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Giurisprudenza Civile

Cessione del contratto: la clausola arbitrale segue?

La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di cessione del contratto, anche la clausola compromissoria per la risoluzione delle controversie viene trasferita al nuovo contraente. La vicenda riguarda la cessione di un contratto derivato (IRS), il cui accordo quadro originario prevedeva l’arbitrato. Nonostante la società cessionaria avesse stipulato un nuovo accordo con la banca, privo di tale clausola, la Suprema Corte ha ritenuto valido l’arbitrato, confermando l’inscindibilità tra il contratto derivato e il suo accordo quadro originario. Il ricorso della banca è stato dichiarato inammissibile.

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Eccezione in senso lato: quando è ammissibile in appello

In un caso di manleva contrattuale per accise su tabacchi, la Cassazione ha stabilito che l’esistenza di un fondo rischi, provata da documenti già in atti, costituisce un’eccezione in senso lato. Tale eccezione, assimilabile a un pagamento parziale, è rilevabile d’ufficio dal giudice e quindi ammissibile anche se sollevata per la prima volta in appello, ribaltando la decisione dei giudici di merito che l’avevano considerata tardiva.

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Prove in appello: limiti e inammissibilità secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3178/2025, ha chiarito i rigidi limiti alla produzione di nuove prove in appello. La Corte ha stabilito che la produzione di una perizia di parte per la prima volta in secondo grado è inammissibile, a meno che non si dimostri l’impossibilità di produrla nel giudizio precedente per causa non imputabile. La Suprema Corte ha inoltre confermato che la complessità della materia non costituisce più, di per sé, una ragione sufficiente per la compensazione delle spese legali, la quale è consentita solo in ipotesi tassative.

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Compenso avvocato: i criteri per la liquidazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un tribunale che aveva ridotto il compenso di un avvocato. L’ordinanza chiarisce i criteri per la liquidazione del compenso avvocato, stabilendo che è legittimo applicare i minimi tariffari in casi di bassa complessità, escludere il pagamento per attività giudiziali inutili (come un’azione avviata senza previa mediazione obbligatoria) e considerare un pagamento intermedio come acconto sull’intera prestazione.

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Compenso curatore fallimentare: divisione e motivi

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un curatore revocato sulla ripartizione del compenso curatore fallimentare. La Corte ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale che ha suddiviso il compenso unico tra i due professionisti succedutisi, basandosi sull’attività concretamente svolta da ciascuno.

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Liquidazione compensi legali: autonomia e distinzioni

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale sulla liquidazione compensi legali: i compensi per un procedimento cautelare e per il relativo giudizio di merito devono essere liquidati in modo distinto e autonomo. La Corte ha cassato la decisione di un Tribunale che aveva revocato un compenso per la fase cautelare, considerandolo assorbito in un precedente pagamento forfettario. La sentenza sottolinea come ogni fase processuale, regolata da specifiche tabelle ministeriali, richieda una propria e trasparente determinazione dei compensi.

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Ricorso straordinario inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso straordinario inammissibile presentato da un legale contro il provvedimento di un tribunale fallimentare. La decisione verteva sul mancato pagamento di un compenso da parte del curatore. La Corte ha stabilito che il provvedimento impugnato, riguardando un atto di gestione del curatore e non un diritto soggettivo in via definitiva, manca dei requisiti di decisorietà e definitività necessari per questo tipo di ricorso.

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Compenso coadiutore fallimentare: le regole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un professionista che contestava la liquidazione del suo compenso come coadiutore fallimentare. L’ordinanza chiarisce che per le attività di supporto al curatore (come la consulenza contabile e fiscale), il giudice può legittimamente utilizzare il criterio a tempo (vacazioni) anziché quello a percentuale. Questa scelta è considerata una valutazione di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, e si giustifica per la difficoltà di determinare un “valore della controversia” e per la necessità di proporzionare il compenso a quello del curatore.

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Avviso di addebito: quando è tardi per la prescrizione

Un contribuente si oppone a un’intimazione di pagamento, sostenendo la prescrizione dei contributi previdenziali. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che la mancata opposizione al precedente avviso di addebito entro i termini di legge rende il credito definitivo e preclude la possibilità di sollevare successivamente l’eccezione di prescrizione.

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Verbale ispettivo: validità e onere della prova

Una società impugna una cartella di pagamento per contributi previdenziali, sostenendo che i lavoratori fossero associati in partecipazione e non dipendenti. La Cassazione ha respinto il ricorso della società basato su presunti vizi del verbale ispettivo, affermando che il giudice deve valutare la sostanza del rapporto di lavoro. Ha invece accolto il ricorso dell’ente previdenziale, poiché la Corte d’Appello aveva omesso di considerare una denuncia di un lavoratore, fatto decisivo per interrompere la prescrizione dei crediti.

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Compenso avvocato: i minimi tariffari sono inderogabili

Un avvocato ha impugnato la liquidazione del proprio compenso professionale, ritenuta troppo bassa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo principi fondamentali sul calcolo del compenso avvocato. In particolare, ha chiarito che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.M. 37/2018, i minimi tariffari sono inderogabili e non possono essere ridotti neppure in considerazione dei risultati conseguiti. Inoltre, l’aumento previsto per la difesa di più parti è autonomo e va applicato solo dopo aver calcolato il compenso base, non potendo essere utilizzato per giustificare una liquidazione inferiore ai minimi.

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Responsabilità soci dopo cancellazione: il punto

In un caso di debiti fiscali di una società cancellata dal registro delle imprese, i soci si opponevano alla pretesa dell’Agenzia delle Entrate, invocando la limitazione della responsabilità prevista dall’art. 2495 c.c. a quanto percepito in sede di liquidazione. La Corte di Cassazione, rilevando che la questione fondamentale sull’onere della prova e sulla natura di tale limitazione è pendente dinanzi alle Sezioni Unite, ha emesso un’ordinanza interlocutoria sospendendo il giudizio. La decisione finale sulla responsabilità soci dopo cancellazione è quindi rimandata in attesa di questo pronunciamento chiarificatore.

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Motivazione apparente: annullato decreto di convalida

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto di convalida di trattenimento in un CPR per motivazione apparente. Il Tribunale aveva convalidato la misura senza spiegare le ragioni della decisione, violando il minimo costituzionale richiesto. Di conseguenza, il provvedimento è stato cassato senza rinvio perché il termine per la convalida era ormai scaduto.

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Motivazione apparente: annullato decreto di convalida

La Corte di Cassazione ha annullato un provvedimento di convalida del trattenimento di un cittadino straniero, evidenziando un vizio di motivazione apparente. Il giudice di merito aveva omesso di esaminare le specifiche doglianze sollevate dal ricorrente, limitandosi a un generico riferimento agli atti dell’amministrazione. La decisione riafferma l’obbligo costituzionale per ogni giudice di fornire una motivazione effettiva e non meramente formale, soprattutto in casi che incidono sulla libertà personale.

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Decreto di espulsione: quando è legittimo?

La Cassazione conferma la legittimità di un decreto di espulsione emesso nei confronti di un cittadino straniero, anche se pende l’appello contro il rigetto ‘per manifesta infondatezza’ della sua domanda di protezione. La Corte chiarisce che in tali casi l’appello non sospende automaticamente l’esecutività del provvedimento e rigetta le censure sulla formalità della notifica.

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Domanda protezione internazionale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro un decreto di espulsione. Il ricorrente sosteneva la pendenza di una domanda protezione internazionale, ma ha fallito nel fornire la prova documentale decisiva. L’ordinanza ribadisce che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per una rivalutazione dei fatti, ma solo per contestare vizi logici o giuridici della decisione impugnata.

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Decreto di espulsione: il rigetto implicito del ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero contro un silenzio-rifiuto su un’istanza di revoca di un vecchio decreto di espulsione. La Corte ha chiarito che, essendo intervenuto un successivo decreto, il ricorrente mancava di interesse ad agire contro il primo provvedimento. La decisione del giudice di merito di rigettare per carenza di interesse comporta il rigetto implicito di tutte le altre questioni sollevate, incluse quelle relative a motivi sopravvenuti come la richiesta di protezione speciale.

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Concorrenza sleale: quando il ricorso è inammissibile

Un’azienda del settore editoriale ha citato in giudizio una concorrente per concorrenza sleale, accusandola di storno di dipendenti e sviamento di clientela. Dopo la reiezione della domanda sia in primo grado che in appello, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su motivi procedurali, tra cui il mancato rispetto del principio di autosufficienza e l’applicazione della regola della “doppia conforme”, che impedisce un nuovo esame dei fatti quando due sentenze di merito sono concordi. La Corte ha sottolineato che la parte ricorrente non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un’azione illecita da parte della concorrente.

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Responsabilità del notaio: l'obbligo di identificare

La Corte di Cassazione ha stabilito la responsabilità del notaio che non accerta correttamente l’identità della parte venditrice in un atto di compravendita. La Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la colpa del professionista, affermando che l’obbligo di identificazione personale delle parti, previsto dalla legge notarile, è fondamentale per garantire la certezza dell’atto giuridico e tutela anche i terzi, come le banche finanziatrici, che subiscono un danno a causa della falsità dell’atto. La responsabilità del notaio verso terzi si qualifica come contrattuale da ‘contatto sociale’.

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Danno evento: la Cassazione chiarisce la prova

Un operatore di telefonia mobile ha citato in giudizio un concorrente per pratiche di ‘retention’ illecite. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha annullato la sentenza di secondo grado che aveva riconosciuto un risarcimento milionario. Il punto centrale della decisione è la distinzione tra la prova della condotta illecita e la prova del ‘danno evento’, ossia la dimostrazione che tale condotta abbia effettivamente causato un pregiudizio concreto all’attore. Secondo la Suprema Corte, non basta provare l’illecito, ma è necessario dimostrare il nesso causale con il danno subito prima di poter procedere a una liquidazione, anche equitativa.

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