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Diritto Penale

Confisca per peculato: come si calcola la quota?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21072/2024, interviene su un caso di peculato commesso in concorso tra un funzionario pubblico e privati cittadini. La Suprema Corte stabilisce un principio fondamentale per la confisca per peculato: qualora sia possibile determinare la quota di profitto effettivamente percepita da ciascun concorrente, la confisca diretta deve essere limitata a tale quota individuale (in questo caso, il 25% del totale) e non può estendersi all'intero profitto del reato. La sentenza annulla inoltre la confisca per alcuni imputati per i quali era stata disposta su beni immobili, configurandosi come confisca per equivalente non applicabile alla fattispecie.
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Abuso d’ufficio: la nuova legge e la motivazione
La Corte di Cassazione ha confermato l'assoluzione di alcuni amministratori pubblici accusati del reato di abuso d'ufficio per aver effettuato nomine senza motivazione. La sentenza chiarisce che, a seguito della riforma del 2020, il reato sussiste solo in caso di violazione di una 'specifica regola di condotta' prevista da una legge, che non lasci alcun margine di discrezionalità. La violazione del solo obbligo generale di motivazione, previsto dalla L. 241/1990, non è più sufficiente a integrare il delitto.
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Notifica domicilio eletto: annullata sentenza d’appello
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna della Corte d'appello per un vizio procedurale. La notifica del decreto di citazione a giudizio d'appello è stata erroneamente inviata alla PEC del difensore anziché al domicilio eletto dall'imputato durante l'udienza di convalida. La Suprema Corte ha stabilito che la volontà espressa dall'imputato in udienza prevale su qualsiasi altra dichiarazione precedente, rendendo nulla la notifica domicilio eletto e, di conseguenza, l'intero giudizio d'appello. Il caso è stato rinviato per un nuovo processo.
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Ludopatia e peculato: non è vizio di mente
Un direttore si appropriava di ingenti somme di denaro per finanziare la sua dipendenza dal gioco. La Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna per peculato, stabilendo che la sua ludopatia, pur essendo una patologia, non costituiva un vizio di mente in grado di escludere o diminuire la sua responsabilità penale. La Corte ha ritenuto che l'imputato avesse agito con piena consapevolezza e capacità organizzativa, elementi che dimostrano una sufficiente capacità di volere al momento del fatto.
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Tentata truffa CTU: la Cassazione sui compensi falsi
Un consulente tecnico d'ufficio (CTU) è stato accusato di tentata truffa per aver richiesto al giudice la liquidazione di compensi basati su fatture false. La Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato, distinguendolo dalla 'truffa processuale'. La Corte ha anche respinto l'eccezione di prescrizione, chiarendo il calcolo dei periodi di sospensione, inclusi quelli legati all'emergenza Covid-19. I ricorsi degli imputati sono stati dichiarati inammissibili.
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Conclusioni scritte difesa: quando l’omissione è nulla?
Un imputato, condannato per resistenza a pubblico ufficiale e furto, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando la mancata valutazione delle sue conclusioni scritte difesa da parte della Corte d'Appello. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che l'omissione non causa nullità se le conclusioni sono meramente formali e se non viene dimostrato un concreto pregiudizio per la difesa.
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Pena accessoria: quando va eliminata? Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione ha annullato una pena accessoria, consistente nell'interdizione dai pubblici uffici, poiché la pena principale era stata ridotta in appello a meno di tre anni di reclusione. La sentenza chiarisce che la pena accessoria non può sopravvivere se vengono a mancare i presupposti di legge, come in questo caso la durata della pena detentiva principale. La Corte ha quindi eliminato la sanzione accessoria senza necessità di un nuovo giudizio di merito.
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Sostituzione pena detentiva: quando il ricorso è generico
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. La richiesta di sostituzione pena detentiva è stata respinta perché formulata in modo generico, senza indicare i presupposti di legge, come la capacità patrimoniale dell'imputato. Anche il motivo sulle attenuanti generiche è stato giudicato manifestamente infondato.
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Intercettazioni: sì alle trascrizioni senza audio
La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per traffico di droga, stabilendo un principio chiave sull'uso delle intercettazioni. L'imputato sosteneva che le trascrizioni fossero inutilizzabili a causa della mancanza delle registrazioni audio originali. La Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che la scelta del giudizio abbreviato sana questo tipo di vizio procedurale, rendendo le trascrizioni delle forze dell'ordine una prova valida ai fini della decisione.
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Identificazione indagato: le chat Sky ECC bastano?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato accusato di narcotraffico internazionale, la cui identificazione si basava su chat criptate. La Corte sottolinea che per una valida contestazione dell'identificazione dell'indagato, è necessario affrontare tutti gli elementi indiziari (inclusi nomi e riferimenti geografici), non solo quelli ritenuti più deboli. Inoltre, viene ribadito che l'interpretazione del linguaggio cifrato è compito del giudice di merito e che le aggravanti, in fase cautelare, non sono di norma sindacabili in Cassazione.
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Concorso in spaccio: prestare un garage è reato?
Un soggetto viene posto in custodia cautelare per la detenzione di un ingente quantitativo di stupefacenti nel suo garage. L'indagato sostiene di aver solo prestato il locale a un conoscente, configurando una mera connivenza non punibile. La Corte di Cassazione, tuttavia, dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che la consegna delle chiavi del garage e di un'automobile costituisce un contributo attivo e consapevole, integrando così il reato di concorso in spaccio e non una semplice complicità passiva.
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Nullità processo cartolare: sentenza annullata
La Corte di Cassazione annulla una condanna per guida in stato di ebbrezza a causa di una nullità processo cartolare. La mancata comunicazione alla difesa delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, durante il giudizio d'appello svoltosi con rito scritto, ha integrato una violazione del diritto di partecipazione dell'imputato, determinando l'annullamento della sentenza con rinvio per un nuovo giudizio.
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Remissione di querela: estinzione reato stradale
La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per lesioni stradali (art. 590-bis c.p.) a seguito della remissione di querela presentata dalla persona offesa. Nonostante il ricorso del condannato fosse basato su vari motivi, l'atto di remissione, intervenuto durante il giudizio di legittimità, si è rivelato decisivo, portando all'estinzione del reato e alla chiusura definitiva del procedimento.
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Vizio di motivazione: Cassazione annulla condanna
La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente una sentenza di condanna per reati legati agli stupefacenti a causa di un grave vizio di motivazione. La Corte d'Appello non aveva risposto a specifici motivi di ricorso riguardanti la prova di alcuni capi d'imputazione e non aveva chiarito il percorso logico per la determinazione della pena. La causa è stata rinviata a un'altra Corte d'Appello per un nuovo giudizio su questi punti.
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Droga parlata: prova oltre ragionevole dubbio
La Cassazione annulla una condanna per narcotraffico basata su 'droga parlata' e supposizioni sulla natura di pacchi non ispezionati. La Corte ha stabilito che la prova deve essere fornita oltre ogni ragionevole dubbio, non bastando mere inferenze logiche non supportate da riscontri oggettivi.
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Gravi indizi di colpevolezza: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato contro un'ordinanza di arresti domiciliari per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio. La sentenza ribadisce che i gravi indizi di colpevolezza in fase cautelare richiedono un giudizio di qualificata probabilità e non una piena prova, e che la valutazione del giudice di merito sulla stabilità dei rapporti criminali non è sindacabile se logicamente motivata.
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Non menzione della condanna: la Cassazione decide
Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, ottiene la sospensione condizionale della pena ma non il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21038/2024, ha annullato la decisione su quest'ultimo punto, ritenendo la motivazione del diniego 'apparente' e insufficiente. Il giudice non può negare il beneficio con una formula generica, specialmente se ha già concesso la sospensione della pena. La condanna per il reato è stata comunque confermata.
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Omicidio stradale: quando la velocità è colpa
Un automobilista, condannato per omicidio stradale a causa di una velocità di 163 km/h su un limite di 70, ha presentato ricorso in Cassazione. Sosteneva che la colpa fosse del motociclista deceduto e che l'incidente fosse inevitabile. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l'eccesso di velocità è una causa determinante dell'evento. La condotta imprudente della vittima non esonera da responsabilità, poiché ogni guidatore deve prevedere e prevenire i pericoli. Rigettate anche le istanze sulla prescrizione e sulle attenuanti.
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Spaccio di lieve entità: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo infondati i motivi relativi alla qualificazione del reato, al trattamento sanzionatorio e al mancato riconoscimento di attenuanti. I giudici hanno stabilito che le censure sulla pericolosità sociale e sulla mancata applicazione di sanzioni sostitutive costituivano critiche di merito non ammissibili in sede di legittimità.
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Calcolo pena aggravante: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava il calcolo della riduzione di pena a seguito dell'esclusione di una circostanza aggravante. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla quantificazione della pena è di competenza dei giudici di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità, non riscontrata nel caso di specie. Il calcolo pena aggravante effettuato dalla Corte d'Appello è stato ritenuto corretto e privo di vizi logici.
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