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laica

Per laicismo si identifica prevalentemente la tendenza a conferire al pensiero e all’agire sociale autonomia dal corollario di precetti religiosi, cercando dunque di limitare l’intromissione dell’autorità religiosa. Il linguaggio comune e l’uso improprio del termine l’ha portato ad essere usato erroneamente come sinonimo di ateismo. Un religioso può infatti essere laico allo stesso tempo. ‘Laicismo’ è il termine filosofico con cui si identifica sotto il profilo sociologico e politico la Noncredenza, i due termini dunque si corrispondono nella sostanza, ma il primo ha valenza socio-politica, il secondo filosofica ed etica. I cattolici guardano però al laicismo con una coloritura dispregiativa, stigmatizzalo come radicalismo anti-religioso, come l’atteggiamento filosofico, politico e sociologico di chi propugna la totale separazione tra Stato e le varie chiese. In altre parole con questo termine viene indicato il desiderio dell’assenza di sostegni economici, privilegi fiscali, interferenze religiose o confessionali, anche indirette, nell’ambito legislativo, esecutivo e giudiziario di uno Stato e più in generale nella vita civile di una comunità umana e nei suoi aspetti di obbligatorietà. Il corrispondente aggettivo è “laicista”. Con l’aggettivo “laico” (corrispondente a “laicità”), che inizialmente indicava i fedeli cristiani non appartenenti al clero, i credenti indicano una persona che, pur non approvando la teocrazia (prevalenza del potere della chiese sul potere civile), desidera che vi siano relazioni riconosciute e sostegni alle chiese da parte dello Stato, mantenendo le prerogative del potere civile. Il significato politico di “laico” (come “non religioso”) nasce con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, finché nel ‘900 ha assunto anche la connotazione di irreligioso o areligioso. La qualifica di laico, secondo i credenti, pertiene quindi a chi è contro uno stato teocratico, ma è a favore del riconoscimento di religioni attraverso un concordato e del loro sostegno per mezzo di finanziamenti o di una tassazione privilegiata. Sempre secondo i credenti, un laico non dovrebbe essere contrario alle forme di pressione esercitate dal potere ecclesiastico sulle questioni sociopolitiche. Secondo i credenti “laicista” sarebbe dunque colui che è contrario ad ogni concordato di tipo costituzionale, cioè ad ogni rapporto che in qualche maniera vincoli o relazioni lo stato all’istituzione religiosa. Ma soprattutto “laicista” è chi si oppone a sostegni finanziari da parte dello Stato – diretti o indiretti – a favore delle chiese o a regimi di tassazione privilegiata nei loro confronti. “Laicista” viene definito anche chi è contrario agli interventi degli esponenti religiosi nelle questioni politiche perché li ritiene delle ingerenze indebite nella vita di tutti, anche di chi non crede. Va comunque sottolineato che la distinzione laico-laicista nasce in ambito confessionale e perlopiù non viene accettata dagli agnostici e dagli atei che propugnano la totale separazione dello Stato dalle chiese. Questi preferiscono definirsi “laici” tout-court e spesso sentono la qualifica di “laicista” come un insulto gratuito. I problemi derivanti dall’introduzione del termine “laicista” non sono comunque pochi: per esempio in Italia i pastori valdesi sono per la separazione Stato-chiese. Seguendo questa definizione si ritroverebbero perciò ad essere allo stesso tempo chierici e laicisti. Il termine Laicismo, inteso come indirizzo teorico di carattere politico ha tra i suoi presupposti la Secolarizzazione della vita civile, cioè l’eliminazione dei fattori religiosi da tutto ciò che non concerne la religione in senso stretto. La realizzazione del laicismo in una certa società implica solitamente il progressivo declino dell’importanza della fede religiosa nella vita di essa. Però laicismo e secolarizzazione sono concetti differenti e non necessariamente legati da rapporti di causa-effetto o omologazione.

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