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Giurisprudenza Civile

Debiti fuori bilancio: nullità dell'accordo transattivo

Un consorzio industriale ha citato in giudizio un comune per ottenere il pagamento di somme dovute in base a un accordo transattivo relativo a servizi pregressi. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità dell’accordo, in quanto riguardava debiti fuori bilancio e non era stato approvato dal Consiglio Comunale, unico organo competente in materia, ma solo dalla Giunta. La mancanza della delibera consiliare e della relativa copertura finanziaria ha reso l’atto insanabilmente nullo.

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Licenziamento illegittimo: si applica l'art. 18

La Corte di Cassazione ha stabilito che se la comunicazione di fine rapporto di un contratto a progetto, poi convertito in tempo indeterminato, viene qualificata come un vero e proprio atto di recesso, si configura un licenziamento illegittimo. In questo caso, al lavoratore spetta la tutela reale della reintegrazione nel posto di lavoro prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, e non la mera indennità economica prevista per la conversione dei contratti a termine. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che, pur riconoscendo la natura di licenziamento dell’atto, aveva erroneamente applicato la sanzione meno favorevole per il dipendente.

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Somministrazione illecita: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’amministratore di una società sanzionata per somministrazione illecita di manodopera. La Corte ha stabilito che, in caso di depenalizzazione di un reato, il termine di 90 giorni per la contestazione amministrativa decorre dalla data di trasmissione degli atti dalla Procura all’autorità competente. È stata inoltre confermata la distinzione tra appalto lecito e somministrazione illecita, la quale si configura quando l’appaltatore fornisce solo personale, senza assumere il rischio d’impresa e senza esercitare un potere direttivo effettivo.

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Procedimento disciplinare: chi firma il licenziamento?

Un lavoratore con qualifica di quadro è stato licenziato per giusta causa per aver sottratto un mazzo di chiavi aziendali. Ha impugnato il licenziamento sostenendo un vizio nel procedimento disciplinare, in quanto l’atto non era stato firmato dall’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) come previsto, a suo dire, dal regolamento interno. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la validità del licenziamento. I giudici hanno stabilito che l’interpretazione del regolamento aziendale fornita dalla corte di merito, secondo cui l’UPD era competente solo per la fase istruttoria, era plausibile e non sindacabile in sede di legittimità. Inoltre, la violazione di una norma procedurale interna non determina automaticamente la nullità del recesso.

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Requisito dimensionale: i finti autonomi contano

La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito su un caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il punto centrale è il calcolo del requisito dimensionale dell’azienda: la Corte ha stabilito che i collaboratori formalmente autonomi, ma di fatto inseriti nell’organizzazione aziendale con vincoli di subordinazione, devono essere inclusi nel computo dei dipendenti. Questo ha comportato l’applicazione di una tutela maggiore per il lavoratore licenziato. La Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, ribadendo che l’onere di provare il mancato superamento della soglia dimensionale spetta al datore di lavoro e che la Cassazione non può riesaminare i fatti.

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Disconoscimento firma: conseguenze sul licenziamento

Un lavoratore, dopo aver ottenuto l’annullamento di un primo licenziamento ritorsivo, si vede recapitare un secondo licenziamento. Il lavoratore effettua il disconoscimento firma sull’avviso di ricevimento, inviato tramite corriere privato. La Corte di Cassazione stabilisce che, in assenza di un’istanza di verificazione da parte del datore di lavoro, la lettera di licenziamento è priva di valore probatorio. La sentenza della Corte d’Appello viene quindi cassata con rinvio.

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Licenziamento quadro: autonomia e onere della prova

Un’azienda ha licenziato un dipendente con qualifica di quadro per aver presumibilmente modificato i piani di missione. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del licenziamento, stabilendo che la prolungata tolleranza da parte dell’azienda verso determinati comportamenti crea una prassi che svuota di valore disciplinare la contestazione. Il caso di licenziamento quadro in esame sottolinea come l’autonomia del lavoratore e la coerenza del datore di lavoro siano elementi cruciali nella valutazione della giusta causa.

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Termine impugnazione Cassazione: Rito Fornero e PEC

Un lavoratore, licenziato per giustificato motivo oggettivo a seguito di un’operazione di esternalizzazione, ha impugnato la decisione della Corte d’Appello. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché tardivo. La sentenza chiarisce che, nel Rito Fornero, il termine impugnazione Cassazione di 60 giorni decorre dalla semplice comunicazione telematica (PEC) della sentenza da parte della cancelleria, rendendo irrilevante la notifica formale.

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Responsabilità professionale notaio: il nesso causale

Una compagnia di assicurazione ricorre in Cassazione contro la condanna del proprio assicurato, un notaio, al risarcimento del danno. La questione centrale riguarda la responsabilità professionale del notaio per una somma versata dall’acquirente a titolo di caparra prima della stipula dell’atto, mettendo in discussione il nesso di causalità tra la condotta del professionista e il pregiudizio. La Corte di Cassazione, prima di decidere nel merito, ha rilevato un difetto di notifica a una delle parti e ha ordinato l’integrazione del contraddittorio, rinviando la causa.

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Valutazione delle prove: Cassazione inammissibile

Una società e la sua legale rappresentante hanno citato in giudizio un’agenzia di informazioni creditizie per una presunta segnalazione errata, chiedendo un risarcimento danni. Le corti di merito hanno respinto la domanda per mancanza di prova del nesso causale e del danno stesso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove spetta esclusivamente al giudice di merito e non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità, se non per vizi di legge specifici che nel caso di specie non sono stati ravvisati.

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Responsabilità personale del direttore per danno ambientale

La Corte di Cassazione ha stabilito la responsabilità personale del direttore di uno stabilimento industriale per i danni causati ai residenti a causa delle emissioni inquinanti. La sentenza chiarisce che la sua condotta, configurando un illecito penale, esula dalla mera gestione aziendale, giustificando una responsabilità diretta e distinta da quella della società. È stato confermato il risarcimento per la compromissione del godimento degli immobili, provata tramite presunzioni basate sul superamento dei limiti di emissione. La Corte ha cassato la sentenza solo riguardo alla liquidazione degli interessi, rinviando per una nuova valutazione.

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Domanda riconvenzionale: quando è ammissibile?

La Corte di Cassazione ha stabilito che una società può presentare una domanda riconvenzionale per canoni di gestione aziendale, anche se eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva riguardo a una diversa pretesa di restituzione per una cessione di quote. La Corte ha chiarito che i due rapporti giuridici, uno tra la ricorrente e la società e l’altro tra la ricorrente e i soci, sono distinti e autonomi. L’ammissibilità della domanda riconvenzionale è stata quindi confermata, respingendo il ricorso.

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Interesse ad impugnare: la soccombenza sostanziale

In una causa di divisione immobiliare, terzi intervengono rivendicando la proprietà per usucapione. Il Tribunale dichiara le loro domande inammissibili per tardività. I proprietari originari impugnano la decisione, chiedendo un rigetto nel merito per ottenere una pronuncia definitiva. La Corte d’Appello nega il loro interesse ad impugnare. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione, afferma che sussiste un ‘interesse ad impugnare’ anche contro una pronuncia di mera inammissibilità, quando questa non crea un giudicato sul merito e lascia le parti esposte a future azioni legali. Viene così valorizzata la nozione di ‘soccombenza sostanziale’ rispetto a quella meramente formale.

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Reintegrazione e pensione: la Cassazione chiarisce

Una società ha contestato l’obbligo di risarcimento verso una lavoratrice, sostenendo che il suo successivo pensionamento avesse estinto il rapporto di lavoro. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo un principio chiave in materia di reintegrazione e pensione: l’ordine di reintegrazione ha efficacia retroattiva (ex tunc), ripristinando giuridicamente il rapporto di lavoro come se non fosse mai stato interrotto. Di conseguenza, è la pensione percepita nel frattempo a diventare indebita, non il contrario. La reintegrazione prevale sul pensionamento.

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Retrocessione beni: il prezzo di riacquisto è attuale

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di retrocessione di beni espropriati e non utilizzati per fini pubblici, il prezzo che l’originario proprietario deve pagare non è la vecchia indennità di esproprio, ma il valore di mercato attuale del bene. La retrocessione costituisce un nuovo trasferimento di proprietà, con efficacia ‘ex nunc’, e richiede una nuova stima del valore. La Corte ha inoltre chiarito le regole procedurali per l’appello dell’interveniente adesivo, cassando la decisione della Corte d’Appello e rinviando il caso per un nuovo esame.

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Decorrenza interessi: la domanda giudiziale fa fede

In una controversia tra una società fornitrice e un ente pubblico, la Corte di Cassazione ha stabilito che la decorrenza interessi su un credito, il cui capitale è stato pagato in corso di causa, parte dalla data della domanda giudiziale. La Corte ha rigettato il ricorso del creditore, il quale non è riuscito a fornire prova sufficiente di una data di esigibilità anteriore, confermando così la decisione del giudice di merito.

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Prova Usucapione: Come Vincere Contro i Co-proprietari

La Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per la prova usucapione tra co-proprietari. In una disputa familiare per un immobile, la Corte ha respinto il ricorso degli attori, sottolineando che non è sufficiente il semplice possesso prolungato. È necessario dimostrare un possesso esclusivo, con atti che impediscano agli altri comproprietari di godere del bene, manifestando in modo inequivocabile la volontà di possedere come unico proprietario. La mancanza di tale prova ha portato al rigetto della domanda.

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Cessione del credito: il contraddittorio necessario

Una società si opponeva a un decreto ingiuntivo. Durante la causa, l’originario creditore effettuava una cessione del credito a un terzo. Quest’ultimo, dopo una sentenza di primo grado favorevole alla società, proponeva appello senza coinvolgere il creditore originario. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione d’appello, stabilendo che in caso di cessione del credito a lite pendente, sia il cedente che il cessionario sono litisconsorti necessari nel giudizio di impugnazione, la cui mancata partecipazione invalida il procedimento se eccepita dalla controparte.

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Negozio di accertamento: confine tra fondi e prove

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che ha respinto la richiesta di due proprietari di rideterminare un confine basandosi sulle mappe catastali. Secondo la Corte, la presenza di una recinzione stabile e risalente nel tempo, insieme ad altri comportamenti delle parti, costituisce un valido negozio di accertamento per comportamento concludente. Tale accordo di fatto, volto a eliminare l’incertezza sul confine, prevale sulle risultanze catastali, che hanno solo un valore sussidiario. La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili i motivi di ricorso volti a una rivalutazione delle prove e ha confermato la condanna dei ricorrenti al pagamento di tutte le spese processuali.

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Ingiuria depenalizzata e autonomia del giudice civile

La Corte di Cassazione chiarisce che un’assoluzione in sede penale per ingiuria depenalizzata non vincola il giudice civile. Quest’ultimo ha il potere e il dovere di condurre un accertamento autonomo dei fatti per decidere sulla richiesta di risarcimento danni. Nel caso specifico, un ex calciatore aveva citato per danni il presidente di una società sportiva a seguito di un alterco televisivo. Nonostante una condanna in primo grado, la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta, valutazione ora confermata dalla Cassazione, che ha ribadito la piena autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale quando l’assoluzione deriva dalla depenalizzazione del reato.

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