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Dazio antidumping: responsabilità dell’importatore

La sentenza Cass. Civ., Sez. 5, n. 34581 del 30/12/2019 analizza la responsabilità dell’importatore nel pagamento del dazio antidumping. Una società aveva importato merce dalla Cina, dichiarata con un certo codice doganale. L’Agenzia delle Dogane, dopo un’analisi, ha riclassificato la merce, applicando un pesante dazio antidumping supplementare. La Cassazione ha rigettato il ricorso della società, stabilendo che la valutazione sulla natura della merce è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità e che l’importatore è il debitore principale dell’obbligazione doganale, in solido con il suo rappresentante indiretto, senza che la buona fede possa esimerlo dal pagamento.

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Pubblicato il 10 luglio 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dazio Antidumping: La Cassazione Conferma la Piena Responsabilità dell’Importatore

L’importazione di merci comporta una serie di adempimenti burocratici e fiscali di cruciale importanza. Una dichiarazione doganale imprecisa può trasformare un’operazione commerciale vantaggiosa in un grave problema finanziario, soprattutto quando entra in gioco un dazio antidumping. Questa tassa, spesso molto onerosa, viene applicata per proteggere il mercato interno da prodotti esteri venduti a prezzi sleali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34581/2019) ha ribadito un principio fondamentale: la responsabilità del pagamento di tale dazio ricade primariamente sull’importatore, anche quando si avvale di un rappresentante doganale.

I Fatti di Causa: Una Classificazione Doganale Contesa

Una società italiana importava dalla Cina una partita di “carburi metallici pronti per la pressatura”. In dogana, la merce veniva dichiarata con una specifica nomenclatura che prevedeva un dazio del 5,3%. Tuttavia, l’Agenzia delle Dogane, a seguito di un controllo e di analisi di laboratorio sui campioni prelevati, giungeva a una conclusione diversa.

Secondo l’Agenzia, il prodotto non era un semplice preparato, ma una miscela di carburo di tungsteno e polvere metallica. Questa differente natura comportava una riclassificazione della merce in un’altra categoria tariffaria. Sebbene l’aliquota del dazio ordinario rimanesse invariata al 5,3%, la nuova classificazione faceva scattare l’applicazione di un dazio antidumping supplementare del 33%, aumentando esponenzialmente il costo dell’importazione.

La società importatrice ha contestato la decisione, dando inizio a un contenzioso che, dopo due gradi di giudizio a lei sfavorevoli, è approdato in Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e la Responsabilità per il Dazio Antidumping

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Dogane. L’analisi della Corte si è concentrata su due aspetti principali: l’inammissibilità della contestazione sulla classificazione della merce e la piena responsabilità dell’importatore per l’obbligazione doganale.

Il Motivo sulla Classificazione Tariffaria: Una Questione di Fatto

La società ricorrente lamentava che i giudici di merito avessero sbagliato a classificare la merce. La Cassazione, però, ha dichiarato questo motivo inammissibile. La Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. L’accertamento sulla composizione chimica e fisica del prodotto, basato su analisi di laboratorio, costituisce una valutazione di fatto. Tale valutazione può essere contestata in sede di legittimità solo per vizi di motivazione molto specifici, non per rimettere in discussione il merito della perizia tecnica. In sostanza, la Cassazione non è un “terzo perito”.

Responsabilità dell’Importatore e Ruolo del Rappresentante Indiretto

Il cuore della sentenza riguarda la responsabilità per il pagamento dei dazi. La società sosteneva di non essere colpevole e contestava il principio di responsabilità solidale con il proprio rappresentante doganale indiretto. La Corte ha respinto fermamente questa tesi, basandosi sull’art. 202 del Codice Doganale Comunitario.

Secondo la normativa, “debitore” dell’obbligazione doganale è, in primo luogo, la persona che procede all’irregolare introduzione della merce, ovvero l’importatore. La Corte ha sottolineato che l’importatore non può nascondersi dietro l’operato del suo rappresentante o invocare la propria “buona fede” per sottrarsi al pagamento. L’obbligo di pagare il dazio sorge oggettivamente dal fatto stesso dell’importazione irregolare.

Il rapporto con il rappresentante indiretto non esonera l’importatore, ma anzi crea un vincolo di responsabilità solidale: l’Agenzia delle Dogane può richiedere il pagamento dell’intero importo indifferentemente all’uno o all’altro.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su una rigorosa interpretazione della normativa doganale comunitaria. Il fulcro del ragionamento è l’articolo 202 del Codice Doganale (Reg. CEE 2913/92), che identifica con precisione i soggetti debitori. La Corte distingue nettamente tra “la persona che ha proceduto all’introduzione irregolare” (l’importatore) e le persone che hanno semplicemente “partecipato” all’operazione. Per l’importatore, che è all’origine dell’operazione, la legge presume una conoscenza della natura e della provenienza della merce che rende logicamente impossibile invocare un’ignoranza scusabile. La sua responsabilità è diretta e primaria. L’obbligo di versare il dazio, incluso il dazio antidumping, è una conseguenza diretta della presentazione in dogana di una dichiarazione non veritiera, a prescindere dall’elemento soggettivo della colpa per quanto riguarda il debito d’imposta. Inoltre, la Corte ribadisce che la figura del rappresentante indiretto non serve a schermare l’importatore, ma a facilitare le operazioni; la responsabilità solidale è una garanzia per l’erario e rafforza l’obbligo di vigilanza dell’importatore sull’esattezza delle informazioni fornite.

Le conclusioni

La sentenza offre un monito chiaro a tutte le imprese che operano con l’estero. La scelta del partner commerciale e la verifica della classificazione doganale delle merci non sono dettagli trascurabili, ma elementi cruciali che possono avere impatti finanziari devastanti. La responsabilità per la correttezza della dichiarazione doganale e per il pagamento di tutti i tributi connessi, incluso il pesante dazio antidumping, resta saldamente in capo all’importatore. Delegare le operazioni a un rappresentante doganale non significa delegare la responsabilità finale. Pertanto, è indispensabile per ogni importatore implementare procedure di controllo rigorose (due diligence) sulla natura e l’origine dei prodotti acquistati, per evitare di incorrere in sanzioni e dazi imprevisti che possono compromettere la stabilità economica dell’azienda.

L’importatore è responsabile per il dazio antidumping anche se si affida a un rappresentante doganale indiretto?
Sì. La sentenza conferma che l’importatore è il debitore principale. Il rappresentante indiretto è coobbligato in solido, il che significa che l’Agenzia delle Dogane può chiedere il pagamento dell’intero importo a entrambi, ma la responsabilità primaria resta dell’importatore.

Posso contestare la classificazione di una merce fatta dalla dogana davanti alla Corte di Cassazione?
Generalmente no. La Corte di Cassazione ha chiarito che la determinazione della natura e composizione di un prodotto è un accertamento di fatto, che rientra nella competenza dei giudici di merito (primo e secondo grado). Non è possibile chiedere alla Cassazione di riesaminare le prove, come le analisi di laboratorio, a meno che non vi sia un vizio logico o giuridico nella motivazione della sentenza impugnata.

La ‘buona fede’ dell’importatore può esonerarlo dal pagamento del dazio antidumping?
No. La Corte ha stabilito che l’obbligazione di pagare il dazio doganale sorge in modo oggettivo dall’introduzione della merce con una dichiarazione irregolare. La buona fede dell’importatore non è una causa di esenzione dal pagamento del tributo dovuto, anche se potrebbe essere valutata in relazione all’applicazione delle sanzioni amministrative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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