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Giurisprudenza Civile

Stabilizzazione precari: l’assunzione non cancella i danni
Un lavoratore con multipli contratti a termine ha citato in giudizio un'azienda sanitaria per i danni subiti. Nonostante sia stato assunto a tempo indeterminato durante il processo, la Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto al risarcimento per l'abuso passato non viene automaticamente meno. La Corte ha precisato che la stabilizzazione precari è un rimedio valido solo se è una conseguenza diretta di misure volte a superare la precarietà, e non il risultato di un concorso generico. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Cessazione materia del contendere: accordo e spese
Un lavoratore ricorre in Cassazione contro una società energetica. Le parti raggiungono un accordo transattivo e chiedono la cessazione della materia del contendere. La Corte accoglie la richiesta, dichiarando estinto il giudizio e compensando le spese, poiché l'accordo ha risolto la controversia.
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Indennità sostitutiva ferie: onere della prova del datore
Un'azienda sanitaria è stata condannata a pagare l'indennità sostitutiva per le ferie non godute a un suo dirigente medico al momento della pensione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che spetta al datore di lavoro dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni di fruire delle ferie, anche in caso di personale dirigente.
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Revocatoria rimesse bancarie: il saldo di fine giornata
Una società in amministrazione straordinaria ha intentato un'azione di revocatoria rimesse bancarie contro un istituto di credito. Il fulcro della controversia era il metodo di calcolo degli importi da restituire (saldo di fine giornata contro saldo infra-giornaliero) e la prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca. La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, stabilendo che, in assenza di una prova certa sulla cronologia delle operazioni giornaliere, il criterio corretto da applicare è quello del saldo di fine giornata. La Corte ha inoltre confermato la valutazione dei giudici di merito sulla consapevolezza della banca dello stato di crisi dell'impresa.
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Rinuncia al ricorso: No al doppio contributo unificato
Un lavoratore aveva impugnato in Cassazione la decisione che negava il suo diritto a un superiore inquadramento professionale. In seguito alla rinuncia al ricorso da parte del lavoratore, accettata dalla società datrice di lavoro, la Corte ha dichiarato l'estinzione del processo. La decisione chiarisce un punto fondamentale: in caso di rinuncia al ricorso, il ricorrente non è tenuto al pagamento del doppio del contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione.
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Errore di fatto: quando il ricorso è inammissibile
Un contribuente, dopo aver visto il suo ricorso per cassazione respinto per difetto di autosufficienza, ha tentato la via della revocazione sostenendo un errore di fatto da parte della Corte. La Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato inammissibile anche questo ricorso, chiarendo che la valutazione sull'autosufficienza di un atto è un giudizio di diritto e non una percezione fattuale. Non si configura quindi un errore di fatto revocatorio quando il giudice valuta, e non ignora, gli elementi processuali presentati, anche se in modo ritenuto insufficiente dalla parte.
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Rinuncia al ricorso: no al doppio contributo
Un lavoratore, dopo aver impugnato in Cassazione una sentenza sfavorevole sul suo inquadramento professionale a seguito di una fusione aziendale, ha formalizzato una rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte. La Suprema Corte ha dichiarato l'estinzione del processo, chiarendo un importante principio: in caso di rinuncia al ricorso, il ricorrente non è tenuto al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto "raddoppio"), poiché tale misura si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione.
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Riconoscimento del debito: vale la nota del Comune?
La Corte di Cassazione ha stabilito che una semplice nota, sottoscritta da Sindaco e Segretario Comunale, non costituisce un valido riconoscimento del debito se non rispetta i requisiti formali e non esprime una chiara volontà di ammettere l'obbligazione. Di conseguenza, il creditore non è esonerato dall'onere di provare l'esistenza del proprio diritto. La sentenza chiarisce che l'atto deve essere inequivocabile e, per gli enti pubblici, supportato da una delibera formale.
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24 CFU abilitazione: non basta per la II fascia
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27482/2024, ha stabilito che il possesso di una laurea e di 24 CFU non equivale all'abilitazione all'insegnamento. Di conseguenza, gli aspiranti docenti con questi soli titoli non hanno diritto all'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, ma devono essere collocati nella terza. La sentenza chiarisce che i 24 CFU sono un requisito per partecipare ai concorsi, non un titolo abilitante di per sé. Viene così annullata la precedente decisione della Corte d'Appello che aveva accolto la richiesta di una docente.
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Cortile comune: la presunzione di condominialità
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27481/2024, ha stabilito che un cortile si presume di proprietà comune di tutti i condomini, inclusi i proprietari di negozi senza accesso diretto. Questa presunzione legale, basata sulla funzione del cortile di fornire aria e luce a tutto l'edificio, può essere superata solo da una clausola chiara ed esplicita nel titolo costitutivo del condominio che ne riservi la proprietà ad alcuni. La semplice assegnazione di posti auto in una porzione del cortile non è sufficiente a escludere gli altri dalla comproprietà dell'intera area.
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Responsabilità professionale geometra: il caso
Analisi di un'ordinanza della Cassazione sulla responsabilità professionale del geometra. Il caso riguarda la richiesta di risarcimento danni per la mancata approvazione di un piano di lottizzazione. La Suprema Corte ha escluso la responsabilità del tecnico, poiché l'insuccesso del progetto era dovuto a fattori esterni non imputabili alla sua condotta, come la necessità di acquisire terreni di terzi e le modifiche al piano regolatore comunale.
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Revoca gratuito patrocinio: chi può opporsi?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27479/2024, ha stabilito che l'avvocato non ha la legittimazione per opporsi alla revoca del gratuito patrocinio concesso al proprio cliente. Questo diritto spetta esclusivamente alla parte assistita. Di conseguenza, a seguito della revoca del beneficio, il difensore non può più chiedere la liquidazione del proprio compenso allo Stato, ma deve rivolgersi direttamente al cliente. La Corte ha chiarito che la mancata liquidazione è una conseguenza automatica della revoca, e non un atto autonomamente impugnabile dal legale.
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Motivi di appello: la specificità è cruciale
Un dipendente pubblico, dopo il rigetto della sua domanda di risarcimento per mobbing, si è visto dichiarare inammissibile l'appello per mancanza di specificità. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che i motivi di appello erano stati formulati in modo puntuale e critico rispetto alla sentenza di primo grado. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione della specificità non deve essere formalistica, ma deve verificare l'effettiva contestazione delle ragioni del primo giudice, rinviando il caso alla Corte d'Appello per una decisione nel merito.
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Donazione remuneratoria: quando non è revocabile?
Un uomo dona un immobile alla nipote. Anni dopo, la accusa di ingratitudine e chiede la revoca. La nipote si difende sostenendo fosse una donazione remuneratoria, quindi non revocabile. La Cassazione conferma la revoca, chiarendo che in assenza di prove concrete del carattere remuneratorio nell'atto, la donazione si considera ordinaria. La mancanza di un riferimento a servizi passati e la presenza di un onere per assistenza futura sono stati decisivi.
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Ricorso in Cassazione: il deposito della sentenza
La Corte di Cassazione dichiara improcedibile un ricorso a causa del mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata, completa di relata di notifica. L'ordinanza ribadisce che tale adempimento è essenziale per verificare la tempestività del ricorso in Cassazione, e la sua omissione non può essere sanata se non in casi eccezionali, non riscontrati nella fattispecie.
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Notifica appello lavoro: l’omissione è insanabile
La Cassazione ha confermato l'improcedibilità di un appello a causa della mancata notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza. L'ordinanza chiarisce che la precedente notifica per la sospensione dell'esecutività è irrilevante. L'omessa notifica appello lavoro è un vizio radicale e insanabile, che non consente al giudice di concedere un nuovo termine per la notifica.
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Recesso per inadempimento: la guida completa
La Corte di Cassazione conferma la legittimità del recesso per inadempimento esercitato dai promissari acquirenti di un immobile, a fronte del grave ritardo della società venditrice nella stipula del contratto definitivo. L'ordinanza chiarisce che il recesso ex art. 1385 c.c. è un rimedio autonomo che non richiede una clausola contrattuale specifica, a differenza del recesso convenzionale. La Corte ha ritenuto grave l'inadempimento della venditrice, giustificando la richiesta di restituzione del doppio della caparra.
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Correzione errore materiale: quando il giudice decide
Un contribuente ha richiesto la correzione di un errore materiale in un decreto della Cassazione, sostenendo di essere stato ingiustamente condannato a pagare le spese legali a favore dell'Agenzia delle Entrate, che riteneva non costituita, e contestando l'importo liquidato. La Corte ha rigettato l'istanza, chiarendo che non sussiste errore materiale. L'Agenzia era regolarmente costituita e la liquidazione delle spese rientra nel potere discrezionale del giudice, non vincolato ai valori medi tabellari.
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Spese processuali: quando si pagano con estinzione
Un ente fiscale impugna una sentenza sfavorevole sulla revisione catastale di un immobile. Durante il giudizio in Cassazione, il processo si estingue, ma l'ente viene condannato alle spese. L'ente reclama contro la condanna, ma la Corte di Cassazione rigetta il reclamo applicando il principio di soccombenza virtuale, ritenendo l'appello originario manifestamente infondato e confermando l'addebito delle spese processuali.
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Spese legali stragiudiziali: quando sono rimborsabili?
Un consumatore acquista un utensile difettoso e, tramite un avvocato, ne chiede la sostituzione e il rimborso delle spese legali stragiudiziali. Il venditore accetta la sostituzione ma rifiuta di pagare le spese legali. La Corte di Cassazione ha stabilito che, se il venditore si è offerto di sostituire il bene, le spese legali non erano necessarie e quindi non devono essere rimborsate, in quanto il consumatore avrebbe potuto evitare tale costo usando l'ordinaria diligenza.
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