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Procedura Civile

Eccezione di arbitrato: come e quando sollevarla
Un'impresa edile ottiene un decreto ingiuntivo contro un cliente per lavori di ristrutturazione. Il cliente si oppone sollevando un'eccezione di arbitrato prevista nel contratto. L'impresa sostiene che l'eccezione sia tardiva e implicitamente rinunciata. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che l'eccezione di arbitrato irrituale non è una questione di competenza, ma di merito (improponibilità della domanda), e deve essere sollevata tempestivamente nel primo atto difensivo, come correttamente fatto dal cliente.
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Qualifica superiore: la Cassazione conferma il diritto
Un dipendente di una società di telecomunicazioni ha ottenuto il riconoscimento della qualifica superiore per le mansioni effettivamente svolte. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, respingendo il ricorso dell'azienda. L'ordinanza ribadisce anche un importante principio: la prescrizione dei crediti di lavoro, come le differenze retributive, decorre dalla fine del rapporto a causa della mancanza di stabilità introdotta dalle recenti riforme.
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Avvocato distrattario: niente equa riparazione
Un avvocato, in qualità di difensore distrattario, ha richiesto un'equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo e della successiva fase di esecuzione per il recupero delle sue spese. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che l'avvocato distrattario non è una parte del giudizio di merito e, pertanto, non può lamentare la sua irragionevole durata. Il suo diritto a un processo celere sorge solo nella fase esecutiva da lui stesso avviata, la quale, nel caso specifico, non è stata ritenuta eccessivamente lunga.
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Rinuncia progressione: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ente pubblico contro la sentenza che riconosceva a un dipendente il diritto alla progressione di carriera. Il lavoratore aveva manifestato la volontà di rinunciare alla progressione per partecipare a un corso di formazione, ma la rinuncia era condizionata al superamento del corso, cosa non avvenuta. Il ricorso dell'ente è stato giudicato inammissibile perché non ha impugnato tutte le autonome ragioni (rationes decidendi) su cui si fondava la decisione della Corte d'Appello e perché ha introdotto nuove questioni di fatto non esaminabili in sede di legittimità.
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Cancellazione società: che fine fanno i crediti?
Un'ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce il destino dei crediti di una società a seguito della sua estinzione. Il caso riguardava una richiesta di pagamento per un subappalto. Durante il giudizio, la società creditrice veniva cancellata dal registro imprese. Il debitore sosteneva che la cancellazione della società comportasse l'abbandono del credito. La Suprema Corte ha rigettato questa tesi, stabilendo che i crediti certi, liquidi ed esigibili, già accertati in primo grado e inseriti in bilancio, non si estinguono ma si trasferiscono ai soci per successione universale, i quali possono proseguire l'azione legale.
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Valutazione complessiva addebiti: Cassazione chiarisce
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16065/2024, ha rigettato il ricorso di un'azienda sanitaria che aveva licenziato una dipendente per una serie di condotte disciplinari. La Corte ha stabilito che la valutazione complessiva degli addebiti, richiesta dal datore di lavoro, presuppone che ogni singolo fatto sia stato prima provato e giudicato disciplinarmente rilevante. Poiché i giudici di merito avevano escluso la sussistenza o la rilevanza delle singole contestazioni (insubordinazione, sottrazione di un farmaco, induzione a falsa testimonianza), non era possibile procedere a una valutazione unitaria che giustificasse il licenziamento, confermando così l'illegittimità del recesso.
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Licenziamento ingiurioso: quando spetta il danno?
Un lavoratore, il cui licenziamento era già stato dichiarato illegittimo, ha chiesto un ulteriore risarcimento sostenendo la natura ingiuriosa del recesso. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, chiarendo che per un licenziamento ingiurioso non basta l'illegittimità, ma occorre provare un 'quid pluris', ovvero specifiche modalità offensive o una pubblicità lesiva del provvedimento, prova che in questo caso non è stata fornita.
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Interessi art. 1284 c.c.: la Cassazione attende le S.U.
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un ricorso che solleva la questione dell'applicabilità degli interessi moratori ex art. 1284 c.c., comma 4, anche alle obbligazioni non derivanti da contratto. In attesa di una pronuncia delle Sezioni Unite sulla stessa materia, la Corte ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, evidenziando l'importanza di un'interpretazione uniforme riguardo agli interessi art. 1284 c.c.
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Equa riparazione: due giudizi separati, due scadenze
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16062/2024, ha stabilito che, ai fini dell'equa riparazione per irragionevole durata del processo, i giudizi per l'accertamento del diritto (an debeatur) e per la liquidazione del danno (quantum debeatur), se instaurati separatamente, sono autonomi. Di conseguenza, il termine per chiedere l'indennizzo per la durata eccessiva del primo giudizio decorre dalla sua conclusione e non da quella del secondo, rendendo tardiva la domanda presentata dopo molti anni.
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Occupazione usurpativa: quando si calcola il danno?
Analisi di un'ordinanza della Cassazione sull'occupazione usurpativa. La Corte stabilisce che il risarcimento del danno per l'esproprio illecito deve essere calcolato in base al valore del terreno al momento della proposizione della domanda giudiziale e non al momento della trasformazione fisica del bene.
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Disapplicazione atto amministrativo: i limiti del giudice
Un laboratorio privato ha citato in giudizio un'azienda sanitaria pubblica per sconti tariffari applicati nel 2009, basati su un decreto regionale retroattivo. I tribunali hanno respinto la richiesta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo i limiti alla disapplicazione di un atto amministrativo da parte del giudice civile, specialmente quando l'atto è la causa diretta della lesione del diritto e non un semplice antecedente logico.
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Appello incidentale tardivo: quando è ammissibile?
Un ente previdenziale, dopo aver ottenuto in primo grado la condanna del responsabile di un sinistro, si vede rigettare la domanda contro la compagnia assicuratrice. Quando il responsabile impugna la sentenza, l'ente propone un appello incidentale tardivo contro l'assicurazione. La Cassazione chiarisce che l'appello incidentale tardivo è ammissibile, poiché l'interesse a impugnare sorge proprio dalla messa in discussione, da parte dell'appellante principale, dell'assetto di interessi definito in primo grado.
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Liquidazione spese legali: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale relativi a una decisione sulla liquidazione spese legali emessa dalla Corte d'Appello in sede di rinvio. La controversia originava da una disputa sui confini di proprietà. Il ricorso principale è stato depositato tardivamente, mentre quello incidentale mancava della specificità necessaria per contestare il calcolo dei costi, ritenuto conforme alle precedenti direttive della stessa Corte Suprema.
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Amministrazione di sostegno e procura: quale prevale?
Un amministratore di sostegno, figlio della beneficiaria, si vede respingere i rendiconti per prelievi ingiustificati. Invoca una precedente procura a suo favore, ma la Cassazione rigetta il ricorso. La nomina in amministrazione di sostegno, afferma la Corte, supera e sostituisce la procura volontaria, imponendo i limiti e le autorizzazioni del giudice tutelare.
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Istanze istruttorie: quando reiterarle in giudizio
Una società ha visto le sue richieste di prova respinte in appello per una presunta mancata reiterazione. La Cassazione ha annullato la decisione, chiarendo che il richiamo alle conclusioni dell'atto introduttivo, che contenevano le istanze istruttorie, è sufficiente a manifestare la volontà di insistervi. La Corte ha colto l'occasione per ribadire le corrette modalità procedurali per la richiesta dei termini e la formulazione delle istanze istruttorie.
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Impugnazione delibera assembleare: diritti del socio
La Corte di Cassazione respinge il ricorso di una S.r.l., confermando l'annullamento di una delibera di approvazione del bilancio. L'impugnazione delibera assembleare è legittima per i soci, anche in caso di quote in pegno o di contestata qualifica di socio. La Corte ribadisce come fondamentale il diritto all'informazione tramite il preventivo deposito del progetto di bilancio presso la sede sociale.
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Onere della contestazione: fatto o qualificazione?
La Corte di Cassazione chiarisce che l'onere della contestazione, previsto dal codice di procedura civile, si applica solo ai fatti storici e non alle qualificazioni giuridiche. In un caso relativo a un rapporto di conto corrente bancario, la Corte ha stabilito che definire il rapporto come "unitario" nonostante il susseguirsi di tre diverse banche è una valutazione giuridica. Di conseguenza, la mancata contestazione specifica da parte della banca su questo punto non implica l'ammissione della sua unitarietà. Il ricorso dei correntisti è stato quindi respinto.
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Mansioni superiori: no paga extra senza posto in organico
Un operatore sanitario ha svolto per anni compiti dirigenziali, ma la Corte di Cassazione ha negato il suo diritto a una retribuzione maggiore per mansioni superiori. La ragione fondamentale è stata l'assenza di una corrispondente posizione dirigenziale nell'organigramma ufficiale dell'azienda ospedaliera. La Corte ha ribadito che, senza un posto formalmente istituito, non sorge alcun diritto a differenze retributive.
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Mansioni superiori: non basta la specializzazione
Un dipendente di un'azienda sanitaria, inquadrato in categoria D, svolgeva mansioni di micologo e chiedeva il riconoscimento delle mansioni superiori corrispondenti al livello economico DS. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16042/2024, ha annullato la decisione di merito favorevole al lavoratore. Ha chiarito che per ottenere il livello DS non è sufficiente la specializzazione o l'assunzione di responsabilità, ma è necessario provare un 'quid pluris': ampie funzioni di direzione, coordinamento e gestione di risorse, che nel caso specifico non erano state verificate.
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Conoscenza del fallimento: prova a carico del curatore
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16041/2024, ha accolto il ricorso di un istituto di credito la cui domanda di ammissione al passivo era stata dichiarata inammissibile per tardività. La Corte ha stabilito che la prova della conoscenza del fallimento da parte del creditore non può essere meramente presuntiva, ma deve essere fornita in modo certo e concreto dal curatore fallimentare. Il provvedimento del Tribunale, basato su una motivazione contraddittoria, è stato cassato con rinvio per un nuovo esame.
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