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Giurisprudenza Penale

Pluralità di sentenze: l'assoluzione prevale sempre

Un individuo, condannato con sentenza definitiva e successivamente assolto per il medesimo fatto, si è visto negare dal giudice dell’esecuzione la revoca della condanna. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ribadendo un principio fondamentale in caso di pluralità di sentenze: l’assoluzione prevale sempre sulla condanna, salvo un’unica e specifica eccezione legata alla prescrizione. La sentenza sottolinea la preminenza del ‘favor rei’, ovvero la scelta più favorevole all’imputato, anche quando il secondo processo non avrebbe dovuto svolgersi.

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Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva negato l’applicazione della continuazione tra reati. La decisione è stata annullata per carenza di motivazione, poiché il giudice non aveva adeguatamente considerato gli elementi che collegavano un’estorsione a un’associazione di stampo mafioso. La Corte ha sottolineato la necessità di un’analisi approfondita per verificare l’esistenza di un unico disegno criminoso, rinviando il caso per un nuovo giudizio.

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Liberazione anticipata: infrazione disciplinare la nega

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego della liberazione anticipata a un detenuto a causa di un’infrazione disciplinare. La sentenza stabilisce che la violazione delle regole interne, come comunicare con un detenuto di un altro gruppo, è un sintomo decisivo della mancata partecipazione all’opera di rieducazione, giustificando così il rigetto del beneficio per il semestre in esame.

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Concorso di persone: quando si è complici di un reato?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per sequestro di persona a scopo di estorsione e lesioni personali, chiarendo la distinzione tra mera connivenza e concorso di persone. Secondo la Corte, intervenire in un sequestro già in atto, apportando un contributo materiale o morale al mantenimento della condotta criminosa, integra una piena partecipazione al reato. L’imputato, pur essendo arrivato sul luogo del delitto in un secondo momento, è stato ritenuto pienamente responsabile anche delle lesioni, a titolo di dolo eventuale, avendo accettato il rischio che l’azione violenta programmata potesse sfociare in un’aggressione fisica.

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Sospensione termini custodia cautelare: coesistenza

La Corte di Cassazione ha stabilito che diverse ordinanze di sospensione dei termini di custodia cautelare, basate su cause differenti (complessità del processo, legittimo impedimento, emergenza sanitaria), possono coesistere. Una successiva ordinanza per una causa specifica non annulla una precedente e più ampia sospensione disposta per la complessità del dibattimento. Il ricorso di un imputato che chiedeva la scarcerazione per superamento dei termini è stato rigettato, poiché la prima sospensione generale è rimasta valida nonostante le successive.

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Affidamento in prova: valutazione della personalità

La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto di un’istanza di affidamento in prova per un condannato a tre anni e undici mesi. La decisione si basa sulla valutazione negativa della personalità del soggetto, caratterizzata da una lunga storia criminale, assenza di stabilità lavorativa e, soprattutto, dalla mancanza di un percorso di revisione critica dei reati commessi. Secondo la Corte, per concedere l’affidamento in prova, non basta l’assenza di nuovi reati, ma sono necessari elementi positivi che dimostrino un reale cambiamento e un avvio verso la risocializzazione.

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Sospensione custodia cautelare: più cause sono valide?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La sentenza stabilisce che una prima ordinanza di sospensione custodia cautelare per particolare complessità del dibattimento non viene revocata né superata da successive e distinte ordinanze di sospensione per altre cause (come l’emergenza Covid o il legittimo impedimento). Secondo la Corte, le diverse cause di sospensione possono coesistere senza che le successive annullino l’efficacia più ampia della prima, che interrompe il decorso dei termini per l’intera durata del dibattimento.

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Competenza territoriale indebita percezione: decide Roma

In un caso di indebita percezione di fondi pubblici legati all’emergenza Covid-19, la Corte di Cassazione ha risolto un conflitto di giurisdizione tra tre tribunali. La sentenza chiarisce che la competenza territoriale per indebita percezione si radica nel luogo in cui ha sede l’ente pubblico che dispone il pagamento, e non dove il beneficiario riceve la somma. In questo caso, la competenza è stata attribuita al Tribunale di Roma, sede dell’Agenzia delle Entrate.

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Colloqui congiunti: inclusi suoceri e cognati

Un detenuto si è visto negare i colloqui con suoceri e cognata perché non conviventi. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che per il diritto ai colloqui congiunti, la nozione di ‘prossimo congiunto’ ex art. 307 c.p. si applica e include anche gli affini dello stesso grado, come suoceri e cognati, a prescindere dalla convivenza.

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Revoca confisca: prova nuova non decisiva

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso per la revoca confisca di alcuni immobili. La richiesta si basava su nuove prove (foto aeree) che avrebbero dovuto dimostrare la preesistenza dei beni al periodo di pericolosità sociale del proposto. La Corte ha ritenuto le prove non “decisive”, in quanto mostravano solo la sagoma degli edifici e non il loro completamento, confermando così la legittimità della misura di prevenzione patrimoniale.

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Disegno criminoso: quando non c'è continuazione

Un uomo, condannato per due tentati furti in abitazione a 13 giorni di distanza, ha richiesto l’applicazione del reato continuato, sostenendo un unico disegno criminoso. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la somiglianza dei reati e la vicinanza temporale non sono sufficienti a dimostrare un piano preordinato, distinguendolo da una generica scelta di vita criminale.

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Riciclaggio e prova: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione conferma la condanna per il reato di riciclaggio a carico di quattro persone accusate di aver alterato il numero di telaio di un miniescavatore. La sentenza chiarisce importanti principi sulla sufficienza della prova logica del delitto presupposto e sulla legittimità dell’uso di intercettazioni disposte in un altro procedimento, se connesso. Viene inoltre ribadito che la Corte d’Appello può riformare una sentenza di assoluzione senza rinnovare l’istruttoria se la sua decisione si basa su una diversa valutazione di prove documentali e non sulla credibilità dei testimoni.

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Opposizione a confisca: nullità senza udienza

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che respingeva un’opposizione a confisca senza aver prima tenuto un’udienza. Il caso riguardava somme di denaro sequestrate a un individuo condannato per reati di droga. La Suprema Corte ha ribadito che, in fase di esecuzione penale, l’opposizione a confisca deve sempre essere decisa dopo aver garantito il contraddittorio tra le parti in un’apposita udienza. La decisione presa ‘de plano’, cioè basata solo sugli atti, costituisce una violazione del diritto di difesa e comporta la nullità assoluta del provvedimento.

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Prova indiziaria: quando non basta per la condanna?

La Corte di Cassazione conferma l’assoluzione di un uomo accusato di lesioni stradali gravissime. Nonostante fosse il proprietario dell’auto pirata e il veicolo presentasse tracce biologiche della vittima, la prova indiziaria è stata ritenuta insufficiente. Gli indizi raccolti non hanno permesso di stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, che fosse lui alla guida al momento dell’incidente, validando così l’ipotesi alternativa che il veicolo potesse essere condotto da terzi.

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Reato continuato: la pena base secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, il quale contestava il calcolo della pena per il reato continuato. La Corte ha confermato la legittimità della decisione della Corte d’Appello di individuare come reato più grave, e quindi come pena-base, una violazione diversa e più severamente punita rispetto a quella usata in precedenti sentenze irrevocabili. È stato inoltre confermato il diniego della sospensione condizionale della pena, data la pluralità di precedenti specifici.

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Reato continuato: calcolo pena e recidiva qualificata

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso sul calcolo della pena per reato continuato. La Corte chiarisce che l’aumento per i reati satellite, in caso di recidiva qualificata, non può essere inferiore a un terzo della pena base, rendendo infondata la doglianza su una presunta illogicità del calcolo.

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Giudizio abbreviato: utilizzabili atti noti alla difesa

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulla validità degli atti processuali nel contesto del giudizio abbreviato. La sentenza analizza il caso di un documento probatorio acquisito materialmente solo dopo la richiesta di rito abbreviato da parte dell’imputato. La Corte ha stabilito che se l’atto, pur non essendo fisicamente nel fascicolo, era comunque noto alla difesa perché richiamato in altri provvedimenti, esso è pienamente utilizzabile. La conoscibilità effettiva prevale sul mero deposito formale, salvaguardando il diritto di difesa. Di conseguenza, i ricorsi degli imputati, basati anche su vizi nella determinazione della pena, sono stati dichiarati inammissibili.

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Ingiusta detenzione: quando la colpa la esclude?

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione che concedeva un risarcimento per ingiusta detenzione. Il caso riguardava un uomo, assolto dall’accusa di estorsione, che aveva accompagnato la vittima dall’estorsore. La Suprema Corte ha stabilito che la “colpa grave”, che esclude il diritto al risarcimento, non va intesa come colpa penale, ma va valutata oggettivamente. Il giudice deve verificare se la condotta dell’assolto, analizzata ex ante, abbia creato una situazione in cui l’intervento dell’autorità giudiziaria fosse prevedibile, a prescindere dall’intenzione di commettere un reato.

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Riparazione ingiusta detenzione e colpa grave

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza che negava la riparazione per ingiusta detenzione. La Corte ha chiarito che un reato diverso e successivo a quello per cui si è subita la custodia cautelare non può, da solo, costituire motivo di colpa grave per escludere il risarcimento, a meno che il giudice non motivi specificamente il nesso causale tra tale condotta e l’adozione della misura originaria.

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Riparazione ingiusta detenzione e colpa grave del reo

Un uomo, detenuto per oltre 18 mesi con accuse di associazione camorristica ed estorsione e poi pienamente assolto, si è visto negare la riparazione per ingiusta detenzione. La Corte d’Appello aveva ritenuto il suo linguaggio rude una “colpa grave”. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che la valutazione della colpa grave deve essere rigorosa, contestualizzata e non può basarsi su meri comportamenti “poco urbani”, soprattutto in caso di “ingiustizia formale” della misura cautelare. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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