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Giurisprudenza Civile

Gravissimo danno: no sospensione senza prova specifica

La Corte d’Appello di Bari ha rigettato un’istanza di sospensione dell’esecutività di una sentenza. Il provvedimento chiarisce che, in materia locatizia, la sospensione è concessa solo in caso di ‘gravissimo danno’, che non può consistere nella generica difficoltà economica derivante dal pagamento, ma richiede la prova di un pregiudizio ulteriore e specifico (‘quid pluris’) che l’appellante non ha fornito.

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Affitto d'azienda senza consenso: revoca amministratori

Una sentenza della Corte d’Appello ha confermato la revoca per giusta causa di due socie amministratrici di una S.n.c. per aver concesso in affitto d’azienda l’unico complesso aziendale senza il consenso della terza socia. La Corte ha stabilito che tale operazione, modificando sostanzialmente l’oggetto sociale, richiede il consenso unanime di tutti i soci ai sensi dell’art. 2252 c.c., poiché trasforma la natura dell’attività da produttiva a finanziaria. Lo statuto societario, inoltre, non prevedeva una deroga a tale principio per l’affitto d’azienda.

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Termine annuale impugnazione: calcolo e sospensione

Una cittadina impugnava una delibera condominiale. L’Appello veniva dichiarato inammissibile per tardività. In Cassazione, si è posta la questione sul corretto calcolo del termine annuale impugnazione quando il giorno di decorrenza cade nel periodo di sospensione feriale. Data la complessità e il contrasto giurisprudenziale, la Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria, rinviando la causa a una pubblica udienza per la decisione.

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Produttori assicurativi: obbligo Gestione Commercianti?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19491/2019, ha stabilito che i produttori assicurativi con un rapporto diretto con la compagnia assicurativa non sono automaticamente obbligati all’iscrizione presso la Gestione Commercianti dell’ente previdenziale. L’obbligo previsto dalla legge riguarda specificamente i produttori che operano tramite agenzie o sub-agenzie. Per i produttori diretti, l’inquadramento previdenziale dipende dalle concrete modalità di svolgimento dell’attività: iscrizione alla Gestione Commercianti se l’attività è imprenditoriale, iscrizione alla Gestione Separata se è svolta con apporto personale, coordinato e continuativo.

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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio in Cassazione

La Corte di Cassazione, con decreto, dichiara l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso presentata dalla parte ricorrente e accettata dalla controparte. Verificata la conformità della rinuncia agli artt. 390 e 391 c.p.c., la Corte stabilisce che, stante l’accettazione, non si deve provvedere sulle spese.

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Mancata audizione: non annulla la multa del Prefetto

Un’automobilista si era visto annullare una multa per eccesso di velocità perché il Prefetto non lo aveva ascoltato prima di emettere l’ordinanza di pagamento. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la mancata audizione non è un vizio che causa la nullità del provvedimento. Secondo la Corte, il cittadino può esporre tutte le sue difese nel successivo giudizio di opposizione in tribunale. Pertanto, la sola omissione dell’audizione amministrativa non è sufficiente per annullare la sanzione.

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Caparra confirmatoria: l'assegno nullo non paga

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prova dell’invalidità degli assegni dati come caparra confirmatoria è “indispensabile” e deve essere ammessa in appello, anche se prodotta tardivamente. In un caso di compravendita immobiliare, i promittenti venditori erano stati condannati a pagare il doppio di una caparra mai incassata. La Suprema Corte ha annullato la decisione, affermando che l’effetto della caparra si perfeziona solo con l’effettiva riscossione della somma. Pertanto, la prova che gli assegni erano inesigibili era decisiva per l’esito della lite.

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Rinuncia al ricorso: come si estingue il processo?

Una parte privata, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro un’ordinanza del Tribunale di Verona nei confronti di un fallimento societario, ha deciso di rinunciare all’atto. La Suprema Corte, verificata la conformità della rinuncia al ricorso ai requisiti legali (artt. 390 e 391 c.p.c.), ha dichiarato l’estinzione del giudizio. Di particolare rilievo è la decisione di non provvedere sulle spese legali, motivata dalla totale assenza di attività difensiva da parte della controparte (il fallimento).

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Ricorso contro fallimento: un caso in Cassazione

Una società a responsabilità limitata presenta un ricorso alla Corte di Cassazione contro una società per azioni in stato di fallimento. L’appello contesta un decreto emesso da un tribunale di merito, portando la controversia all’esame della suprema corte. Questo caso evidenzia la fase finale di un contenzioso legato a un ricorso contro fallimento, in cui si valuta la legittimità della decisione precedente e non i fatti della causa.

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Ricorso in Cassazione: analisi di un caso

Un soggetto privato ha presentato un ricorso in Cassazione contro un’ordinanza emessa dal Tribunale di Verona. La controparte è una società dichiarata fallita. Il documento introduce le parti e l’atto impugnato, senza esporre la decisione finale della Suprema Corte.

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Ricorso Inammissibile: No a Nuove Valutazioni di Fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da una società contro la sentenza che la condannava a pagare differenze retributive a ex dipendenti. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa al giudice di legittimità. L’impugnazione, basata su una presunta motivazione apparente e su errori nella valutazione istruttoria, è stata respinta poiché la Cassazione non costituisce un terzo grado di giudizio di merito.

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Dichiarazione di fallimento: l'appello in Cassazione

Un’imprenditrice individuale e una società a responsabilità limitata hanno proposto ricorso per Cassazione avverso un’ordinanza del Tribunale che aveva confermato la dichiarazione di fallimento a carico della prima. Il caso verte sulla legittimità di tale provvedimento, con la Corte Suprema chiamata a pronunciarsi sulle censure mosse dai ricorrenti.

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Lavoro a progetto: i requisiti e l'onere della prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9481/2019, ha chiarito la distinzione fondamentale nell’ambito del lavoro a progetto: se il progetto manca o è generico, il rapporto si converte automaticamente in subordinato a tempo indeterminato. Se invece il progetto è specifico e formalmente valido, spetta al lavoratore dimostrare con prove concrete che, nei fatti, il rapporto si è svolto con le caratteristiche della subordinazione. La Corte ha rigettato il ricorso di una lavoratrice del settore scommesse, confermando la decisione di merito che aveva ritenuto i progetti specifici e non provata la subordinazione di fatto.

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Peggioramento retributivo: onere della prova del lavoratore

Un gruppo di lavoratori del personale tecnico-amministrativo, trasferiti da enti locali al settore scolastico, ha citato in giudizio l’amministrazione per ottenere il pieno riconoscimento dell’anzianità di servizio pregressa. Lamentavano un “peggioramento retributivo” dovuto a tale mancato riconoscimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che spetta al lavoratore l’onere di provare un effettivo e sostanziale peggioramento economico globale al momento del trasferimento. La Corte ha ritenuto che l’istituzione di un assegno ad personam per mantenere il livello salariale precedente fosse sufficiente a escludere tale peggioramento, confermando che la semplice perdita di opportunità di carriera future non costituisce una diminuzione retributiva immediata.

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Contratto a progetto: quando la conversione è automatica

Un lavoratore assunto con un contratto a progetto come “venditore all’ingrosso” ha ottenuto la conversione del rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9483/2019, ha stabilito che la mancanza di uno specifico progetto nel contratto determina la sua conversione automatica (ope legis). Questa sanzione opera come una presunzione assoluta, rendendo irrilevante l’eventuale autonomia del lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni.

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Contratto a progetto nullo: conversione automatica

Una società di servizi aveva stipulato con un lavoratore un contratto di lavoro a progetto. Successivamente, il lavoratore ha impugnato il contratto, sostenendo che fosse fittizio. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che un contratto a progetto nullo, poiché privo dell’indicazione di uno specifico programma di lavoro, si converte automaticamente in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Questa conversione avviene per legge, senza la necessità di dimostrare ulteriormente la sussistenza della subordinazione nei fatti. L’appello della società è stato quindi respinto.

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Sgravi contributivi: quando l'INPS non può chiederli?

Una società si opponeva alla richiesta di restituzione di sgravi contributivi da parte dell’ente previdenziale, sostenendo di averne diritto per assunzioni con contratti di formazione e lavoro. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso dell’azienda, stabilendo che gli sgravi contributivi goduti per l’assunzione di lavoratori con età inferiore ai 25 anni erano legittimi e non potevano essere recuperati, in quanto compatibili con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato. La Corte ha invece confermato che l’onere della prova sui requisiti per accedere ai benefici spetta sempre al datore di lavoro. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Contratto a progetto: quando è valido? La Cassazione

Un professionista, assunto con contratto a progetto da un’impresa di costruzioni, ha chiesto la conversione del suo rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Sosteneva che il progetto non fosse specifico e che, non essendo iscritto all’albo professionale italiano, non gli si applicasse l’eccezione prevista per le professioni intellettuali. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Ha stabilito che l’esistenza di un progetto sufficientemente specifico (coordinamento di un cantiere) esclude la conversione automatica. Tale progetto può rientrare nell’attività ordinaria dell’azienda, purché sia finalizzato a un risultato definito. Di conseguenza, l’onere di provare la subordinazione gravava sul lavoratore, prova che non è stata fornita.

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Appello inammissibile: quando è troppo generico

La Corte d’Appello di Bari dichiara un appello inammissibile perché formulato in modo generico e senza una critica specifica alla sentenza di primo grado. Il caso riguardava l’impugnazione di una delibera condominiale per un presunto difetto di notifica. La Corte ha ritenuto l’appello una mera riproposizione delle difese iniziali, senza contestare la ratio decidendi del Tribunale, che aveva accertato la regolarità della convocazione. L’appellante è stato condannato anche per lite temeraria.

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Onere della prova nel mobbing: la guida completa

Un lavoratore ha citato in giudizio la sua ex azienda per mobbing, richiedendo un cospicuo risarcimento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, chiarendo che l’onere della prova nel mobbing spetta interamente al dipendente. Quest’ultimo deve dimostrare non solo i comportamenti vessatori, ma anche l’intento persecutorio del datore di lavoro. Il ricorso è stato giudicato un tentativo di riesaminare i fatti, non consentito in sede di legittimità.

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