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Giurisprudenza Civile

Indennità di preavviso: sì al cumulo con il risarcimento
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3247/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di licenziamento illegittimo. Anche se al lavoratore spetta un'indennità risarcitoria definita "onnicomprensiva", questa non assorbe l'indennità di mancato preavviso. La Corte ha chiarito che le due tutele hanno funzioni diverse e tra loro compatibili: la prima sanziona l'illegittimità del recesso, mentre la seconda compensa il danno economico derivante dalla sua improvvisa risoluzione. Pertanto, in caso di licenziamento illegittimo intimato senza il dovuto preavviso, il lavoratore ha diritto a entrambe le indennità.
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Doppia conforme e ricorso: quando è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un ex coniuge riguardante la durata e la gestione di un'impresa familiare. La decisione si fonda sul principio della "doppia conforme": quando due sentenze di merito (primo grado e appello) giungono alla stessa conclusione basandosi sui medesimi fatti, il ricorso per omesso esame di un fatto decisivo è precluso. Inoltre, un motivo di ricorso è stato respinto per difetto di autosufficienza, non avendo riportato gli elementi essenziali per la sua valutazione.
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Onere di contestazione: limiti e onere della prova
Una società appaltatrice richiede il pagamento per opere in variante e danni da ritardo. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3248/2024, chiarisce i limiti del principio di non contestazione. Mentre la mancata contestazione può rafforzare una pretesa già supportata da altre prove (come per le opere extra), non può sostituire l'onere della prova per richieste generiche, come il risarcimento del danno per spese generali. In questo caso, l'attore deve fornire una base fattuale specifica, altrimenti la domanda non può essere accolta sulla sola base della mancata contestazione dell'avversario.
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Nullità urbanistica: la Cassazione chiarisce i limiti
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello che aveva dichiarato la nullità di alcuni contratti di leasing immobiliare a causa di difformità urbanistiche. Il caso riguardava la vendita di unità immobiliari risultate non conformi al titolo edilizio originario. La Suprema Corte ha ribadito il principio, stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui la nullità urbanistica è di tipo 'testuale': il contratto è nullo solo se nell'atto non vengono menzionati gli estremi del titolo abilitativo (permesso di costruire, etc.). Se il titolo è menzionato, esiste ed è riferibile all'immobile, il contratto è valido, a prescindere da eventuali difformità non totali tra l'immobile e il progetto approvato.
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Responsabilità direttore lavori: la guida completa
Un direttore dei lavori è stato ritenuto responsabile in solido con l'appaltatore per vizi costruttivi derivanti dall'uso di un intonaco in condizioni climatiche avverse. La Cassazione ha confermato la sua colpa per omessa vigilanza, specificando che l'assenza dal cantiere non è una scusante. Tuttavia, ha accolto il ricorso riguardo la copertura assicurativa, stabilendo che l'assicurazione deve coprire l'intera somma dovuta al danneggiato, e non solo la quota di responsabilità del professionista.
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Rinuncia ricorso Cassazione: effetti e spese legali
Una lavoratrice del settore sanitario, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza d'appello sfavorevole in materia di differenze retributive, ha presentato una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del giudizio, chiarendo che la rinuncia al ricorso in Cassazione non necessita di accettazione per essere efficace, e ha condannato la parte rinunciante al pagamento delle spese processuali.
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Giudizio di rinvio: limiti e inammissibilità
Una società contesta la condanna a restituire una somma a un'università, sollevando questioni di legittimazione processuale e di imputazione del pagamento. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che nel giudizio di rinvio non si possono riproporre questioni già decise, anche implicitamente, nella precedente sentenza di cassazione. La Corte ha inoltre ritenuto infondata la pretesa di imputare il pagamento ad altri debiti, data la causale specifica del versamento, condannando la società per lite temeraria.
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Notifica decreto espulsione: è nulla se non compresa
La Corte di Cassazione ha annullato un'ordinanza del Giudice di Pace che convalidava un'espulsione. La notifica del decreto di espulsione era stata fatta a una cittadina moldava in italiano e inglese, lingue che lei non conosceva. La Corte ha stabilito che la mera permanenza sul territorio nazionale non è sufficiente per presumere la conoscenza della lingua italiana e che l'onere di provare la comprensione dell'atto da parte del destinatario spetta all'amministrazione.
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Premio di rendimento: quando spetta al dipendente?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di un dipendente a percepire il premio di rendimento non deriva dalla semplice previsione di una spesa nel bilancio aziendale, ma è strettamente subordinato al raggiungimento di obiettivi specifici e prefissati dal datore di lavoro, come previsto dai contratti collettivi. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva riconosciuto il bonus a un dipendente di un istituto di credito nonostante il mancato raggiungimento degli utili prefissati per gli anni in questione, sottolineando l'errata interpretazione delle norme contrattuali.
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Licenziamento illegittimo per assenza: quando è lecito
Un'azienda di trasporti licenzia un dipendente per assenze ingiustificate, ma la Corte di Cassazione conferma che si tratta di un licenziamento illegittimo. Le assenze del lavoratore erano una reazione legittima all'inadempimento del datore di lavoro, che non aveva mai specificato le mansioni da svolgere né fornito gli strumenti necessari. La Corte ha ritenuto proporzionato il rifiuto del dipendente di presentarsi al lavoro di fronte a una grave mancanza aziendale, annullando il provvedimento espulsivo e respingendo le eccezioni procedurali della società.
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Trasferimento d’azienda: licenziamento inefficace
La Corte di Cassazione chiarisce che in un trasferimento d'azienda, il licenziamento emesso dal precedente datore di lavoro dopo che la cessione è avvenuta è legalmente inefficace ('tamquam non esset'). Il rapporto di lavoro prosegue automaticamente con il nuovo titolare ai sensi dell'art. 2112 c.c., e non vi è alcun onere per il lavoratore di impugnare l'atto di recesso, in quanto proveniente da un soggetto non più legittimato. La Suprema Corte ha annullato la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato la decadenza dell'azione della lavoratrice.
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Deposito telematico sentenza: la Cassazione decide
Una società propone ricorso in Cassazione depositando telematicamente la sentenza impugnata, ma priva della stampigliatura di attestazione del deposito. La Corte di Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale sulla validità di tale deposito telematico sentenza, non decide il caso. Con ordinanza interlocutoria, rimette la questione alla pubblica udienza per ottenere una pronuncia definitiva data la particolare rilevanza della questione processuale.
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Licenziamento collettivo: limiti geografici illegittimi
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 3258/2024, ha respinto il ricorso di un'azienda, confermando l'illegittimità di un licenziamento collettivo. La Corte ha ribadito che la platea dei lavoratori da considerare per la scelta non può essere limitata a una singola sede geografica senza valide ragioni tecnico-produttive, anche in presenza di altre sedi distanti. La violazione di tale principio costituisce un vizio sostanziale che comporta la reintegrazione del lavoratore.
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Licenziamento per giusta causa: la Cassazione conferma
La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per giusta causa di un dipendente di banca, figura apicale di filiale, per gravi irregolarità nella gestione di un conto corrente. L'ordinanza sottolinea l'inammissibilità del ricorso basato su un presunto travisamento della prova, in presenza di una "doppia conforme", ovvero due sentenze di merito con la stessa valutazione dei fatti. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza giuridica della decisione, ritenendo la motivazione della Corte d'Appello adeguata e non apparente.
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Revoca finanziamento e affidamento incolpevole
Una società si oppone alla restituzione di un finanziamento pubblico, sostenendo di aver agito in buona fede. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la revoca del finanziamento, se causata da negligenza della società stessa, esclude la tutela del legittimo affidamento. L'ordinanza sottolinea anche l'inammissibilità dei ricorsi che confondono i motivi di impugnazione e condanna la società per lite temeraria, confermando la richiesta di restituzione delle somme.
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Prova del mutuo: non basta la consegna del denaro
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3246/2024, ha rigettato il ricorso di un uomo che chiedeva la restituzione di oltre 87.000 euro dalla sua ex compagna, sostenendo che si trattasse di un prestito. La Corte ha stabilito che per la prova del mutuo non è sufficiente dimostrare la sola consegna del denaro, ma è necessario provare anche il titolo giuridico che fonda l'obbligo di restituzione. La valutazione delle prove, come testimonianze o email, spetta al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.
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Compensi avvocato: la competenza del giudice
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3221/2024, ha stabilito un principio fondamentale sulla competenza per i compensi avvocato. In un caso riguardante la richiesta di pagamento di onorari per prestazioni svolte in più gradi di giudizio, la Corte ha annullato la decisione del Tribunale che confermava la competenza del Giudice di Pace. È stato chiarito che la competenza a decidere sulla liquidazione dei compensi spetta all'ufficio giudiziario che ha trattato l'ultimo grado della causa in cui l'avvocato ha prestato la sua opera, in questo caso la Corte d'Appello. Questa decisione mira a garantire un'analisi complessiva del lavoro del legale e a promuovere l'economia processuale.
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Indennità di mancato preavviso: cumulo con risarcimento
Una società datrice di lavoro ha impugnato una decisione che riconosceva a due ex dipendenti, licenziati illegittimamente, sia l'indennità risarcitoria che l'indennità di mancato preavviso. Secondo la società, la prima, essendo "onnicomprensiva", doveva assorbire la seconda. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che le due indennità hanno funzioni distinte e cumulabili. L'indennità risarcitoria compensa l'illegittimità del recesso, mentre l'indennità di mancato preavviso risarcisce il danno derivante dalla cessazione improvvisa del rapporto.
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Qualificazione giuridica del contratto: quando è lecita
Un'azienda ottiene un decreto ingiuntivo contro un soggetto sulla base di una scrittura privata, qualificata come riconoscimento di debito. Il debitore, in corso di causa, propone una diversa qualificazione giuridica del contratto, definendolo come espromissione. La Corte d'Appello la ritiene una domanda nuova e inammissibile. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ribalta la decisione, stabilendo che modificare la qualificazione giuridica del contratto, a parità di fatti, non costituisce una domanda nuova ed è un'attività consentita, spettando primariamente al giudice il compito di inquadrare legalmente i fatti di causa.
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Premio di rendimento: spetta se mancano gli obiettivi?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto al premio di rendimento non deriva dalla sola previsione di una spesa in bilancio, ma è subordinato al raggiungimento di obiettivi specifici prefissati dall'azienda. Accogliendo il ricorso di un istituto di credito, la Suprema Corte ha cassato la decisione di merito che aveva riconosciuto il bonus a una dipendente nonostante il mancato raggiungimento dei risultati economici richiesti, sottolineando la natura discrezionale dell'istituzione del premio da parte del datore di lavoro, come previsto dal contratto collettivo nazionale.
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