditore intima il pagamento di una somma superiore a quella effettivamente dovuta, l'opposizione a precetto non comporta la nullità totale dell'atto, ma solo una sua riduzione. L'intimazione rimane valida per l'importo corretto. Il caso analizzato nasce da un lungo contenzioso relativo a un appalto di opere pubbliche, dove il creditore aveva richiesto somme per interessi moratori non riconosciuti da una precedente sentenza passata in giudicato.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del giudizio in un caso riguardante un contratto d'opera professionale. Il ricorrente, un avvocato, aveva impugnato una decisione della Corte d'Appello. Tuttavia, prima della decisione finale, ha presentato un atto di rinuncia al ricorso. Le controparti hanno accettato la rinuncia, concordando anche sulla compensazione delle spese legali. Di conseguenza, la Suprema Corte ha formalizzato la fine del processo, senza pronunciarsi nel merito e senza disporre sul pagamento delle spese.
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