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Giurisprudenza Civile

Fondo di garanzia INPS: il termine per le retribuzioni

Un lavoratore si è rivolto al Fondo di garanzia INPS per ottenere il pagamento di retribuzioni non corrisposte da un’azienda poi fallita. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23589/2025, ha accolto il ricorso dell’INPS, stabilendo un principio fondamentale sui presupposti temporali per accedere alla tutela. La Corte ha chiarito che le retribuzioni garantite devono rientrare nei dodici mesi che precedono la data dell’iniziativa giudiziaria del lavoratore. Poiché l’azione legale era stata avviata il 27 dicembre 2010, la richiesta per la mensilità di dicembre 2009 è stata respinta perché maturata in un periodo antecedente a quello coperto dalla garanzia.

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Dies a quo pubblicazione elenchi: la Cassazione decide

Un lavoratore agricolo si è visto negare il diritto a rimanere iscritto negli elenchi previdenziali a causa di una presunta tardività del suo ricorso. La Corte di Cassazione, ribaltando le decisioni dei giudici di merito, ha chiarito un principio fondamentale sul dies a quo per la pubblicazione degli elenchi. La Corte ha stabilito che il termine per l’impugnazione non decorre dal primo, ma dall’ultimo giorno di pubblicazione telematica degli elenchi sul sito dell’ente previdenziale, garantendo così il pieno diritto di difesa del cittadino. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello.

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Rinuncia agli atti: chi paga le spese legali?

A seguito della rinuncia agli atti da parte di una società di trasporti nel corso di un giudizio in Cassazione, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del procedimento. Tuttavia, applicando il principio della soccombenza virtuale, hanno condannato la società stessa al pagamento delle spese legali a favore del lavoratore, poiché la rinuncia è avvenuta dopo una proposta di definizione sfavorevole alla società.

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Decadenza indennità agricola: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni lavoratori agricoli contro l’ente previdenziale, confermando la richiesta di restituzione dell’indennità di disoccupazione. La decisione si fonda sulla mancata impugnazione della cancellazione dagli elenchi nei termini di legge. La Corte ha chiarito che, nonostante una temporanea abrogazione della norma, la decadenza indennità agricola è un principio applicabile, con termini che hanno ripreso a decorrere dal 6 luglio 2011, rendendo tardiva qualsiasi successiva contestazione.

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Irriducibilità della retribuzione: no al demansionamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di demansionamento illegittimo, il risarcimento del danno alla professionalità deve essere calcolato sulla base della retribuzione superiore già acquisita dal lavoratore e non su quella inferiore delle nuove mansioni. La sentenza riafferma il principio di irriducibilità della retribuzione, specificando che non può essere violato da un esercizio illegittimo dello jus variandi da parte del datore di lavoro. La Corte ha quindi cassato la decisione d’appello che aveva liquidato il danno basandosi sulla retribuzione inferiore.

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Demansionamento: la prova delle mansioni in Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore che lamentava un demansionamento. La Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, i quali avevano correttamente valutato le prove (email, testimonianze) escludendo l’inattività e ritenendo le mansioni svolte congrue al livello di inquadramento. La Suprema Corte ha sottolineato che il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità, specialmente in presenza di una doppia pronuncia conforme.

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Licenziamento disciplinare: la difesa è un diritto

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di licenziamento disciplinare di un dirigente, intimato prima della scadenza del termine per presentare le difese. La Corte ha stabilito che il recesso è ingiustificato se il datore di lavoro non attende la scadenza dei termini, specialmente se il lavoratore non ha potuto esercitare pienamente il suo diritto di difesa a causa di una detenzione domiciliare. La violazione di tali garanzie procedurali non comporta la nullità del licenziamento, ma lo rende ‘ingiustificato’, con diritto del lavoratore a un’indennità supplementare come previsto dalla contrattazione collettiva, escludendo la reintegrazione.

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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?

Una società di trasporti, dopo aver perso in appello contro un gruppo di lavoratori, presenta ricorso in Cassazione ma in seguito vi rinuncia. La Suprema Corte, con ordinanza, dichiara l’estinzione del processo. Nonostante la mancata adesione alla rinuncia da parte dei lavoratori, la Corte condanna la società ricorrente al pagamento delle spese legali. Viene inoltre chiarito che la sanzione del raddoppio del contributo unificato non si applica in caso di rinuncia al ricorso.

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Debito fuori bilancio: chi paga il professionista?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un professionista contro un Comune per il mancato pagamento di prestazioni professionali. Il caso verteva su un ‘debito fuori bilancio’, ovvero un’obbligazione contratta dall’ente senza la necessaria copertura finanziaria. La Corte ha stabilito che l’azione per ingiustificato arricchimento contro l’ente pubblico è inammissibile, in quanto il professionista ha un’azione diretta nei confronti del funzionario o amministratore che ha autorizzato la spesa. L’ente può, discrezionalmente, riconoscere il debito a posteriori, ma non è obbligato a farlo.

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Motivazione apparente: Cassazione annulla la sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello in un caso di demansionamento, ravvisando una motivazione apparente. La Corte territoriale non aveva spiegato in modo logico perché, pur riconoscendo al lavoratore un inquadramento superiore, avesse negato sia le differenze retributive successive sia il risarcimento del danno da dequalificazione. L’assenza di un ragionamento comprensibile ha reso la decisione nulla, con rinvio del caso al giudice d’appello.

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Responsabilità Stato: mancata esecuzione del giudicato

La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio relativo alla responsabilità Stato per la mancata esecuzione di una sentenza di condanna al pagamento di indennità di esproprio. Il caso nasceva da un’espropriazione degli anni ’70, seguita da una condanna del 2001 contro un consorzio poi divenuto insolvente. La Corte d’Appello aveva condannato lo Stato a risarcire il danno per violazione della CEDU. Prima della decisione della Cassazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rinunciato al ricorso, portando all’estinzione del processo.

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Cessione ramo d'azienda illegittima: la retribuzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di cessione di ramo d’azienda illegittima, il lavoratore ha diritto all’intera retribuzione dal suo datore di lavoro originario, anche se non ha fisicamente lavorato. Questo perché il rifiuto del datore di lavoro di accettare la prestazione lavorativa lo pone in una situazione di mora credendi. Inoltre, le somme percepite dal lavoratore da un altro impiego nel frattempo non possono essere detratte, poiché non si tratta di un risarcimento del danno, ma del pagamento di una retribuzione dovuta. La sentenza conferma anche il diritto alla maturazione delle ferie.

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Contratto pubblico senza forma scritta: no al pagamento

Un professionista ha richiesto il pagamento per incarichi svolti per un Comune, ma la sua domanda è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che un contratto pubblico senza forma scritta è nullo. Anche la richiesta di indennizzo per arricchimento senza causa è stata negata, poiché la legge prevede un’azione diretta contro il funzionario che ha autorizzato la prestazione senza la necessaria copertura finanziaria, rendendo inammissibile l’azione sussidiaria contro l’ente.

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Licenziamento per insubordinazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento per insubordinazione di una guardia giurata che aveva ripetutamente violato le norme di servizio, come lavorare senza radio funzionante o giubbotto antiproiettile. La Corte chiarisce che l’insubordinazione non è solo un rifiuto esplicito a un ordine, ma anche una deliberata indifferenza verso le prescrizioni aziendali, specialmente in ruoli di alta responsabilità. La valutazione sulla proporzionalità della sanzione spetta ai giudici di merito e non è sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.

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Estinzione del processo: rinuncia e spese legali

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del processo in una controversia di lavoro relativa a un trasferimento d’azienda. A seguito della rinuncia al ricorso da parte delle società appellanti e dell’accettazione da parte dei lavoratori, la Corte ha stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese processuali. Inoltre, ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica nei casi di estinzione del processo, ma solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso.

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Cessione ramo d'azienda illegittima: la Cassazione

In un caso di cessione ramo d’azienda illegittima, la Corte di Cassazione ha stabilito che il lavoratore ha diritto alla retribuzione dal datore di lavoro originario (cedente) anche se ha lavorato per l’azienda acquirente (cessionaria). Le somme percepite dal nuovo datore di lavoro non devono essere detratte. Inoltre, è stato confermato il diritto del lavoratore a maturare le ferie, anche senza prestazione lavorativa effettiva, a causa del comportamento illegittimo dell’azienda che ha impedito lo svolgimento del rapporto di lavoro.

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Iscrizione registro organi sociali: quando è legittima?

Un ex dirigente di un istituto di credito ha contestato la sua inclusione nel registro degli organi sociali tenuto dall’autorità di vigilanza, sostenendo la violazione della privacy dato il carattere onorifico del suo ruolo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della registrazione basata sullo statuto della banca e sulla delibera di nomina. La sentenza chiarisce che una motivazione giudiziaria, seppur non condivisa dalla parte soccombente, non è censurabile se logicamente coerente. L’iscrizione registro organi sociali è stata ritenuta corretta.

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Rischio perimento opera: chi paga per la frana?

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un contratto di appalto, il rischio perimento opera a causa di un evento imprevedibile, come una frana, passa dall’appaltatore al committente se quest’ultimo ritarda ingiustificatamente il collaudo dei lavori. In questo caso, un Comune ha perso la causa contro un’impresa costruttrice perché non aveva effettuato la verifica delle opere nel termine di sei mesi dalla loro ultimazione, assumendosi così la responsabilità per i danni successivi.

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Ritardo pagamenti appalti pubblici: chi paga il conto?

In un caso di ritardo pagamenti appalti pubblici, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune che tentava di addossare la responsabilità del ritardo alla Regione finanziatrice. La Suprema Corte ha confermato che il committente (il Comune) rimane l’unico responsabile verso l’appaltatore per il puntuale pagamento dei lavori, a meno che non esista una convenzione specifica che lo esoneri. I rapporti interni tra enti pubblici non possono scaricare l’onere del ritardo sull’impresa esecutrice.

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Compensazione spese legali: le gravi ragioni

La Corte d’Appello ha riformato una sentenza di primo grado, disponendo la compensazione spese legali tra le parti. Sebbene la domanda di risarcimento danni degli investitori fosse stata respinta, la Corte ha riconosciuto la sussistenza di ‘gravi ed eccezionali ragioni’ legate a un parallelo procedimento penale, che giustificavano l’azione civile e rendevano equa la compensazione delle spese, in deroga al principio della soccombenza.

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