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Giurisprudenza Civile

Credito sopravvenuto fallimento: i termini per agire

Una società presenta una domanda di insinuazione per un credito sopravvenuto al fallimento dopo 15 mesi dal suo sorgere, attendendo una perizia tecnica. La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità della domanda, stabilendo che anche per i crediti post-fallimentari, il creditore deve agire con ragionevole diligenza. L’attesa ingiustificata della perizia costituisce un ritardo colpevole, non essendo una causa esterna non imputabile.

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Composizione collegiale: nullità della decisione

Un avvocato ha impugnato la drastica riduzione della sua parcella da parte di un Tribunale. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione non nel merito, ma per un vizio procedurale: l’ordinanza era stata emessa da una composizione collegiale che non aveva partecipato all’udienza, violando un principio fondamentale del processo. La causa è stata rinviata al Tribunale per un nuovo giudizio.

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Notifica tardiva appello: ricorso inammissibile

Un avvocato ha impugnato in Cassazione una sentenza che negava il suo diritto al compenso professionale. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa di una notifica tardiva dell’appello. La decisione sottolinea che la responsabilità di individuare l’indirizzo corretto del destinatario per una notifica tempestiva ricade sempre sul notificante, anche in caso di cambio di domicilio non comunicato dall’avvocato della controparte.

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Mandato collettivo: il singolo non può agire da solo

Un ingegnere, parte di un gruppo di professionisti incaricato da un ente sanitario, ha citato in giudizio l’ente per ottenere il pagamento della sua quota di compenso. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La ragione risiede nel contratto, qualificabile come mandato collettivo, che designava uno dei professionisti come unico rappresentante (mandatario) del gruppo nei confronti del committente. Di conseguenza, solo il mandatario era legittimato a richiedere il pagamento per tutti, e il singolo professionista non aveva il diritto di agire individualmente contro l’ente.

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Marchio di posizione: quando è valido e non c'è confusione

Una nota casa di moda italiana ha citato in giudizio un’altra grande azienda di abbigliamento per contraffazione di marchio, sostenendo che l’etichetta del concorrente sui jeans fosse confondibile con il proprio ‘marchio di posizione’ registrato (una striscia di tessuto diagonale sulla quinta tasca). La Corte di Cassazione, confermando le decisioni precedenti, ha respinto l’accusa di contraffazione. Ha stabilito che, nonostante le somiglianze, differenze significative (come l’orientamento diagonale contro quello orizzontale e la presenza del nome del marchio del concorrente) e il contesto di vendita di beni di lusso eliminavano qualsiasi rischio reale di confusione per i consumatori. La Corte ha anche confermato la validità del marchio di posizione originale, riconoscendone la distintività intrinseca.

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Domanda tardiva: PEC errata non basta a giustificarla

Una società, cessionaria di un credito verso un’entità fallita, ha presentato una domanda tardiva di ammissione al passivo, sostenendo di non aver mai ricevuto l’avviso a causa di un indirizzo PEC errato utilizzato dal curatore. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del tribunale. La Corte ha chiarito che l’invio dell’avviso a un indirizzo PEC presente in un registro pubblico, anche se obsoleto ma ancora attivo, costituisce una notifica valida. La mancata contestazione da parte del creditore di questa motivazione fondamentale ha reso l’appello inammissibile.

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Concorrenza sleale: i limiti dell'imitazione parassitaria

Una società leader nel settore dei sistemi di sigillatura ha citato in giudizio un’azienda concorrente per atti di concorrenza sleale, tra cui imitazione servile, appropriazione di pregi e concorrenza parassitaria. Dopo una sentenza di primo grado parzialmente favorevole, la Corte d’Appello ha respinto tutte le domande. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso e chiarendo i rigorosi presupposti per configurare le diverse fattispecie di concorrenza sleale, in particolare quella parassitaria, che richiede un’imitazione sistematica e continuativa delle iniziative altrui, non essendo sufficienti singoli atti leciti.

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Ultrattività del mandato: notifica valida all'estinta

Una società sanitaria ha contestato la validità di una notifica di appello ricevuta presso il difensore della sua dante causa, un’entità estinta per fusione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando il principio di ultrattività del mandato: se l’estinzione della parte non viene formalmente dichiarata in giudizio dal suo legale, il mandato a quest’ultimo persiste e le notifiche a lui indirizzate sono pienamente valide, a prescindere dalla conoscenza che la controparte possa avere dell’evento societario.

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Clausola di manleva: esclusi gli indennizzi da atto lecito

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società ferroviaria contro la decisione di appello. La Corte ha confermato che una clausola di manleva in un contratto per opere pubbliche, che copre i ‘danni contrattuali ed extracontrattuali’, non si estende all’indennizzo dovuto a terzi per un pregiudizio derivante da un’attività lecita della Pubblica Amministrazione. L’interpretazione del contratto da parte del giudice di merito è stata ritenuta plausibile e non sindacabile in sede di legittimità.

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Licenziamento per seconda attività: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma il licenziamento per seconda attività di un dipendente di una società di trasporti. Questi svolgeva, senza autorizzazione, un’intensa attività imprenditoriale nel settore della cantieristica navale, con ruoli operativi e in un contesto allarmante. La Corte ha ritenuto irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario, specificando che l’obbligo di fedeltà va oltre la mera non concorrenza e che la contestazione disciplinare, avvenuta dopo la piena conoscenza dei fatti emersi da un’indagine penale, era tempestiva. Il licenziamento per giusta causa è stato quindi giudicato legittimo.

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Demansionamento: la Cassazione conferma il risarcimento

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una grande azienda di telecomunicazioni per demansionamento di un dipendente. La Corte ha ritenuto legittima la dequalificazione da un V a un III livello, data la mancanza di autonomia e complessità tecnica nelle nuove mansioni. È stato inoltre confermato il risarcimento del danno alla professionalità, liquidato in via equitativa in 1.000 euro per ogni mese di demansionamento, considerata la durata, la reiterazione della condotta e la rapida obsolescenza delle competenze nel settore tecnologico.

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Onere della prova licenziamento: guida alla sentenza

La Corte di Cassazione conferma l’annullamento di un licenziamento, ribadendo che l’onere della prova licenziamento spetta interamente al datore di lavoro. Nel caso di specie, un’azienda di telecomunicazioni non è riuscita a dimostrare in modo inconfutabile le condotte illecite contestate a un dipendente, come l’accesso non autorizzato a utenze telefoniche. La Suprema Corte ha sottolineato che le perizie di parte hanno valore di mera allegazione difensiva e che la prova testimoniale deve essere rigorosa e completa, non basata su supposizioni. La decisione evidenzia l’impossibilità per la Cassazione di riesaminare il merito dei fatti, limitandosi al controllo di legittimità.

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Vincolo quinquennale sostegno: vale il preruolo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3408/2025, ha rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, stabilendo che il servizio preruolo deve essere conteggiato ai fini del superamento del vincolo quinquennale sostegno. La Corte ha ritenuto discriminatorio, ai sensi della normativa europea, escludere dal calcolo gli anni di servizio svolti con contratti a termine prima dell’immissione in ruolo, confermando il diritto di una docente a partecipare alla mobilità.

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Insinuazione al passivo e causa pendente: le S.U.

Un lavoratore, in causa per licenziamento illegittimo, si vede l’azienda entrare in amministrazione straordinaria. Il Tribunale dichiara inammissibile la sua insinuazione al passivo, sostenendo che debba prima concludere la causa di lavoro. La Cassazione, investita della questione, non decide ma rinvia la causa in attesa di una pronuncia delle Sezioni Unite sullo stesso dilemma: se in pendenza di un giudizio per l’accertamento di un credito sia obbligatoria la tempestiva insinuazione al passivo per evitare la decadenza.

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Inammissibilità del ricorso: carenza d'interesse

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un acquirente contro il fallimento del fornitore di una cucina. La decisione si fonda sulla sopravvenuta carenza di interesse, poiché le questioni centrali del ricorso (risoluzione del contratto e gravità dell’inadempimento) erano già state definite con una sentenza passata in giudicato in un altro procedimento parallelo, conclusosi con un accordo transattivo tra le parti.

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Presunzione di possesso: basta coltivare un fondo?

Un imprenditore agricolo si è visto negare i contributi comunitari poiché l’ente erogatore ha rilevato una duplice richiesta sugli stessi terreni. L’imprenditore ha agito in giudizio sostenendo il suo diritto basato sulla coltivazione del fondo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la semplice coltivazione non prova il possesso necessario per i contributi, ma configura una mera detenzione. La decisione si è basata anche sulle risultanze di un precedente giudizio penale, superando la presunzione di possesso invocata dal ricorrente.

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Revoca contributo pubblico: quando è legittima?

Un’impresa si è vista revocare un contributo pubblico di 100.000 euro per aver falsamente attestato il pagamento di alcune fatture. La Corte d’Appello ha confermato la legittimità della revoca totale del contributo pubblico, decisione resa definitiva dalla Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’impresa. La Suprema Corte ha ribadito di non poter riesaminare i fatti, ma solo le questioni di diritto, confermando che una dichiarazione mendace costituisce una grave violazione che giustifica la revoca del beneficio.

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Penali per ritardo appalto: la loro applicabilità

Un’impresa edile e un Comune entravano in lite per un contratto d’appalto pubblico. L’impresa chiedeva la risoluzione per inadempimento del Comune, mentre quest’ultimo sosteneva di aver già risolto il contratto e chiedeva l’applicazione delle penali per ritardo. La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto cruciale è che le penali per ritardo appalto, se contrattualmente legate al completamento dell’opera, non sono applicabili se il contratto viene risolto anticipatamente, poiché l’opera non giunge a compimento. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché il Comune non ha contestato l’interpretazione specifica delle clausole contrattuali data dai giudici di merito, ma si è limitato a criticare il principio generale.

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Ferie docenti: la legge prevale sul contratto?

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in materia di ferie docenti durante l’anno scolastico, la legge statale prevale sulle disposizioni del contratto collettivo. Un insegnante si è visto negare un giorno di ferie per motivi personali poiché la sua sostituzione avrebbe comportato costi per lo Stato. La Corte ha confermato la decisione, chiarendo che la norma che impone l’assenza di oneri aggiuntivi per la finanza pubblica è inderogabile e si applica alle richieste di ‘ferie’, distinguendole dai ‘permessi’ che seguono una disciplina diversa.

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Compenso progettazione appalti: no a pagamenti extra

Una società di progettazione ha citato in giudizio un’amministrazione pubblica per ottenere il pagamento di prestazioni professionali aggiuntive relative a modifiche progettuali. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha respinto il ricorso, stabilendo che il committente ha un’ampia facoltà di richiedere modifiche contrattuali senza che ciò comporti necessariamente un extra compenso per la progettazione negli appalti. La Corte ha ritenuto inammissibili i motivi del ricorso, in quanto basati su un’errata interpretazione della perizia tecnica (CTU) e diretti contro solo una delle plurime ragioni a fondamento della decisione impugnata.

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