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Giurisprudenza Tributaria

Documenti non esibiti: quando sono utilizzabili?

Una società, a seguito di un incendio che ha distrutto la contabilità, ha ricevuto un accertamento induttivo. In giudizio, ha prodotto i documenti ricostruiti. La Cassazione ha confermato la loro validità, stabilendo che la preclusione per i documenti non esibiti non opera se la loro indisponibilità, dichiarata durante la verifica, è veritiera, anche se causata da colpa del contribuente e non solo da caso fortuito.

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Classificazione catastale impianti idrici: la decisione

La Corte di Cassazione ha stabilito che un impianto di depurazione delle acque, gestito da una società di servizi idrici, deve avere una classificazione catastale nel gruppo D (immobili industriali) e non nel gruppo E (esigenze pubbliche). La gestione economica del servizio, basata su tariffe che coprono i costi, prevale sulla natura di pubblico interesse, rendendo l’immobile assimilabile a un opificio industriale.

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Domicilio fiscale notifica: vale quello in dichiarazione

Un contribuente ha impugnato un preavviso di iscrizione ipotecaria, sostenendo la nullità della notifica delle cartelle di pagamento sottostanti. La Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica è valida se effettuata al domicilio fiscale indicato nella dichiarazione dei redditi, anche se diverso dalla residenza anagrafica. Ha inoltre censurato il giudice d’appello per aver deciso su una questione non sollevata dal ricorrente, accogliendo il ricorso dell’Agente della Riscossione.

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Rimborso credito IRES: sì con dichiarazione integrativa

Una società che aveva versato IRES in eccesso ha presentato una dichiarazione integrativa per recuperare il credito. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso, sostenendo che il credito poteva essere usato solo in compensazione. La Corte di Cassazione ha dato ragione al contribuente, stabilendo che la richiesta di rimborso è un’opzione legittima e alternativa alla compensazione. La presentazione della dichiarazione integrativa a favore equivale già a un’istanza di rimborso.

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Detrazione IVA negata per fatture da società cartiere

Una società di distribuzione si è vista negare la detrazione IVA per operazioni con fornitori rivelatisi ‘società cartiere’. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, di fronte a prove presuntive di frode fornite dall’Agenzia delle Entrate, spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza. La semplice regolarità formale dei pagamenti o il prezzo di mercato non sono sufficienti a provare la buona fede e a garantire il diritto alla detrazione IVA.

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Motivazione per relationem: nullità senza giudicato

Un socio impugnava un avviso di accertamento per redditi da partecipazione in una società, basato su un accertamento presupposto notificato alla società stessa. I giudici di merito annullavano l’atto al socio, poiché era stato annullato quello societario. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, definendola viziata da ‘motivazione apparente’. Il giudice d’appello si era infatti limitato a richiamare un’altra sentenza non ancora definitiva (motivazione per relationem), senza riprodurne e valutarne criticamente il contenuto. Questo vizio, secondo la Corte, rende la sentenza nulla per mancanza del ‘minimo costituzionale’ di motivazione.

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Minimi tariffari inderogabili: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21743/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di compensi professionali. Il caso riguarda un contribuente che, dopo aver vinto una causa contro l’Agenzia delle Entrate, si è visto liquidare spese legali inferiori ai minimi di legge. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando che i minimi tariffari sono inderogabili e il giudice non può scendere al di sotto di tali soglie, neanche fornendo una motivazione. La sentenza di secondo grado è stata quindi cassata con rinvio per una nuova liquidazione delle spese.

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Credito IVA e dichiarazione omessa: la Cassazione

Un contribuente utilizzava un credito IVA derivante da una dichiarazione presentata con un lieve ritardo, considerata quindi omessa. L’Agenzia delle Entrate emetteva una cartella di pagamento tramite controllo automatizzato. La Corte di Cassazione, pur ritenendo legittima la procedura di recupero, ha stabilito che il giudice di merito ha il dovere di valutare l’esistenza sostanziale del credito IVA. Il diritto alla detrazione, infatti, prevale sul vizio formale della tardiva presentazione della dichiarazione, in virtù del principio di neutralità dell’IVA. La causa è stata rinviata per un esame nel merito.

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Accertamento per relationem: i limiti dell'obbligo

Una società di costruzioni ha impugnato un avviso di accertamento per maggiori imposte dirette e IVA relative all’anno 2006. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’accertamento, chiarendo che in un accertamento per relationem non è necessario allegare atti già noti al contribuente, come un verbale di constatazione da lui firmato. La Corte ha inoltre validato l’uso di presunzioni gravi, precise e concordanti, come i valori OMI e i mutui di importo superiore al prezzo dichiarato, per ricostruire i ricavi non dichiarati. La sentenza è stata cassata con rinvio solo per la parte relativa alle sanzioni, in quanto il giudice di secondo grado aveva omesso di pronunciarsi su quel specifico motivo.

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Esterovestizione: Cassazione su sede fittizia all'estero

Una società di telecomunicazioni con sede legale in Austria è stata accusata di esterovestizione dall’Agenzia delle Entrate per aver fittiziamente localizzato la propria residenza fiscale all’estero al fine di evadere l’IVA in Italia. Dopo che le commissioni tributarie di merito avevano dato ragione alla società, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che i giudici di merito hanno errato nel non considerare il complesso degli elementi probatori presentati dall’Amministrazione finanziaria, che indicavano la sede effettiva e il centro decisionale della società in Italia. Il semplice pagamento di alcune imposte nello stato estero non è sufficiente a escludere l’esterovestizione se tutti gli altri indizi portano alla conclusione opposta. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Definizione agevolata liti: processo estinto

Due società e i loro soci impugnano avvisi di accertamento per costi chilometrici non deducibili. Dopo l’appello in Cassazione, i contribuenti accedono alla definizione agevolata delle liti. La Corte, verificati i requisiti della sanatoria e la rinuncia al ricorso di una delle parti, dichiara il processo estinto.

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Notifica cartella pagamento: i termini per ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un contribuente contro una cartella di pagamento per accise non versate. La Corte ha stabilito che l’eccezione di tardività del ricorso è rilevabile d’ufficio in appello, anche se il giudice di primo grado ha deciso nel merito, in assenza di un giudicato esplicito sulla questione. Inoltre, ha dichiarato inammissibile il motivo relativo a un presunto errore nella notifica della cartella di pagamento, in quanto sollevato per la prima volta in Cassazione e privo della necessaria specificità.

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Improcedibilità ricorso cassazione: ecco le regole

Una contribuente ha visto il suo ricorso contro un’intimazione di pagamento respinto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, determinando l’improcedibilità del ricorso in cassazione, a causa del mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata. La Corte ha inoltre confermato il diniego alla definizione agevolata, poiché il valore della lite superava il limite di legge.

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Estinzione processo tributario: la nuova sanatoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo tributario tra l’Amministrazione Finanziaria e un contribuente. La decisione si basa sull’adesione del contribuente a una sanatoria fiscale, come documentato dall’ente impositore, che ha portato alla regolare definizione della controversia. Le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.

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Estinzione del giudizio per rottamazione carichi

Un contribuente, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro una decisione della Commissione Tributaria Regionale, ha aderito a una procedura di definizione agevolata (rottamazione dei carichi) e ha rinunciato al ricorso. La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del giudizio e ha compensato le spese legali tra le parti.

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Costi fideiussione rimborso IVA: la giurisdizione

Una società richiedeva il rimborso dei costi per una fideiussione necessaria a ottenere un credito IVA. La Corte di Cassazione ha confermato la giurisdizione del giudice tributario, definendo tali costi come ‘accessori’ al rapporto fiscale principale. Il ricorso della società è stato respinto perché, dopo un silenzio-rifiuto, non aveva impugnato tempestivamente il successivo diniego esplicito dell’Amministrazione Finanziaria, un atto che sostituisce e supera il precedente silenzio.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese compensate

Una società contribuente e la sua controparte hanno presentato una rinuncia congiunta al ricorso in Cassazione dopo aver aderito a una definizione agevolata. La Corte Suprema ha dichiarato l’estinzione del processo, ha disposto la compensazione delle spese legali e ha chiarito che in questi casi non è dovuto il pagamento del contributo unificato aggiuntivo.

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Giudicato esterno: decisione vincolante tra le parti

La Corte di Cassazione ha affermato il principio del giudicato esterno in materia tributaria. Una precedente sentenza, che aveva accertato la mancata notifica di alcune cartelle esattoriali in un giudizio su un’iscrizione ipotecaria, ha effetto vincolante anche nel successivo giudizio avente ad oggetto l’intimazione di pagamento basata sulle medesime cartelle. La Corte ha chiarito che l’identità della questione di fatto (la notifica) prevale sulla diversità degli atti impugnati, stabilendo un precedente importante per i contribuenti.

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Spese giudizio di ottemperanza: il pagamento tardivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso di un giudizio di ottemperanza, il debitore che adempie al pagamento solo dopo l’inizio del procedimento deve comunque farsi carico delle relative spese legali. La corte inferiore aveva erroneamente omesso di pronunciarsi sulle spese giudizio di ottemperanza, dichiarando semplicemente la cessazione della materia del contendere. La Suprema Corte ha cassato la decisione, affermando la necessità di applicare il principio della soccombenza virtuale per determinare chi debba sostenere i costi del procedimento di esecuzione.

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Intimazione di pagamento: può essere rinnovata?

Una società ha impugnato un’intimazione di pagamento sostenendo che un atto precedente identico fosse già stato annullato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che un annullamento per vizi puramente procedurali (come la mancata prova della notifica degli atti presupposti) non impedisce all’Ente della Riscossione di emettere un nuovo atto. Tale situazione non viola il principio del ‘ne bis in idem’, poiché la prima decisione non verteva sul merito del debito, ma solo su un difetto formale, creando un giudicato solo processuale e non sostanziale.

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