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Giurisprudenza Tributaria

Sanzioni reverse charge: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 446/2024, ha affrontato il tema delle sanzioni reverse charge per irregolarità nell'applicazione dell'inversione contabile. Pur respingendo la tesi dell'Agenzia delle Entrate di sanzionare ogni singola operazione come sproporzionata, ha cassato la decisione del giudice di merito. Quest'ultimo, pur definendo la violazione di 'lieve entità', non aveva specificato un criterio chiaro per la quantificazione della sanzione. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione che stabilisca il corretto ammontare della sanzione nel rispetto del principio di proporzionalità.
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Attività professionale abituale: quando scatta l’IVA
La Corte di Cassazione ha confermato un avviso di accertamento IVA nei confronti di un professionista. I giudici hanno stabilito che la sua attività di responsabile della sicurezza per diversi committenti non era occasionale, bensì un'attività professionale abituale soggetta a IVA. La decisione si basa su una serie di elementi presuntivi, come la pluralità degli incarichi, la loro ripetitività e la natura complessa delle prestazioni, considerati sufficienti a dimostrare il carattere sistematico e non sporadico del lavoro svolto.
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Principio di competenza: Cassazione chiarisce i costi
Una società impugna un avviso di accertamento per costi e ricavi. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 439/2024, chiarisce l'applicazione del principio di competenza per la deducibilità dei costi pubblicitari, legandola al momento di ultimazione della prestazione. La Corte ribadisce anche l'autonomia dei periodi d'imposta, consentendo la rettifica delle rimanenze iniziali senza modificare l'esercizio precedente.
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Definizione agevolata liti: processo estinto
Un contribuente impugna un avviso di accertamento basato su accertamento sintetico (redditometro). Dopo un lungo contenzioso che arriva fino alla Corte di Cassazione, il contribuente aderisce alla definizione agevolata delle liti pendenti. La Suprema Corte, preso atto dell'avvenuta definizione, dichiara estinto il processo senza entrare nel merito delle questioni sollevate.
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Definizione agevolata: estinzione del giudizio
La Corte di Cassazione dichiara l'estinzione di un giudizio tributario relativo a un accertamento IRPEF. La decisione segue l'istanza di definizione agevolata presentata dal contribuente ai sensi della Legge n. 197/2022. Avendo il contribuente, già vincitore nei gradi di merito, versato le somme dovute per la sanatoria, la Corte ha preso atto della chiusura della lite, estinguendo il procedimento e lasciando le spese a carico delle parti che le hanno anticipate.
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Definizione agevolata: come estingue il giudizio
Un'azienda calzaturiera, dopo aver vinto nei primi due gradi di giudizio contro un avviso di accertamento che contestava l'inerenza di alcuni costi, ha visto il proprio contenzioso in Cassazione estinguersi. La Corte Suprema ha infatti preso atto dell'adesione della società alla definizione agevolata prevista dalla legge, dichiarando terminato il processo. La controversia originaria verteva sulla deducibilità di provvigioni ritenute dall'Agenzia delle Entrate antieconomiche e non inerenti.
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Estinzione Giudizio Tributario: la guida completa
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 429/2024, ha dichiarato l'estinzione di un giudizio tributario a seguito dell'adesione del contribuente a una definizione agevolata. Il caso, originato da un avviso di accertamento IRPEF, si è concluso non per una decisione nel merito, ma perché, dopo la richiesta di sanatoria e il pagamento delle somme, nessuna delle parti ha presentato istanza di prosecuzione entro il termine previsto dalla legge. Ciò ha comportato l'automatica estinzione del giudizio tributario, rendendo superflua ogni altra valutazione processuale.
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Definizione agevolata: lite estinta in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione di un giudizio fiscale a seguito della richiesta di definizione agevolata da parte del contribuente. Il caso riguardava un accertamento IRES per il 2005. La società contribuente, risultata vittoriosa nei precedenti gradi di giudizio, ha aderito alla sanatoria prevista dalla L. 197/2022, pagando un importo ridotto e ottenendo così la chiusura definitiva della controversia.
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Disconoscimento sottoscrizione: la querela di falso
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società contro un fermo amministrativo e delle cartelle esattoriali. La Corte ha stabilito che il disconoscimento sottoscrizione su un avviso di ricevimento, essendo quest'ultimo un atto pubblico, non è sufficiente. È necessaria una querela di falso per contestarne l'autenticità. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile e pretestuoso, con condanna per abuso del processo.
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Estinzione processo: definizione agevolata liti fiscali
Un contribuente, oggetto di un accertamento fiscale basato su un maggior reddito presunto, ha impugnato l'atto impositivo. Dopo un lungo contenzioso giunto fino alla Corte di Cassazione, il processo è stato dichiarato estinto. La decisione non è entrata nel merito delle questioni fiscali, ma ha preso atto della scelta del contribuente di aderire alla definizione agevolata delle liti fiscali, una procedura che consente di chiudere le controversie pendenti con il fisco pagando un importo forfettario. L'adesione a questa procedura ha quindi comportato la cessazione della materia del contendere.
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Cessioni intracomunitarie: prova e società cartiere
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società fallita contro l'Agenzia delle Entrate in un caso di cessioni intracomunitarie. La Corte ha confermato la decisione di merito basata su una duplice motivazione: la mancata prova del trasferimento fisico dei beni e la natura di 'società cartiera' dell'acquirente. Il ricorso è stato respinto perché non impugnava una delle due motivazioni autonome della sentenza.
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Studi di settore: prova e contraddittorio del Fisco
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 253/2024, ha chiarito la legittimità degli accertamenti basati sugli studi di settore. La Corte ha stabilito che, se l'Amministrazione Finanziaria attiva il contraddittorio preventivo e motiva adeguatamente le ragioni per cui le giustificazioni del contribuente sono ritenute solo parzialmente valide, l'accertamento è legittimo. In tale contesto, spetta al contribuente l'onere di provare, e non solo allegare, le circostanze specifiche che giustificano un reddito inferiore agli standard di settore.
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Condono fiscale: estinzione del processo tributario
Un contribuente, a seguito di un accertamento basato sul "redditometro", aveva un contenzioso pendente fino in Cassazione. Aderendo al condono fiscale previsto dalla L. 197/2022 e pagando la prima rata, ha ottenuto dalla Corte la declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, con spese processuali a carico della parte che le ha anticipate.
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Appello tributario: quando è ammissibile?
Una società si è vista negare un rimborso fiscale. L'appello è stato dichiarato inammissibile perché ripetitivo delle difese di primo grado. La Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che nel processo tributario l'appello ha pieno effetto devolutivo e non richiede censure specifiche e nuove, essendo sufficiente la chiara volontà di contestare la sentenza. Questo principio garantisce un riesame completo nel merito.
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Errore processuale: rinvio per chiarimenti
La Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria rinviando la decisione su un ricorso tributario. La causa è un errore processuale: la rinuncia al ricorso, presentata da più soggetti, indicava un numero di sentenza diverso da quella effettivamente impugnata. La Corte ha concesso 90 giorni alle parti per fornire i necessari chiarimenti, sospendendo il giudizio di merito.
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Redditometro prova contraria: onere del contribuente
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una contribuente a cui l'Agenzia delle Entrate aveva contestato un maggior reddito tramite redditometro, a fronte di un reddito dichiarato pari a zero ma in presenza di beni come casa e auto. La Corte ha ribadito che per una valida redditometro prova contraria, il contribuente deve fornire prove documentali specifiche e rigorose, non essendo sufficienti mere affermazioni o prove generiche, per dimostrare che le spese sono state coperte con redditi esenti o non imponibili.
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Detrazione spese sanitarie: rinvio per udienza pubblica
Un contribuente ha richiesto il rimborso per la detrazione del 19% su spese sanitarie per un familiare, pagate dalla propria assicurazione, non avendola inserita in dichiarazione. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione, rilevando la novità e l'importanza della questione in assenza di precedenti specifici, ha disposto con ordinanza interlocutoria il rinvio della causa a una pubblica udienza per una trattazione approfondita, senza quindi decidere nel merito.
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Redditometro e aiuti familiari: prova e motivazione
Un contribuente, raggiunto da un avviso di accertamento basato sul redditometro, si è difeso sostenendo di aver coperto le spese grazie ad aiuti economici familiari. Le commissioni tributarie di primo e secondo grado hanno respinto le sue ragioni. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione d'appello, affermando che il giudice tributario non può limitarsi a una motivazione apparente ma deve analizzare nel dettaglio tutte le prove fornite dal contribuente, incluse le dichiarazioni dei familiari, per valutare la loro attendibilità.
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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza
Un contribuente ha impugnato un avviso di accertamento basato sul "redditometro". La Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente accolto l'appello con una giustificazione che la Corte di Cassazione ha ritenuto una "motivazione apparente". La Suprema Corte ha annullato la decisione, sottolineando che il giudice tributario ha l'obbligo di esaminare analiticamente le prove fornite dal contribuente a sua difesa, non potendole liquidare con formule generiche. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.
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Deducibilità crediti: i requisiti secondo la Cassazione
Una società si è vista negare la deducibilità di perdite su crediti e di quelle derivanti da una fusione. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 223/2024, ha confermato la decisione dei giudici di merito, ribadendo che l'onere di provare l'inesigibilità dei crediti spetta al contribuente, che deve fornire elementi 'certi e precisi'. La Corte ha specificato che la mera valutazione di un legale non è sufficiente. Inoltre, ha chiarito i limiti alla contestabilità di irregolarità commesse dalla società incorporata prima della fusione, sottolineando l'autonomia dei periodi d'imposta.
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