Un coltivatore diretto confinante ha agito in giudizio per esercitare il diritto di prelazione agraria, sostenendo che i venditori avessero frazionato il terreno in modo fraudolento per impedirglielo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d'Appello. È stato stabilito che se la striscia di terreno non venduta, che interrompe la contiguità, possiede una propria autonomia funzionale e un'utilità agricola oggettiva, l'operazione è lecita. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
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