Un uomo, condannato per sequestro di persona ed estorsione per aver costretto una vittima a rivelare i codici PIN del cellulare per effettuare bonifici, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che il fatto dovesse essere qualificato come rapina. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo la distinzione tra i due reati. Il caso verte sulla qualificazione giuridica dell’atto di costringere qualcuno a fornire informazioni digitali. La Corte ha stabilito che si tratta di estorsione e non di rapina, poiché il PIN è una mera informazione e non una ‘cosa mobile’ suscettibile di sottrazione fisica. La decisione sottolinea come la cooperazione forzata della vittima sia l’elemento chiave che definisce il reato di estorsione, differenziandolo dalla rapina, dove l’agente si impossessa direttamente del bene.
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