La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso riguardante il concorso tra reati associativi, in particolare tra l'associazione di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.) e quella finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90). Gli imputati, condannati nei primi due gradi di giudizio per essere membri di un clan e della sua ramificazione dedita al narcotraffico, hanno impugnato la sentenza sostenendo che non si potesse essere condannati per entrambi i reati. La Suprema Corte ha rigettato e dichiarato inammissibili i ricorsi, confermando che i due reati sono autonomi, tutelano beni giuridici diversi (ordine pubblico il primo, salute pubblica il secondo) e possono quindi coesistere, configurando un'ipotesi di concorso di reati e non un concorso apparente di norme.
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