La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11566/2024, ha respinto il ricorso di un condannato a cui erano state negate la liberazione condizionale e l'affidamento in prova. La Corte ha confermato che, per accedere a tali benefici, non basta l'assenza di elementi negativi, ma è necessaria una prova concreta di reale pentimento (resipiscenza). Il mancato risarcimento del danno alle vittime, anche solo in forma simbolica, e l'assenza di un sincero riconoscimento delle proprie responsabilità sono stati considerati indicatori decisivi della mancanza di un'effettiva revisione critica del proprio passato criminale, giustificando così il diniego delle misure alternative.
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