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Giurisprudenza Penale

Detenzione stupefacenti: più droghe, un solo reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due persone condannate per detenzione di stupefacenti (cocaina), dopo una precedente condanna per possesso di hashish. Gli imputati sostenevano si trattasse di un unico reato. La Corte ha ribadito che la detenzione di sostanze appartenenti a tabelle diverse configura reati distinti. Il ricorso è stato respinto per genericità, non avendo contestato la diversa collocazione spazio-temporale dei due sequestri accertata dalla corte di merito.

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Detenzione di stupefacenti: il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la detenzione di stupefacenti (oltre 14 kg di marijuana) e armi. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di giudicare la corretta applicazione della legge. Ha inoltre confermato che l’ingente quantitativo di droga è un elemento decisivo che impedisce di qualificare il reato come di ‘lieve entità’, consolidando un importante principio di diritto.

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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per reati di droga, confermando la decisione di non concedere le attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che una confessione resa di fronte a prove schiaccianti e i precedenti penali specifici possono giustificare il diniego, valutando la condotta nel suo complesso e non solo singoli elementi favorevoli.

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Errore materiale pena: la Cassazione corregge la sentenza

Un imprenditore edile, condannato per gestione illecita di rifiuti, si è visto infliggere in appello una pena errata: reclusione e multa invece di arresto e ammenda. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso su questo punto, procedendo alla correzione di quello che è stato definito un ‘errore materiale pena’. La sentenza chiarisce i limiti dell’intervento correttivo della Suprema Corte, distinguendo gli errori formali, emendabili, dalle valutazioni di merito, non sindacabili in sede di legittimità. Il resto del ricorso è stato rigettato.

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Reato continuato: i limiti del giudice in fase esecutiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante il calcolo della pena per un reato continuato. L’imputato sosteneva che il giudice dovesse partire da una pena già unificata in una precedente fase esecutiva. La Corte ha chiarito che il giudice è vincolato solo dalle sentenze di condanna originali e non dalle precedenti decisioni del giudice dell’esecuzione, purché la pena finale risulti più favorevole della somma aritmetica delle pene iniziali.

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Confisca prima casa: limiti e differenze con l'esproprio

Un soggetto, condannato per reati tributari, impugna la confisca per equivalente di un immobile, sostenendo la sua natura di “prima casa”. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo un principio chiave: la tutela contro l’espropriazione fiscale per la prima casa non si estende alla confisca penale. Viene inoltre affermato che il condannato non può contestare la presunta natura simulata della vendita dell’immobile, poiché tale diritto spetta unicamente al terzo acquirente.

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Contrabbando aereo: reato permanente e nuova legge

La Corte di Cassazione conferma che il contrabbando aereo per mancato pagamento dell’IVA all’importazione è un reato permanente. Di conseguenza, si applica la legge più severa entrata in vigore durante la commissione del reato, anche se la condotta era iniziata sotto una normativa più favorevole. La sentenza chiarisce che il reato si consuma non al momento dell’importazione, ma perdura fino alla regolarizzazione della posizione fiscale del bene.

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Sequestro illegittimo: no condanna alle spese legali

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna al pagamento delle spese processuali a carico di due indagati. Sebbene il loro ricorso per la restituzione di animali fosse inammissibile, il Tribunale aveva riconosciuto il sequestro illegittimo perché privo di convalida del PM. Secondo la Suprema Corte, l’accertata illegittimità dell’atto impedisce di addebitare i costi alla parte che, di fatto, non è soccombente sulla questione principale.

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Ingiusta detenzione: non basta frequentare pregiudicati

La Cassazione ha annullato una decisione che negava la riparazione per ingiusta detenzione a un uomo, assolto dall’accusa di associazione mafiosa, solo perché frequentava persone con precedenti. La Corte ha stabilito che per negare il risarcimento non è sufficiente una generica imprudenza, ma il giudice deve dimostrare in modo specifico come quella condotta abbia causato direttamente il provvedimento di detenzione.

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Occupazione abusiva demanio: reato senza sgombero

Un commerciante ricorre contro il sequestro di un box su area demaniale, sostenendo la liceità della sua condotta a seguito dell’annullamento dell’ordine di sgombero. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, affermando che il reato di occupazione abusiva demanio si configura per la sola mancanza di un titolo valido, indipendentemente dalla legittimità di atti amministrativi successivi.

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Presunzione esigenze cautelari: il tempo non basta

Un soggetto, indagato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ha impugnato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sostenendo che il tempo trascorso dai fatti avesse reso non più attuali le esigenze preventive. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che per reati di tale gravità vige una presunzione di esigenze cautelari. Tale presunzione non può essere superata dal solo decorso del tempo, specialmente di fronte a una comprovata pericolosità del sodalizio criminale e a un ruolo attivo dell’indagato.

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Rinnovazione esame imputato: obbligo in appello

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna d’appello per resistenza a pubblico ufficiale, stabilendo due principi fondamentali. Primo, la necessità della rinnovazione esame imputato quando la sua testimonianza è stata decisiva per l’assoluzione in primo grado. Secondo, l’obbligo di una motivazione rafforzata per ribaltare la sentenza precedente. Nonostante l’accoglimento del ricorso, il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione.

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Sequestro preventivo: termini e motivazione del riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo di un bene demaniale. La sentenza ribadisce principi fondamentali: il termine per il deposito della motivazione del riesame non è perentorio per le misure reali; il tribunale può integrare, ma non creare da zero, la motivazione del GIP sul ‘periculum in mora’; un regolamento comunale può legittimamente escludere il rinnovo tacito di una concessione, rendendo l’occupazione successiva abusiva.

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Peculato: ricorso inammissibile e condanna confermata

Un cassiere condannato per peculato per essersi appropriato di una piccola somma versata per una multa. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la condanna, a causa della genericità e manifesta infondatezza dei motivi, tra cui la prescrizione e la valutazione delle prove.

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Associazione a delinquere: limiti e prove necessarie

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9437/2025, si è pronunciata sul tema dell’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. La Corte ha annullato con rinvio la condanna di un imputato, ritenendo insufficiente la prova della sua partecipazione stabile al sodalizio criminale, distinguendola dalla mera attività di spaccio. Al contempo, ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli altri due coimputati per motivi procedurali e di merito, confermando le loro condanne. La decisione sottolinea il rigore necessario per dimostrare l’inserimento organico di un soggetto in una struttura criminale.

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Intraneità associativa: quando si è membri di un clan?

La Corte di Cassazione conferma la condanna per partecipazione ad associazione mafiosa, stabilendo che la prova della piena intraneità associativa può derivare dalla valutazione complessiva degli indizi. In questo caso, la detenzione di armi con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, unita ad altri elementi, ha dimostrato un’adesione stabile e volontaria al sodalizio, superando il concetto di mero favore personale a un singolo boss.

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Confisca del denaro: la Cassazione e la prova del nesso

La Cassazione Penale analizza la confisca del denaro alla luce di un nuovo principio delle Sezioni Unite. Anche se ora serve la prova del nesso causale tra denaro e reato per la confisca diretta, il ricorso di una società è stato rigettato. La Corte ha ritenuto sufficienti gli indizi sulla provenienza illecita delle somme, distinguendo tra confisca diretta del profitto e confisca per equivalente.

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Confisca di denaro: la prova del nesso è cruciale

La Corte di Cassazione esamina un caso di sequestro preventivo, affrontando la cruciale distinzione tra confisca diretta e per equivalente. Nonostante un recente cambio di giurisprudenza che ora richiede la prova del nesso causale per la confisca di denaro, la Corte ha rigettato il ricorso. Ha ritenuto sufficienti gli elementi indiziari che collegavano i fondi sequestrati al reato, qualificando il sequestro come funzionale a una confisca diretta.

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Errore di fatto: quando il ricorso in Cassazione è nullo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso straordinario per errore di fatto, presentato da due individui condannati per sequestro di persona a scopo di estorsione. Gli imputati, dopo essere stati truffati in un’operazione di cambio valuta, avevano sequestrato l’intermediaria per recuperare il denaro. Sostenevano che la Corte avesse commesso un errore di fatto non riconoscendo la complicità della vittima nella truffa. La Suprema Corte ha chiarito che il rimedio del ricorso straordinario serve a correggere errori percettivi (sviste), non a ottenere un nuovo esame del merito della causa, confermando così la condanna.

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Omessa comunicazione: quando è reato? La Cassazione

Un soggetto, già condannato per associazione mafiosa, acquistava un’auto usata per 13.000 euro senza darne comunicazione, come previsto dalla legge. La Corte di Cassazione ha annullato il sequestro del veicolo, stabilendo un principio fondamentale: l’omessa comunicazione variazioni patrimoniali non è punibile se, in concreto, la condotta non risulta offensiva per l’ordine pubblico. Il giudice deve sempre motivare perché la specifica omissione sia pericolosa, non potendo applicare la norma in modo automatico.

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