La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22820/2024, ha confermato l'inammissibilità di un appello penale a causa della mancata elezione di domicilio successiva alla sentenza di primo grado. Il caso riguardava due imputati il cui appello era stato respinto perché non conteneva la necessaria dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito introdotto dalla Riforma Cartabia (art. 581, comma 1-ter, c.p.p.). La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la norma impone un onere di collaborazione per accelerare i processi e che la dichiarazione deve essere successiva alla pronuncia impugnata e depositata unitamente all'atto di gravame, non potendo essere sanata da una precedente elezione di domicilio effettuata in fasi anteriori del procedimento.
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