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Diritto Bancario

Clausola rischio cambio: quando è valida nel leasing?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25798/2024, ha stabilito che una clausola rischio cambio in un contratto di leasing finanziario, anche se combinata con l'indicizzazione a un tasso variabile come il LIBOR, è di per sé legittima e non rende il contratto immeritevole di tutela. La Corte ha chiarito che tale clausola non trasforma il leasing in uno strumento finanziario derivato. Ha annullato la decisione della Corte d'Appello che l'aveva dichiarata nulla per squilibrio e complessità, precisando che la valutazione di validità deve essere distinta dalla verifica del rispetto del dovere di buona fede precontrattuale, come l'obbligo di informare adeguatamente l'utilizzatore sui rischi.
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Leasing traslativo: nullità della clausola sui canoni
Una società finanziaria ha impugnato una decisione che annullava una clausola in un contratto di leasing traslativo. Tale clausola imponeva all'utilizzatore il pagamento di tutti i canoni non saldati al momento della risoluzione del contratto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che, in base all'art. 1526 c.c., una simile clausola è nulla poiché genera un indebito arricchimento per il concedente. Quest'ultimo ha diritto solo a un equo compenso per l'uso del bene e al risarcimento del danno, non all'intero importo dei canoni non pagati.
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Clausola rischio cambio: legittima secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 25791/2024, ha stabilito che una clausola rischio cambio inserita in un contratto di leasing non costituisce un patto immeritevole di tutela né uno strumento finanziario derivato. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva dichiarato la nullità della clausola assimilendola a uno swap. Secondo i giudici supremi, la combinazione di un'indicizzazione a un tasso finanziario e una alle fluttuazioni valutarie è legittima. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione basata non sull'astratta validità della clausola, ma sull'interpretazione complessiva del contratto e sul rispetto dei doveri di buona fede.
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Inammissibilità ricorso cassazione: il caso leasing
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso presentato da due società contro un istituto di credito in una controversia su un contratto di leasing immobiliare. Le società lamentavano la mancata ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio (CTU) per verificare l'erroneità del tasso di leasing. La Corte ha respinto il ricorso per diverse ragioni procedurali, tra cui l'applicazione della regola della "doppia conforme", la natura discrezionale dell'ammissione della CTU da parte del giudice di merito e la mancata specificità dei motivi di ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti.
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Sanzioni Banca d’Italia: Cassazione su golden parachute
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità delle sanzioni Banca d'Italia inflitte a un ex consigliere di amministrazione di un istituto di credito. Il caso riguardava l'approvazione di una ricca buonuscita ('golden parachute') per il Direttore Generale, ritenuta non conforme alle disposizioni sulla remunerazione bancaria. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, chiarendo la natura non penale di tali sanzioni, i limiti del diritto alla prova nel processo di opposizione e la piena applicabilità delle normative di vigilanza che legano i compensi alla performance e ai rischi.
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Ripetizione indebito: quando è inammissibile?
Una società citava in giudizio un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente pagate su un conto corrente. Sebbene i tribunali di merito avessero dato ragione alla società, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. Con l'ordinanza n. 25711/2024, ha chiarito che l'azione di ripetizione indebito è inammissibile se, al momento della domanda, il conto è ancora aperto e presenta un saldo a debito. In assenza di un effettivo "pagamento" solutorio, ma solo di annotazioni contabili, non può esserci una richiesta di restituzione. La Corte distingue tra l'azione di accertamento (sempre possibile) e quella di ripetizione, che presuppone un versamento estintivo del debito.
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Contratto monofirma: valido senza firma della banca
La Corte d'Appello di Napoli conferma la validità di un contratto monofirma per un finanziamento, respingendo l'appello dei debitori. La sentenza stabilisce che il consenso della banca può essere dimostrato da comportamenti concludenti, come l'erogazione dei fondi, e che l'onere di provare il pagamento spetta al debitore una volta che l'obbligazione è provata.
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Conversione mutuo fondiario: i termini per la richiesta
Una coppia di mutuatari otteneva in appello la dichiarazione di nullità del proprio mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità. La corte, però, ne disponeva la conversione in mutuo ipotecario ordinario su istanza della banca. La Cassazione ha annullato tale decisione, rilevando che l'istanza di conversione mutuo fondiario era stata presentata tardivamente dalla banca (solo in comparsa conclusionale) e che la Corte d'Appello aveva omesso di pronunciarsi su questa specifica eccezione di tardività sollevata dai mutuatari, viziando così la sentenza.
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Spedizione assegno posta ordinaria: corresponsabilità
Una società assicurativa inviava un assegno non trasferibile tramite posta ordinaria, che veniva incassato da un soggetto non legittimato. Sia in primo che in secondo grado, l'istituto bancario trattario veniva condannato al risarcimento, escludendo il concorso di colpa del mittente. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la spedizione assegno posta ordinaria costituisce una condotta imprudente che concorre a causare il danno, configurando una corresponsabilità tra mittente e banca.
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Leasing traslativo: restituzione canoni e equo compenso
Una società finanziaria ha impugnato una sentenza che, qualificando un leasing di un'imbarcazione come leasing traslativo, ordinava la restituzione dei canoni versati dall'utilizzatore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che per i contratti risolti prima della L. 124/2017 si applica l'art. 1526 c.c. e che il diritto della concedente a un equo compenso per l'uso del bene deve essere oggetto di una domanda specifica in giudizio, non potendo essere riconosciuto d'ufficio.
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Buoni postali fruttiferi: tassi e ricorso inammissibile
Un'azienda di servizi postali ha contestato una sentenza favorevole a un risparmiatore riguardo gli interessi sui buoni postali fruttiferi. Il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che le eccezioni procedurali, come la firma di una quietanza a saldo o il difetto di giurisdizione, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di giudizio inferiori e non possono essere presentate per la prima volta in sede di legittimità.
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Danno da assegno falso: onere della prova sul correntista
Una società chiedeva alla propria banca la restituzione di somme addebitate per l'emissione di assegni circolari con firme false. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che grava sul correntista l'onere della prova non solo della falsità della firma, ma anche del pregiudizio patrimoniale effettivo, dimostrando l'inesistenza di un debito verso il beneficiario degli assegni. In assenza di tale prova, la richiesta di risarcimento non può essere accolta.
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Ripetizione indebito conto corrente: quando è possibile
Un cliente ha citato in giudizio una banca per addebiti illegittimi su un conto corrente ancora attivo, chiedendone la restituzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l'azione di ripetizione indebito conto corrente richiede la prova di 'pagamenti solutori' e non di semplici versamenti. Sebbene l'azione sia possibile anche a conto aperto, essa comporta una rettifica del saldo e non un rimborso immediato in denaro, che avviene solo alla chiusura del rapporto.
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Autosufficienza del ricorso: i requisiti essenziali
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un debitore contro una società finanziaria. La decisione si fonda sul mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, in quanto l'atto non esponeva in modo chiaro i fatti di causa e non specificava i documenti a sostegno delle proprie tesi, rendendo impossibile per la Corte una valutazione nel merito.
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Tardiva notificazione ricorso: l’inammissibilità
Un investitore ha perso in appello contro la sua banca per un'operazione di trading contestata. Ha fatto ricorso in Cassazione, ma la Corte lo ha dichiarato inammissibile per tardiva notificazione ricorso. La notifica della sentenza d'appello ai precedenti legali, la cui sostituzione non era stata formalmente comunicata, aveva fatto scattare il termine breve di 60 giorni, non rispettato dal ricorrente.
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Buoni fruttiferi postali: il timbro fa la differenza
Un gruppo di risparmiatori ha citato in giudizio una società di servizi postali per la determinazione dei tassi di interesse sui loro buoni fruttiferi postali della serie "Q/P". La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che la presenza di un timbro sul fronte del titolo indicante la serie "Q/P" è sufficiente per applicare i tassi di interesse, più bassi, stabiliti da un decreto ministeriale del 1986. Questa indicazione prevale sulle condizioni originariamente stampate sul retro, anche in assenza di un secondo timbro specifico con le nuove tabelle. La Corte ha così respinto il ricorso dei risparmiatori, ritenendo che la sigla della serie fosse un'indicazione chiara del regime normativo applicabile.
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Motivi di ricorso inammissibili: la Cassazione
Un istituto di credito, condannato a risarcire un'azienda per un'errata segnalazione alla Centrale Rischi, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato i motivi di ricorso inammissibili perché mescolavano in modo confuso diversi tipi di vizi (violazione di legge, vizi procedurali e di motivazione), una tecnica espositiva che impedisce al giudice di legittimità di esaminare il merito delle censure.
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Responsabilità banca: il concorso di colpa del cliente
La Corte di Cassazione ha confermato la riduzione del risarcimento del danno a carico di un istituto di credito a causa della condotta negligente dei clienti. La responsabilità banca per l'operato illecito del proprio promotore finanziario è stata mitigata al 50% poiché i risparmiatori avevano consapevolmente partecipato a un sistema di investimento parallelo e anomalo, caratterizzato da operazioni fuori conto e modalità di pagamento irregolari.
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Onere della prova nel leasing: chi deve provare cosa?
Una società utilizzatrice di un immobile in leasing non pagava i canoni. La società concedente ha chiesto la risoluzione del contratto e la restituzione del bene. L'utilizzatrice si è opposta, lamentando l'assenza del piano di ammortamento. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l'onere della prova del pagamento spetta sempre al debitore (l'utilizzatore), mentre il creditore deve solo dimostrare l'esistenza del contratto. L'assenza di un piano di ammortamento separato non è risultata decisiva.
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Assegno contraffatto: la responsabilità della banca
Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio una banca per aver negoziato un assegno contraffatto. Dopo una condanna in appello, la banca ha fatto ricorso in Cassazione, lamentando vizi procedurali legati all'uso delle prove, in particolare dell'assegno stesso e di una consulenza tecnica di parte. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarando inammissibili i motivi. Ha ribadito che la valutazione sulla riconoscibilità della falsificazione è un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità e che la consulenza di parte, essendo un mero atto difensivo, può essere prodotta anche in appello. La responsabilità della banca per il pagamento dell'assegno contraffatto è stata quindi confermata.
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