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Giurisprudenza Tributaria

Costi black list: prova dell'interesse economico

Una società si è vista negare la deducibilità di costi per operazioni con partner in paradisi fiscali. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il suo ricorso, stabilendo che per dedurre i costi black list non basta provare che l’operazione sia avvenuta, ma è necessario dimostrare un effettivo interesse economico a scegliere quel partner specifico. La sentenza ha rinviato il caso al giudice di appello per una nuova valutazione delle prove fornite dalla società in merito ai contratti di trasporto, confermando invece la decisione su altri punti come il principio di competenza e la deducibilità delle perdite su crediti.

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Litispendenza processo tributario: la guida completa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8015/2025, ha stabilito un principio fondamentale sulla litispendenza nel processo tributario. Se un giudizio per un rimborso fiscale viene dichiarato litispendente perché già pendente altrove, non può proseguire al solo fine di accertare l’esistenza del controcredito opposto in compensazione dall’Agenzia delle Entrate. L’eccezione di compensazione esaurisce la sua funzione e l’Amministrazione dovrà far valere le sue ragioni in un’altra sede. La Corte ha quindi respinto il ricorso principale della società e dichiarato inammissibile quello incidentale dell’Agenzia.

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Onere della prova redditometro: la Cassazione decide

Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento basato sul redditometro. La Corte di Cassazione ha confermato che l’onere della prova redditometro grava sul contribuente, il quale deve documentare non solo la disponibilità di fondi alternativi, ma anche il loro effettivo utilizzo per le spese contestate. Tuttavia, la Corte ha cassato la sentenza d’appello per un vizio procedurale: i giudici non si erano pronunciati sulla questione delle sanzioni, rinviando il caso per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Rimborso sisma: diritto per chi ha pagato le tasse

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8276/2025, ha stabilito che un contribuente residente in un’area colpita dal sisma del 2016 ha diritto al rimborso parziale delle imposte versate, anche se non aveva usufruito della sospensione dei pagamenti. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che il pagamento volontario dimostrasse l’assenza di difficoltà economiche, escludendo il diritto al rimborso. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che una legge successiva che riduce il debito d’imposta (ius superveniens) rende indebito quanto pagato in eccesso. Negare il rimborso al contribuente diligente violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza rispetto a chi, non pagando, ha beneficiato pienamente della riduzione.

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Esenzione TARI: quando la dichiarazione è obbligatoria

Una società di servizi si è opposta a un avviso di accertamento TARI, sostenendo di avere diritto a un’esenzione per una porzione di immobile dove venivano prodotti rifiuti speciali. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che per ottenere l’esenzione TARI non è sufficiente la sola produzione di rifiuti speciali. È indispensabile presentare un’apposita dichiarazione al Comune, che non rappresenta una mera formalità ma una condizione essenziale. L’onere di dimostrare i presupposti per l’esclusione dal tributo ricade interamente sul contribuente.

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Intimazione di pagamento: quando è nulla?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’intimazione di pagamento può essere annullata per le somme relative ad atti presupposti (come le cartelle esattoriali) di cui l’Amministrazione Finanziaria non dimostra la notifica. La Corte ha chiarito che non si verifica il vizio di ultra-petizione se il giudice annulla l’atto anche per motivi non specificamente dettagliati per ogni singola cartella, qualora il contribuente abbia contestato in via generale la mancata allegazione e notifica degli atti prodromici. La contestazione generale è sufficiente a investire il giudice del potere di verificare la regolarità della notifica di tutti gli atti che fondano l’intimazione di pagamento.

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Agevolazione Tremonti-ter: quando si perde il bonus

Una società impugnava un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria revocava l’agevolazione Tremonti-ter. La società, dopo aver acquistato beni produttivi beneficiando della detassazione, li aveva assegnati a proprie stabili organizzazioni situate fuori dallo Spazio Economico Europeo. La Corte di Cassazione ha confermato la revoca del beneficio, stabilendo che il trasferimento del bene al di fuori dello SEE, anche se verso una propria filiale e non verso terzi, frustra la finalità della norma, che è quella di incentivare l’economia nazionale. Di conseguenza, tale trasferimento equivale a una cessione che causa la perdita dell’agevolazione. La Corte ha inoltre accolto il ricorso dell’Agenzia, ripristinando le sanzioni che erano state annullate in secondo grado per presunta incertezza normativa.

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Accertamento induttivo: onere della prova invertito

La Corte di Cassazione chiarisce la disciplina dell’accertamento induttivo. A seguito di un’indagine finanziaria su una società agricola, l’Amministrazione Finanziaria aveva ricostruito il reddito basandosi su movimentazioni bancarie non giustificate. La Commissione Tributaria Regionale aveva annullato l’avviso, ritenendo le presunzioni del Fisco non sufficientemente provate. La Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che in caso di accertamento induttivo ‘puro’, il Fisco può usare presunzioni ‘supersemplici’, invertendo l’onere della prova. Tocca quindi al contribuente dimostrare che il reddito accertato non è stato prodotto.

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Decadenza potere impositivo: sisma e termini fiscali

Una contribuente, colpita dal sisma del 1990, ha ricevuto una cartella di pagamento nel 2006 per tributi degli anni 1991-1993. La Corte di Cassazione ha confermato la decadenza del potere impositivo dell’Amministrazione Finanziaria, stabilendo che le normative speciali che consentono la sospensione o rateizzazione dei pagamenti non estendono i termini di prescrizione per l’azione di riscossione. Di conseguenza, l’atto impositivo è stato annullato perché emesso fuori tempo massimo.

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Onere della prova costi deducibili: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7285/2025, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, chiarendo i principi sull’onere della prova per i costi deducibili. La Corte ha ribadito che spetta al contribuente dimostrare l’esistenza e l’inerenza dei costi all’attività d’impresa. Tuttavia, una volta fornita la documentazione probatoria, l’Amministrazione Finanziaria non può contestare le scelte economiche dell’imprenditore né richiedere in sede di legittimità una nuova valutazione dei fatti già accertati dai giudici di merito.

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Notifica PEC ricorso: prova e inammissibilità

Un’azienda pubblica ha presentato ricorso per cassazione contro una sentenza tributaria, notificandolo via PEC. Tuttavia, non ha depositato le ricevute di accettazione e consegna. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la mancata produzione di tali prove non costituisce una mera nullità sanabile, ma determina l’inesistenza giuridica della notifica, un vizio insanabile che impedisce l’esame del merito.

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Sospensione facoltativa giudizio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contenzioso tributario, il giudice non è obbligato a sospendere il processo a carico di un socio in attesa della definizione della causa pregiudiziale della società, se questa è già stata decisa con sentenza non definitiva. In tal caso, si applica la sospensione facoltativa del giudizio, una scelta discrezionale del giudice basata su una valutazione prognostica dell’esito dell’impugnazione. L’appello del socio è stato dichiarato inammissibile anche perché non contestava nel merito l’accertamento societario.

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Pagamento imposta non è acquiescenza: la Cassazione

Una società agricola ha effettuato il pagamento di un’imposta di registro dopo la revoca di un’agevolazione. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale pagamento dell’imposta, sebbene tempestivo, non costituisce acquiescenza alla pretesa fiscale se l’atto viene contemporaneamente impugnato. Il pagamento è finalizzato solo a evitare sanzioni, preservando il diritto di ricorso.

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Compensi professionali: i minimi sono inderogabili

Un contribuente, dopo aver vinto una causa contro un avviso di pagamento, ha impugnato la decisione sui compensi professionali, ritenuti troppo bassi. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che i giudici non possono liquidare spese legali al di sotto dei minimi inderogabili previsti dai parametri forensi (D.M. 55/2014 come modificato dal D.M. 37/2018). La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per una nuova e corretta quantificazione.

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Annotazione catastale di ruralità: quando è retroattiva?

Un comune ha contestato la richiesta di un contribuente di esenzione IMU per l’anno 2012 su alcuni fabbricati, poiché la domanda di annotazione catastale di ruralità era stata presentata solo nel 2017-2018. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’efficacia retroattiva dell’annotazione è concessa unicamente per le istanze inoltrate entro il termine perentorio del 30 settembre 2012. Di conseguenza, il contribuente non aveva diritto all’esenzione per il 2012, poiché il requisito formale della classificazione catastale prevale sull’uso di fatto dell’immobile.

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Principio di autosufficienza ricorso tributario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente contro un estratto di ruolo. La decisione si fonda sulla violazione del principio di autosufficienza, poiché il ricorso non specificava in modo adeguato le doglianze originarie, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza dei motivi di appello senza dover consultare atti esterni al ricorso stesso.

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Prescrizione sanzioni tributarie: 5 anni anche senza ricorso

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione per sanzioni e interessi tributari è di cinque anni, anche se la cartella esattoriale non è stata impugnata. L’ordinanza chiarisce che il termine più lungo di dieci anni si applica solo in presenza di una sentenza passata in giudicato. Il caso riguardava un contribuente che contestava un’intimazione di pagamento, lamentando che il giudice di secondo grado non si fosse pronunciato sulla specifica eccezione di prescrizione quinquennale per sanzioni e interessi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza per omessa pronuncia e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria per un nuovo esame.

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Deducibilità interessi passivi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 321/2025, ha stabilito un principio chiave sulla deducibilità interessi passivi per le società immobiliari. Il caso riguardava una società a cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato la deduzione degli interessi su un mutuo ipotecario, sostenendo che i fondi non erano stati usati per costruire l’immobile, ma per creare liquidità. La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, chiarendo che la norma (art. 1, c. 36, L. 244/2007) non pone limiti alla finalità del finanziamento. Per la piena deducibilità è sufficiente che il prestito sia garantito da ipoteca su un immobile destinato alla locazione, a prescindere dall’uso delle somme.

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Immobiliari di gestione: requisiti e deducibilità

Una società immobiliare si è vista negare la qualifica di immobiliare di gestione e la conseguente deducibilità degli interessi passivi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, sottolineando che la società non ha provato il requisito fondamentale, richiesto dalla normativa all’epoca vigente, relativo all’esistenza di un finanziamento garantito da ipoteca sull’immobile effettivamente locato. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile un secondo motivo relativo alla rettifica delle rimanenze, in quanto erroneamente formulato come vizio di motivazione anziché come violazione di legge.

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Carenza di interesse: ricorso inammissibile

Un contribuente, dopo aver impugnato un avviso di accertamento fino alla Corte di Cassazione, aderisce a una definizione agevolata dei carichi pendenti (rottamazione-quater). La Suprema Corte, pur non potendo dichiarare la cessazione della materia del contendere per mancanza di prove dirette, dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. L’adesione alla sanatoria è vista come una manifestazione inequivocabile della volontà di non proseguire il giudizio, rendendo inutile una decisione nel merito. Le spese processuali sono state interamente compensate tra le parti.

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