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Giurisprudenza Civile

Risarcimento frode sportiva: onere della prova

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di risarcimento frode sportiva derivante da un noto scandalo calcistico. La Corte ha rigettato le richieste di due società, una per un vizio procedurale di tardiva riassunzione del giudizio, l’altra per non aver provato il nesso di causalità tra la frode e la retrocessione subita. L’ordinanza chiarisce che spetta al danneggiato dimostrare che, senza l’illecito, l’esito del campionato sarebbe stato diverso, e ribadisce l’inammissibilità della richiesta di danni da parte del socio per un pregiudizio diretto alla società (danno riflesso).

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Responsabilità esecutore lavori: chi paga i danni?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la persona che esegue materialmente lavori di ristrutturazione causando danni a terzi è direttamente responsabile, anche se non è il proprietario dell’immobile. In questo caso, un uomo aveva causato il cedimento di un solaio eseguendo lavori nell’appartamento di proprietà della moglie. La Corte ha rigettato la sua difesa basata sulla mancanza di titolarità dell’immobile, confermando la sua piena responsabilità esecutore lavori in quanto autore materiale del danno.

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Risarcimento danno reputazione: no a prove in re ipsa

La Corte di Cassazione conferma la condanna per due condomini che avevano accusato l’amministratore di appropriazione indebita in un ricorso. Si stabilisce che il risarcimento danno reputazione non è automatico (non è ‘in re ipsa’), ma può essere provato tramite presunzioni basate sulla gravità dell’accusa, la sua diffusione e il ruolo professionale della vittima. L’accusa, sebbene basata su un’operazione contabile reale, è stata ritenuta diffamatoria perché presentata in modo strumentale e allusivo, eccedendo le necessità difensive.

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Errore di fatto: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6122/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione, sottolineando la distinzione tra un vero errore di fatto e il tentativo di riproporre censure di merito. Il caso riguardava un’opposizione in una procedura esecutiva immobiliare. La Corte ha chiarito che la revocazione è ammissibile solo per una svista materiale su atti processuali, non per contestare la valutazione giuridica della Corte stessa.

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Clausola di salvaguardia: sì ai docenti precari

Una docente, precedentemente impiegata con contratti a tempo determinato e poi assunta a tempo indeterminato, ha richiesto l’applicazione della “clausola di salvaguardia” prevista dal CCNL del 2011, che tutelava il trattamento retributivo preesistente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando il carattere discriminatorio dell’esclusione dei docenti precari da tale beneficio. La Corte ha specificato che un eventuale regime più favorevole nella ricostruzione di carriera non può giustificare una discriminazione stipendiale basata sulla natura del contratto di lavoro.

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Personale docente: no alla discriminazione retributiva

La Corte di Cassazione conferma il principio di non discriminazione per il personale docente assunto a tempo determinato e poi immesso in ruolo. È illegittima la norma contrattuale che esclude i precari dalla ‘clausola di salvaguardia’ retributiva, anche se hanno beneficiato di una ricostruzione di carriera favorevole. La discriminazione va valutata sulla singola condizione di impiego e non con una comparazione globale dei trattamenti.

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Licenziamento disciplinare: quando inizia il termine?

La Corte di Cassazione conferma un licenziamento disciplinare, chiarendo due principi chiave. Primo: il datore di lavoro è l’ente che stipula il contratto, non quello che lo finanzia. Secondo: il termine per concludere il procedimento disciplinare decorre non dalla mera notizia del fatto, ma dall’acquisizione di tutti gli elementi necessari a una valutazione completa della condotta del dipendente.

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Licenziamento disciplinare: quando scatta il termine?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6136/2025, ha rigettato il ricorso di un dirigente pubblico contro il suo licenziamento disciplinare. La Corte ha stabilito che il termine per avviare l’azione disciplinare (dies a quo) non decorre da una mera segnalazione interna, ma dal momento in cui l’amministrazione ha un quadro completo dei fatti a seguito degli accertamenti necessari. Inoltre, ha confermato che l’archiviazione di un procedimento penale non influisce sulla legittimità del licenziamento disciplinare basato su illeciti amministrativo-contabili.

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Manleva assicurativa: quando scatta la seconda polizza?

La Corte di Cassazione chiarisce le condizioni per l’attivazione di una polizza assicurativa ‘a secondo rischio’. In un caso di responsabilità medica, la Corte ha respinto il ricorso di una dottoressa che chiedeva di essere tenuta indenne dalla propria assicurazione, poiché non era stato dimostrato il superamento del massimale della polizza primaria dell’azienda sanitaria. La decisione sottolinea l’importanza di provare le condizioni contrattuali per ottenere la manleva assicurativa.

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Licenziamento per assenze ingiustificate: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per assenze ingiustificate di una dipendente pubblica. La sentenza stabilisce che, ai fini della valutazione della proporzionalità della sanzione, il giudice può considerare l’intera condotta del lavoratore, inclusa la mancata adesione a un piano di recupero per assenze precedenti, anche se non formalmente contestate. Tale comportamento complessivo è stato ritenuto idoneo a ledere in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro.

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Natura demaniale dei suoli: chi decide? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di diverse amministrazioni pubbliche in una controversia sulla proprietà di alcuni terreni costieri. È stata confermata la giurisdizione del giudice ordinario civile per accertare la natura demaniale dei suoli, in quanto questione relativa a diritti soggettivi, anche se connessa a una richiesta di risarcimento per occupazione illegittima, potenzialmente di competenza amministrativa. La Corte ha stabilito che la domanda di accertamento della proprietà privata implica necessariamente la contestazione della demanialità, senza costituire una modifica inammissibile della domanda.

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Licenziamento disciplinare: quando inizia il termine?

Una dipendente pubblica impugna il proprio licenziamento disciplinare per falsa attestazione della presenza, sostenendo la tardività della contestazione. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, stabilendo che il termine per l’azione disciplinare decorre non dal mero sospetto, ma dal momento in cui l’amministrazione acquisisce piena conoscenza dei fatti, in questo caso tramite l’accesso al fascicolo penale. La Corte ha ritenuto che solo in quel momento l’ente avesse tutti gli elementi per una contestazione fondata, confermando la legittimità del licenziamento.

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Scorrimento graduatoria: chi decide? La Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito la questione della giurisdizione in materia di scorrimento graduatoria nel pubblico impiego. Il caso riguardava alcuni candidati risultati idonei in un concorso pubblico che, anziché essere assunti, vedevano l’ente locale indire nuove procedure selettive interne. La Suprema Corte ha stabilito che la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, e non a quello ordinario, quando la pretesa all’assunzione non si basa su un semplice diritto allo scorrimento, ma consegue alla contestazione delle scelte discrezionali e di macro-organizzazione della Pubblica Amministrazione, come l’indizione di nuovi concorsi. Tale contestazione investe l’esercizio del potere pubblico, tutelando una posizione di interesse legittimo.

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Perdita di chance: prova necessaria per il risarcimento

Una dipendente pubblica, a seguito dell’annullamento di una sua valutazione negativa, ha richiesto un risarcimento per la mancata progressione economica. I tribunali di merito hanno respinto la domanda per mancanza di prove concrete sulla perdita di chance. La Corte di Cassazione ha confermato tali decisioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza sottolinea che l’illegittimità di un atto non comporta un risarcimento automatico: è onere del lavoratore dimostrare, con prove concrete, di aver perso una reale e significativa opportunità di avanzamento.

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Progressione economica: valutazione titoli e buona fede

Un dipendente pubblico ha contestato l’esito di una selezione interna per una progressione economica, lamentando la mancata valutazione di alcuni titoli. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che, sebbene il datore di lavoro pubblico debba agire secondo buona fede, il lavoratore ha l’onere di provare in modo specifico le proprie doglianze. La Corte ha inoltre chiarito che un incarico di coordinamento non equivale automaticamente a mansioni di livello superiore.

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Perdita di chance: risarcimento e giurisdizione

Una lavoratrice del settore pubblico ha ottenuto un risarcimento per perdita di chance dopo che un ritardo nell’inquadramento le ha impedito di partecipare a una selezione per una posizione superiore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso dell’Amministrazione. L’ordinanza chiarisce importanti aspetti sulla giurisdizione del giudice ordinario in materie connesse a precedenti giudizi amministrativi e sulla corretta riproposizione delle domande in appello.

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Sospensione cautelare: quando è illegittima a scuola

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6168/2025, ha stabilito l’illegittimità della sospensione cautelare di un dipendente scolastico se non preceduta dall’avvio di un procedimento disciplinare. Il caso riguardava un provvedimento di sospensione emesso da un dirigente scolastico, annullato in primo e secondo grado. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, chiarendo che la sospensione cautelare facoltativa è uno strumento accessorio e non può essere adottata in autonomia, ma deve necessariamente collegarsi a un procedimento disciplinare già esistente, come previsto dalla contrattazione collettiva.

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Minimale contributivo: appello inammissibile

Un ente previdenziale contesta a una società il mancato versamento del minimale contributivo. La Corte di Cassazione dichiara l’appello inammissibile perché l’ente introduce una questione nuova, diversa da quella discussa nei gradi di merito, violando i principi processuali.

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Sospensione cautelare illegittima: le conseguenze

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’Amministrazione Pubblica, confermando l’illegittimità di una sanzione disciplinare espulsiva. La decisione si fonda sul fatto che una sospensione cautelare illegittima rende nullo il periodo di sospensione, causando la scadenza dei termini per irrogare la sanzione finale e generando il diritto al risarcimento del danno per responsabilità contrattuale.

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Verifica negativa dipendente: la valutazione a 360°

Un ricercatore di un ente pubblico si è visto negare una progressione economica a causa di una verifica negativa dipendente. La valutazione contestava non solo ritardi nella produzione scientifica, ma anche una generale mancanza di collaborazione. L’interessato ha sostenuto che la valutazione dovesse limitarsi ai risultati scientifici documentati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la verifica dell’attività lavorativa deve essere ‘a tutto tondo’, includendo quindi la regolarità complessiva della prestazione, la collaborazione e l’adempimento dei doveri d’ufficio, non solo la qualità tecnica della ricerca.

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