Una donna, assolta dall'accusa di associazione mafiosa, si è vista negare la riparazione per ingiusta detenzione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che la sua condotta, pur non essendo reato, ha costituito una "colpa grave". In particolare, l'essersi prestata a trasmettere messaggi per i figli detenuti ha creato una falsa apparenza di colpevolezza, contribuendo in modo decisivo al proprio arresto. Questa sentenza sottolinea come il comportamento personale possa precludere il diritto al risarcimento, anche in caso di successiva assoluzione.
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