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Diritto Bancario

Buoni fruttiferi postali: estinzione del ricorso
Un gruppo di risparmiatori ha citato in giudizio un ente emittente per il corretto rimborso di alcuni buoni fruttiferi postali, contestando i tassi di interesse applicati. Dopo aver perso in appello, hanno presentato ricorso in Cassazione. Successivamente, hanno rinunciato al ricorso. La Corte Suprema ha quindi dichiarato l'estinzione del procedimento e ha compensato le spese legali, adducendo come giusta causa un consolidamento della giurisprudenza sulla materia avvenuto dopo la proposizione del ricorso.
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Buoni Postali Fruttiferi: estinzione del giudizio
Una controversia sui tassi di interesse dei Buoni Postali Fruttiferi serie Q/P si conclude in Cassazione con l'estinzione del giudizio. La risparmiatrice, dopo una sentenza d'appello sfavorevole, ha rinunciato al ricorso a seguito di un consolidamento giurisprudenziale contrario alla sua tesi. La Corte ha dichiarato estinto il procedimento, compensando le spese legali tra le parti.
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Buoni fruttiferi postali: tassi variabili e decreto
La Cassazione ha stabilito che per i buoni fruttiferi postali, la modifica dei tassi di interesse disposta con decreto ministeriale successivo alla sottoscrizione è legittima e prevale sulle condizioni stampate sul titolo. La pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale è considerata comunicazione sufficiente, escludendo il principio di affidamento del risparmiatore.
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Estinzione del giudizio: l’errore che costa caro
L'appello di un garante in Corte di Cassazione è stato respinto a causa di un vizio di procedura. La Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio perché il ricorrente non ha presentato la necessaria istanza di decisione prevista dall'art. 380-bis c.p.c. Questo caso sottolinea l'importanza cruciale delle norme procedurali, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali.
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Buoni postali fruttiferi: tassi variabili legittimi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26608/2024, ha respinto il ricorso di un risparmiatore riguardo la variazione peggiorativa dei tassi di interesse sui buoni postali fruttiferi sottoscritti nel 1984. La Corte ha stabilito che la normativa nazionale dell'epoca (d.P.R. 156/1973 e successive modifiche) consentiva legittimamente alla società emittente di modificare i tassi di rendimento, anche in senso sfavorevole al sottoscrittore, sulla base di decreti ministeriali. È stato inoltre chiarito che le direttive UE sulla tutela dei consumatori non sono applicabili retroattivamente a tali titoli.
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Fideiussione art 1956: oneri prova e ricorso
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un fideiussore che invocava la liberazione dalla garanzia ai sensi dell'art. 1956 c.c. La Corte ha stabilito che le allegazioni del ricorrente sulla presunta conoscenza da parte della banca del peggioramento delle condizioni economiche della società debitrice erano generiche e non supportate da prove decisive. Il caso di fideiussione art 1956 si conclude con la condanna del ricorrente per abuso del processo.
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Nullità fideiussione antitrust: l’onere della prova
La Cassazione ha respinto il ricorso di due fideiussori che lamentavano la nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust. La Corte ha ribadito che la nullità non può essere rilevata d'ufficio se la parte non allega e prova i presupposti di fatto, come la conformità del contratto allo schema ABI illecito. Confermato anche l'onere della prova a carico del garante. I ricorrenti sono stati condannati per abuso del processo.
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Omesso esame fatto decisivo: quando la CTU non basta
Un garante ha impugnato una sentenza in Cassazione contro un istituto di credito, lamentando l'omesso esame di una consulenza tecnica contabile (CTU). La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che il vizio di omesso esame di un fatto decisivo riguarda fatti storici e non atti processuali come la CTU. Le vere doglianze del ricorrente, relative a nullità contrattuali, non erano state correttamente formulate o erano già state decise nei gradi precedenti.
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Interessi premiali: quando è inammissibile il ricorso
Un istituto bancario, successore di una società di factoring, ha citato in giudizio un'autorità sanitaria locale e la sua regione di riferimento per ottenere il pagamento di interessi premiali su pagamenti per servizi sanitari effettuati in ritardo. La richiesta si basava su un accordo che prevedeva un tasso di interesse maggiorato a fronte della rinuncia ad azioni legali per i ritardi. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano respinto la domanda. La Corte di Cassazione ha ora dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la richiesta di una nuova interpretazione dell'accordo e la valutazione dei fatti, come l'esistenza di una formale messa in mora, sono di competenza esclusiva dei giudici di merito e non possono essere riesaminate in sede di legittimità. Di conseguenza, la pretesa sugli interessi premiali è stata definitivamente respinta.
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Sanzioni Banca d’Italia: limiti e poteri del giudice
Un ex sindaco di una società di intermediazione mobiliare, sanzionato dalla Banca d'Italia per carenze nella vigilanza, ha presentato ricorso in Cassazione. Il ricorrente sosteneva l'incostituzionalità della procedura e la sproporzione della sanzione, richiamando la sentenza Grande Stevens della CEDU. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che le sanzioni della Banca d'Italia per violazioni di vigilanza non hanno natura "sostanzialmente penale", a differenza di quelle oggetto del caso Grande Stevens. La Corte ha confermato che il giudice dell'opposizione ha piena giurisdizione per riesaminare i fatti e la sanzione, e che la responsabilità dei sindaci non è oggettiva ma deriva da un'omissione colpevole dei loro doveri di controllo. La sanzione è stata ritenuta adeguata alla gravità dei fatti, che avevano condotto alla liquidazione della società.
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Clausola penale leasing: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26562/2024, ha stabilito che la richiesta di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale comprende implicitamente l'applicazione della clausola penale leasing prevista dal contratto, senza che ciò costituisca vizio di ultrapetizione. Il caso riguardava una società utilizzatrice che, a seguito della risoluzione di due contratti di leasing, contestava la decisione dei giudici di merito di applicare la penale contrattuale, sostenendo che non fosse stata esplicitamente richiesta dalla società concedente. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che la penale è una mera liquidazione anticipata del danno e rientra pienamente nell'oggetto della domanda di risarcimento.
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Sanzioni antiriciclaggio: la Cassazione e il favor rei
Un istituto di credito e un suo dirigente sono stati sanzionati per non aver segnalato operazioni sospette. La Corte di Cassazione, pur confermando la violazione, ha cassato la sentenza per quanto riguarda l'importo della sanzione. È stato affermato che, in materia di sanzioni antiriciclaggio, deve sempre essere applicata la legge successiva più favorevole (principio del favor rei o lex mitior), anche d'ufficio dal giudice. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per rideterminare la sanzione secondo la normativa più mite.
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Onere della prova usura: oneri del debitore
Una società utilizzatrice di beni in leasing ha contestato la validità del contratto per usura. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'onere della prova usura grava interamente sul debitore. Quest'ultimo deve dimostrare non solo i termini contrattuali ma anche il tasso soglia applicabile, che non costituisce un fatto notorio. La produzione tardiva di documenti in appello è stata ritenuta inammissibile.
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Clausola penale leasing: quando è valida e non eccessiva
Una società di leasing ha terminato un contratto di leasing immobiliare per inadempimento. La curatela fallimentare della società utilizzatrice ha citato in giudizio la concedente per ottenere la riduzione della clausola penale. La Corte di Cassazione ha confermato la validità della clausola penale leasing, ritenendola non manifestamente eccessiva in quanto bilanciava il diritto della concedente al risarcimento con il diritto dell'utilizzatore a ricevere il valore del bene restituito.
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Inammissibilità ricorso Cassazione: l’onere di specificità
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità di un ricorso in materia di fideiussione bancaria. La decisione sottolinea come la mancanza di specificità nei motivi di impugnazione, ovvero l'omessa chiara indicazione degli errori di diritto commessi dal giudice di merito, conduca inevitabilmente alla reiezione del gravame per ragioni procedurali, evidenziando l'importanza del rispetto rigoroso dei requisiti formali per l'accesso al giudizio di legittimità.
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Notifica inesistente: quando un vizio è sanabile?
Una società garante ha impugnato una decisione della Corte d'Appello sostenendo che la notifica di un decreto ingiuntivo fosse inesistente. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo la distinzione fondamentale tra notifica nulla e notifica inesistente. Secondo la Corte, un vizio nel luogo di notifica la rende semplicemente nulla, un difetto sanabile con la costituzione in giudizio dell'opponente. La notifica è considerata inesistente solo in casi estremi, come la totale mancanza materiale dell'atto. La Corte ha anche esaminato e respinto altre censure relative alla validità di clausole contrattuali e alla forma del contratto di finanziamento.
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Escussione fideiussione: PEC non vale se pattuita A/R
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26488/2024, ha stabilito che se un contratto di fideiussione prevede una specifica modalità per l'attivazione della garanzia (escussione fideiussione), come la lettera raccomandata, l'utilizzo di un mezzo diverso, quale la Posta Elettronica Certificata (PEC), rende la richiesta inefficace. La Corte ha inoltre ribadito che il principio della scissione degli effetti della notifica non si applica agli atti di natura sostanziale come questo, ma solo a quelli processuali.
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Contratto di leasing nullo per barca non sicura
La Cassazione ha dichiarato la nullità del contratto di leasing di un'imbarcazione non conforme alle norme di sicurezza. La violazione di norme imperative che rendono il bene illecito o giuridicamente impossibile comporta la nullità del contratto di vendita e, di conseguenza, del collegato contratto di leasing, a tutela anche del consumatore.
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Garanzia fideiussoria: quando copre i debiti futuri
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo alla portata di una garanzia fideiussoria. Una banca aveva garantito i debiti di un gestore di stazione di servizio verso una società petrolifera. La Corte ha stabilito che la garanzia copre le obbligazioni sorte durante il suo periodo di validità, anche se la scadenza per il pagamento è successiva. L'appello della banca è stato dichiarato inammissibile principalmente per un vizio procedurale: non aver riportato il testo integrale del contratto di garanzia, violando il principio di specificità del ricorso. Questa ordinanza ribadisce che, per determinare l'oggetto della garanzia fideiussoria, è fondamentale il momento in cui l'obbligazione sorge, non quando diventa esigibile.
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Trasformazione societaria fideiussione: no liberazione
Un garante ha richiesto la liberazione da una fideiussione a seguito della trasformazione della società debitrice da s.n.c. a s.r.l. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la semplice trasformazione societaria e la fideiussione non sono sufficienti a liberare il garante. È onere di quest'ultimo dimostrare un effettivo e noto peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore al momento della concessione di nuovo credito, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
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