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Diritto Bancario

Valutazione merito creditizio: non invalida il mutuo
Una società ha richiesto la nullità di un finanziamento da 500.000 euro, sostenendo la nullità del contratto per mancata valutazione del merito creditizio, commissioni eccessive e usura. Il Tribunale di Milano ha rigettato tutte le domande, affermando che il debitore, avendo richiesto e ottenuto il prestito, non può lamentare un presunto danno derivante dalla sua concessione. La sentenza chiarisce che l'omessa valutazione non è causa di nullità del contratto, ma può al massimo configurare una responsabilità risarcitoria, non richiesta in questo caso.
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Interessi moratori usurari: la decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di presunti interessi moratori usurari in un contratto di leasing nautico. L'utilizzatore del bene contestava il superamento del tasso soglia, basandosi su una consulenza tecnica. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che un presunto errore di calcolo del giudice d'appello non costituisce motivo di ricorso per violazione di legge, ma una questione di fatto. Inoltre, ha ribadito che il giudice non è vincolato alle conclusioni del consulente tecnico se motiva adeguatamente la sua decisione e che non è possibile sollevare nuove questioni, come la nullità di una clausola, per la prima volta in sede di Cassazione.
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Ripetizione di indebito: annullamento e restituzione
Un Ente Pubblico ha richiesto a una grande Banca la restituzione di utili distribuiti sulla base di uno Statuto del 2005, successivamente annullato con efficacia retroattiva da un provvedimento amministrativo. I giudici di merito hanno accolto la domanda di ripetizione di indebito, condannando l'istituto bancario alla restituzione delle somme. La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha disposto il rinvio della trattazione per esaminare la questione congiuntamente ad altri ricorsi connessi, al fine di garantire una decisione coordinata.
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Responsabilità bancaria assegni: quando la banca paga?
Una correntista citava in giudizio il proprio istituto di credito dopo aver subito protesti per assegni con firma apocrifa, emessi da carnet che non aveva mai richiesto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della donna, escludendo la responsabilità bancaria per gli assegni emessi, poiché la falsificazione delle firme, sebbene accertata da una perizia, era talmente abile da non essere riconoscibile a prima vista da un impiegato di media diligenza. La decisione conferma che la responsabilità della banca sorge solo in caso di falsificazione palese e non a fronte di alterazioni sofisticate.
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Ricorso in Cassazione inammissibile: avvocato non abilitato
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile a causa della mancanza di abilitazione del difensore. La procura speciale era stata autenticata e la notifica effettuata da un legale non ancora iscritto all'albo speciale per il patrocinio presso le giurisdizioni superiori al momento degli atti. Tale vizio procedurale, ritenuto insanabile, ha precluso l'esame nel merito della questione, portando alla condanna del legale al pagamento delle spese.
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Fideiussione e onere della prova: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di fideiussione, rigettando il ricorso di due garanti. La Corte chiarisce che l'eccezione sulla qualità di "consumatore" deve essere sollevata tempestivamente e non in fase avanzata del processo. Inoltre, si conferma che la motivazione della sentenza d'appello non è contraddittoria se espone correttamente i fatti e le difese, anche quando nega la fondatezza delle argomentazioni dei ricorrenti riguardo la presunta inerzia del creditore.
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Estratto conto non certificato: la prova del credito
La Cassazione accoglie il ricorso di una società e dei suoi garanti, stabilendo che un estratto conto non certificato e specificamente contestato non ha valore di prova per dimostrare il credito. La Corte annulla la decisione d'appello che aveva convalidato un decreto ingiuntivo basandosi su tale documento. Viene inoltre riaffermata la nullità parziale della fideiussione conforme allo schema ABI anticoncorrenziale, con rinvio alla Corte d'Appello per un nuovo esame della vicenda.
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Potere sanzionatorio Consob: i termini per agire
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27242/2024, interviene sul tema del potere sanzionatorio Consob, chiarendo la decorrenza dei termini per la contestazione degli illeciti. Nel caso di specie, relativo a sanzioni per omessa informativa nei prospetti di una banca, la Corte ha annullato la decisione di merito che riteneva la Consob decaduta dal suo potere. È stato stabilito che il termine per contestare non parte dalla mera conoscenza di un'irregolarità, ma dal completamento dell'istruttoria necessaria all'accertamento della violazione, riconoscendo la discrezionalità dell'autorità nei tempi di indagine.
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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili sia il ricorso principale di un istituto di credito sia quello incidentale di una società sua correntista. La controversia riguardava la ripetizione di addebiti su un conto corrente. La Suprema Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o la valutazione delle prove, come la perizia contabile, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. Poiché entrambi i ricorsi miravano a ottenere un nuovo giudizio sul merito della causa, sono stati respinti, confermando la decisione della Corte d'Appello. Questo caso evidenzia come un ricorso inammissibile nasca dal tentativo di superare i limiti procedurali del giudizio di legittimità.
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Impugnazione ordinanza 348-bis: guida Cassazione
Una società e alcuni eredi hanno presentato ricorso in Cassazione contro un'ordinanza di inammissibilità della Corte d'Appello. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che in caso di inammissibilità ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c., il rimedio corretto non è l'impugnazione dell'ordinanza stessa, ma il ricorso contro la sentenza di primo grado, da presentare entro il termine che decorre dalla comunicazione dell'ordinanza di inammissibilità.
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Contratto di finanziamento: onere della prova e usura
Un consumatore ha citato in giudizio una banca e una società finanziaria, sostenendo che il contratto di finanziamento sottoscritto fosse viziato da usura e dolo. Inizialmente, aveva richiesto un piccolo prestito, ma si era ritrovato a firmare un accordo per un importo e una durata notevolmente superiori. I tribunali di primo e secondo grado hanno respinto le sue richieste, negando anche l'ammissione di una consulenza tecnica (CTU). La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni precedenti, rigettando il ricorso. La Corte ha sottolineato che il ricorrente non ha fornito prove sufficienti per dimostrare l'usura soggettiva o il raggiro, e che la semplice discrepanza tra l'accordo preliminare e quello definitivo non è di per sé una prova di illecito. Inoltre, ha ribadito che la commissione di estinzione anticipata non rileva ai fini del calcolo del tasso di usura e che il giudice ha un potere discrezionale nel decidere sull'ammissione delle prove.
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Carenza d’interesse: appello inammissibile post accordo
Un fideiussore ricorre in Cassazione contro una condanna al pagamento. Durante il processo, le parti raggiungono un accordo transattivo. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza d'interesse, poiché l'accordo ha risolto la controversia, rendendo inutile una pronuncia nel merito.
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Sanzioni Banca d’Italia: legittimità e natura confermate
La Corte di Cassazione conferma la legittimità delle sanzioni Banca d'Italia irrogate a ex amministratori di un istituto di credito per carenze gestionali. L'ordinanza chiarisce che tali sanzioni non hanno natura penale e non violano le garanzie del giusto processo (art. 6 CEDU). Viene inoltre ribadito che il principio di legalità non è violato se la legge delega all'autorità di vigilanza la specificazione tecnica delle norme. Infine, la Corte dichiara inammissibile il motivo di ricorso basato sulla disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti non sanzionati, affermando che ogni posizione va valutata singolarmente.
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Spedizione assegno per posta: concorso di colpa
Una società inviava un assegno di €75.000 tramite posta ordinaria, che veniva sottratto e incassato fraudolentemente. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27123/2024, ha stabilito che la spedizione di un assegno per posta ordinaria costituisce un'assunzione di rischio che configura un concorso di colpa del mittente. Sebbene la banca negoziatrice rimanga responsabile per la negligente identificazione del presentatore, la responsabilità del danno deve essere ripartita, annullando la decisione precedente che escludeva la colpa del mittente.
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Buoni postali fruttiferi: prevale il decreto ministeriale
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27122/2024, ha stabilito che per i buoni postali fruttiferi i tassi di interesse validi sono quelli determinati dai decreti ministeriali successivi all'emissione, e non quelli originariamente stampati sul titolo. Anche un timbro parziale che modifica le condizioni è sufficiente per applicare la nuova disciplina, escludendo la tutela dell'affidamento del risparmiatore.
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Accettazione e benestare: quando vale come garanzia
Un consulente societario, firmando un documento di garanzia bancaria con la dicitura 'per accettazione e benestare', si è trovato obbligato in solido con il debitore principale. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, stabilendo che tale formula, valutata nel contesto complessivo dell'operazione, costituisce una valida assunzione di un'obbligazione di garanzia. La decisione sottolinea come l'interpretazione dei fatti da parte dei giudici di merito non sia sindacabile in sede di legittimità se plausibile e ben motivata.
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Clausola di salvaguardia: non salva tassi usurari
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27106/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di usura nei contratti di leasing. Il caso riguardava una clausola per interessi moratori che, al momento della stipula, superava il tasso soglia. La Corte d'Appello aveva ritenuto la clausola valida grazie a una 'clausola di salvaguardia' che prevedeva l'adeguamento del tasso al limite legale. La Cassazione ha ribaltato tale decisione, affermando che la clausola di salvaguardia non può 'sanare' la nullità di un patto usurario 'ab origine'. La sua funzione è solo quella di gestire le fluttuazioni future dei tassi variabili, non di 'disattivare' una norma imperativa che sancisce la nullità iniziale.
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Protesto assegno conto chiuso: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un correntista contro una banca per il protesto di un assegno. L'assegno era stato presentato per il pagamento 20 mesi dopo la chiusura del conto corrente. La Corte ha stabilito che il comportamento della banca è stato legittimo, in quanto, in caso di conto estinto, il protesto assegno conto chiuso è un atto dovuto. Inoltre, il correntista non ha fornito alcuna prova di un suo diritto alla compensazione con altri conti attivi.
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Termine di accertamento: la Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha chiarito la decorrenza del termine di accertamento per l'irrogazione di sanzioni da parte dell'Autorità di Vigilanza sui Mercati Finanziari. Un dirigente bancario, sanzionato dall'Autorità, aveva ottenuto l'annullamento della sanzione in appello perché ritenuta tardiva. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che il termine per la contestazione non decorre dalla prima acquisizione di notizie, ma dal momento in cui l'Autorità, a seguito di un'istruttoria completa, ha un quadro chiaro e definitivo dell'illecito. Questo principio garantisce che le indagini complesse non siano affrettate, bilanciando la necessità di celerità con quella di un'accurata valutazione.
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Diritto di regresso fideiussore e clausole limitative
Un fideiussore, dopo aver pagato il debito di una società garantita e ottenuto un patto di non aggressione dal creditore, ha agito in regresso contro un altro co-fideiussore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava tale diritto, basandosi su una clausola contrattuale specifica. Tale clausola subordinava l'esercizio del diritto di regresso del fideiussore all'estinzione completa di ogni ragione di credito della banca verso il debitore principale. Poiché il debito non era integralmente estinto, la condizione non si era avverata, rendendo il ricorso inammissibile.
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