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Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità dei soci per il debito tributario della società estinta

Responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese: la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato.

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La fusione per incorporazione estingue la società incorporata

La fusione per incorporazione estingue la società incorporata dalla data di cancellazione dal registro delle imprese (“cessano, infatti, per la società incorporata, la sede sociale, la denominazione, gli organi amministrativi e di controllo, il capitale nominale, le azioni o quote che lo rappresentano, e così via; in una parola, la primigenia organizzazione si dissolve e nessuna situazione soggettiva residua”); la fusione realizza una successione a titolo universale corrispondente alla successione mortis causa e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati.

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Servitù di pubblico passaggio: dehor non paga COSAP

Una società si è opposta a una richiesta di pagamento del canone COSAP per un dehor installato su un’area che sosteneva essere privata. Il Comune e il suo concessionario replicavano che sull’area gravava una servitù di pubblico passaggio. Il Tribunale ha accolto l’opposizione, annullando la richiesta di pagamento. La decisione si fonda sulla mancata prova, da parte del Comune, dell’esistenza di tale servitù. È stato provato, al contrario, che l’area era accessibile solo ai clienti del ristorante e non alla collettività, escludendo così la configurabilità di una ‘dicatio ad patriam’ e, di conseguenza, l’obbligo di pagare il canone.

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Giurisdizione giudice tributario: la guida completa

Un contribuente ha impugnato una cartella esattoriale sostenendo la prescrizione di un debito IRPEF e IVA. Il Tribunale Ordinario ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, affermando che la competenza spetta alla Corte di Giustizia Tributaria. La sentenza chiarisce che ogni contestazione sulla definitività di un credito tributario, inclusa l’eccezione di prescrizione, rientra nella giurisdizione del giudice tributario, escludendo quella del giudice ordinario.

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Notifica atti tributari: valida se da poste private

Un contribuente si oppone a un’intimazione di pagamento, sostenendo la prescrizione del debito. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, confermando che la notifica atti tributari effettuata da un operatore postale privato nel 2017 era valida e idonea a interrompere la prescrizione. La sentenza si basa su consolidati orientamenti della Cassazione, chiarendo che la licenza individuale era sufficiente per tali notifiche nel periodo 2011-2017. Respinte anche le contestazioni sul calcolo del debito perché sollevate tardivamente.

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Difetto di giurisdizione: tasse auto al Giudice Tributario

Il Tribunale di Napoli, riformando una decisione del Giudice di Pace, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in una causa su tasse automobilistiche non pagate. La Corte ha ribadito che tutte le controversie sui tributi, inclusa l’opposizione a una cartella esattoriale per il bollo auto, rientrano nella competenza esclusiva del Giudice Tributario. Di conseguenza, la sentenza di primo grado è stata annullata.

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Occupazione suolo pubblico: quando è abusiva?

Un’impresa si è opposta a un avviso di accertamento per occupazione di suolo pubblico abusiva, derivante dall’aver installato teli laterali non previsti dalla concessione. Il Tribunale ha confermato la natura abusiva dell’occupazione, ma ha ridotto l’importo dovuto, stabilendo che il canone ordinario già pagato per l’anno in questione dovesse essere detratto dalla maggiore indennità richiesta dal Comune per evitare un ingiustificato arricchimento.

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Rimborso accise energia: a chi chiedere la restituzione

Una società ha citato in giudizio il proprio fornitore di energia per ottenere il rimborso delle accise provinciali, ritenute illegittime secondo il diritto dell’Unione Europea. Il Tribunale di Milano ha respinto la domanda, chiarendo un punto fondamentale: il fornitore agisce come semplice sostituto d’imposta per conto dello Stato. Di conseguenza, l’azione per il rimborso accise energia deve essere intentata direttamente contro l’ente impositore (lo Stato) e non contro la società energetica, che risulta priva di legittimazione passiva.

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Querela di falso: limiti del giudice e obiter dicta

Un contribuente avvia una querela di falso per notifiche fiscali con firme contraffatte. Il Tribunale accerta la falsità ma fa commenti incidentali (obiter dicta) sul possibile coinvolgimento del fratello del ricorrente, compensando le spese. La Corte d’Appello respinge l’impugnazione, chiarendo che gli obiter dicta non fanno parte della decisione vincolante e non possono essere appellati. Viene confermata la compensazione delle spese legali data la natura oggettiva del procedimento.

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Querela di falso: quando è inammissibile? Analisi

Un contribuente ha presentato una querela di falso contro numerose cartelle esattoriali, contestando l’autenticità di firme su avvisi di ricevimento, relate di notifica e la validità di notifiche via PEC. Il Tribunale di Roma ha dichiarato la domanda inammissibile, chiarendo che la querela di falso è uno strumento utilizzabile solo contro atti dotati di fede pubblica privilegiata. Secondo la corte, una firma illeggibile, una relata senza identificazione del ricevente o una ricevuta di consegna PEC non rientrano in questa categoria, rendendo l’azione improcedibile.

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Notifica PEC non istituzionale: quando è valida

Un contribuente ha contestato un pignoramento, sostenendo la nullità della notifica in quanto proveniente da un indirizzo PEC non ufficiale dell’Agente della Riscossione. Il Tribunale di Trento ha rigettato l’opposizione, stabilendo che la notifica PEC non istituzionale è comunque valida se consente al destinatario di comprendere l’atto e di esercitare il proprio diritto di difesa, raggiungendo così il suo scopo legale. La sentenza ha inoltre confermato la competenza del giudice ordinario per le questioni formali degli atti esecutivi.

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Impugnabilità estratto di ruolo

La Corte d’Appello, confermando la decisione del Tribunale, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo in assenza di un concreto pregiudizio per il debitore. La sentenza richiama i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26283/2022 in merito all’ambito di applicazione del nuovo art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602/1973.

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Prescrizione cartelle esattoriali per tardiva costituzione

La sentenza conferma l’importanza del rispetto dei termini processuali, stabilendo che la tardiva costituzione dell’Agente della riscossione, con conseguente deposito fuori termine delle prove di notifica delle cartelle esattoriali, determina la prescrizione dei crediti.

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Fermo amministrativo e avvisi di addebito contributivi

Il caso riguarda l’opposizione a un fermo amministrativo e a diversi avvisi di addebito, contestati per vizi procedurali. Il Tribunale ha stabilito che la notifica PEC a un indirizzo non presente nei pubblici elenchi è valida se il messaggio è stato effettivamente ricevuto e il destinatario ha potuto difendersi. Inoltre, la mancata notifica della comunicazione di mora non invalida il fermo, essendo quest’ultimo una misura con finalità afflittiva e non espropriativa.

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Rigetto opposizione a cartella esattoriale

La sentenza ribadisce i principi in tema di validità delle notifiche postali e di onere della prova a carico del destinatario. Inoltre, chiarisce che l’opposizione tardiva preclude la possibilità di sollevare eccezioni relative a periodi antecedenti la formazione del titolo esecutivo. Infine, conferma la correttezza del calcolo degli interessi in base alla normativa vigente.

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Addizionali provinciali all'accisa sull'energia elettrica

Il Tribunale accoglie la domanda di un utente per la ripetizione di importi indebitamente versati al fornitore di energia elettrica a titolo di rivalsa per addizionali provinciali all’accisa, dichiarate incompatibili con la normativa comunitaria. Viene riconosciuto il diritto dell’utente alla restituzione delle somme, pur non essendo parte diretta del rapporto tributario. Il Tribunale ribadisce la distinzione tra il rapporto tributario tra fornitore ed Erario e quello civilistico tra fornitore e utente, affermando la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di ripetizione dell’indebito.

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Contribuente dichiarato fallito e atto impositivo

XXX proponeva ricorso per la cassazione della sentenza n. 2361/16 con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Campania, a conferma della prima decisione, aveva ritenuto inammissibile il ricorso da lui proposto contro due avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto costi non documentati e recuperato l’Iva con riguardo ad altrettanti periodi di imposta. Tanto più alla luce della soluzione che si è indicata in ordine al presupposto della legittimazione sostitutiva del fallito in ambito tributario (inerzia semplice), si ritiene che debba essere preferita questa seconda interpretazione, del resto già argomentabile da Cass.

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Fatti incidenti sulla pretesa fiscale

Fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla notifica della cartella di pagamento ovvero fino al pignoramento.

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Amministratore unico e lavoratore dipendente

E’ del tutto compatibile la posizione di socio di società di capitali con quella di amministratore della stessa, tranne le ipotesi di amministratore unico, presidente del consiglio di amministratore o di socio “sovrano” (Cass. , La qualità di amministratore di una società di capitali è, dunque, compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della stessa, ove sia accertato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento ad effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare (Cass. ,

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Omessa dichiarazione dei redditi, fallimento

La Suprema Corte, del resto, aveva già affermato che “Spetta al fallito presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi i imposta anteriori al fallimento, mentre il curatore deve presentare quelle successive alla dichiarazione di fallimento, comprese quelle relative al periodo di imposta compreso tra l’inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento” (Sez. 1995, n. 299, Bruno, m. 203692), specificando, in motivazione, che “in materia di fallimento, la soggettività passiva nel rapporto tributario permane nei confronti del fallito, il quale dopo la dichiarazione di fallimento perde solo la disponibilità dei suoi beni nonché la capacità processuale e quella di amministrare il suo patrimonio.

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