Un soggetto condannato per bancarotta ha impugnato la sentenza d'appello che, nel riconoscere la continuazione tra reati, aveva rideterminato la pena. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo un principio fondamentale: per stabilire quale sia il reato più grave ai fini del calcolo della pena unificata, si deve confrontare l'entità delle pene concretamente irrogate per i diversi reati, e non la loro gravità astratta. In questo caso, la pena per il reato 'sub iudice' (tre anni e sei mesi) era superiore a quella già passata in giudicato (due anni), giustificando la sua scelta come pena base.
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