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Giurisprudenza Civile

Incandidabilità amministratori: nesso causale e prova
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell'Interno contro la decisione che aveva escluso l'incandidabilità di un ex assessore comunale. Per la Corte, ai fini della dichiarazione di incandidabilità amministratori, non sono sufficienti accuse generiche di condotta omissiva o la semplice conoscenza di persone vicine ad ambienti criminali, se non supportate da prove concrete, univoche e rilevanti che dimostrino un collegamento diretto con la criminalità o un condizionamento dell'organo politico.
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Usucapione e preliminare: non basta possedere
La Corte di Cassazione chiarisce che chi ottiene la disponibilità di un immobile tramite un contratto preliminare di vendita è un mero detentore, non un possessore. Di conseguenza, non può acquisire la proprietà per usucapione, anche se ha pagato il prezzo e apportato migliorie. Le azioni legali intraprese per ottenere il trasferimento della proprietà, inoltre, confermano l'assenza dell'intenzione di possedere come proprietario, elemento essenziale per l'usucapione.
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Errore di fatto: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un'azienda contro l'Ente Previdenziale, chiarendo che un presunto errore di fatto, se consiste in una diversa interpretazione della condotta processuale, non è sufficiente per la revocazione di una sentenza. La Corte ha sottolineato la differenza tra un errore percettivo e una valutazione delle prove, confermando la condanna dell'azienda al pagamento dei contributi e respingendo anche il ricorso incidentale dell'Ente.
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Ricorso per cassazione: l’onere della specificità
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione relativo a un'azione revocatoria. La decisione si fonda sulla violazione del principio di autosufficienza, poiché il ricorrente non ha adeguatamente specificato e riprodotto nel ricorso gli atti e i documenti essenziali a sostegno delle proprie censure, trasformando l'appello in un'inammissibile richiesta di riesame del merito.
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Eleggibilità sindaco a europarlamentare: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che la carica di sindaco di un comune con più di 15.000 abitanti non costituisce una causa di ineleggibilità per l'elezione al Parlamento Europeo. La normativa specifica per le elezioni europee qualifica tale situazione come una causa di incompatibilità, risolvibile con una scelta (opzione) da parte dell'eletto dopo la proclamazione. Pertanto, è stata confermata la legittimità dell'elezione del sindaco, respingendo il ricorso di un cittadino che ne sosteneva l'ineleggibilità sulla base delle norme previste per le elezioni politiche nazionali.
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Accreditamento sanitario: l’accordo scritto è cruciale
Una struttura sanitaria è stata condannata a restituire oltre 685.000 euro a un'Azienda Sanitaria Locale per prestazioni erogate oltre la capacità operativa massima. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della struttura, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della vicenda è la mancata prova di un formale accordo scritto che giustificasse tali prestazioni, rendendo i pagamenti ricevuti indebiti e soggetti a restituzione secondo il principio dell'accreditamento sanitario.
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Incentivo funzioni tecniche: quando è inammissibile
Un dipendente pubblico si è visto negare l'incentivo funzioni tecniche poiché il progetto era stato redatto da professionisti esterni. La Corte d'Appello ha confermato la decisione basandosi su due distinte motivazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del dipendente inammissibile perché egli aveva contestato solo una delle due ragioni, rendendo l'impugnazione inefficace a prescindere dal suo esito.
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Correzione errore materiale: la Cassazione corregge
La Corte di Cassazione accoglie un'istanza per la correzione di errore materiale in una sua precedente ordinanza. L'errore consisteva nell'aver indicato una "società" come parte tenuta al pagamento delle spese legali, anziché una specifica persona fisica. La Corte ha disposto la semplice cancellazione del termine errato, ripristinando la corretta identificazione del soggetto debitore e sottolineando l'importanza di questo strumento processuale per rettificare sviste senza alterare la decisione.
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Danno da usura psico-fisica: pausa negata e risarcimento
Un'azienda sanitaria è stata condannata a risarcire i dipendenti per il danno da usura psico-fisica causato dalla sistematica mancata concessione della pausa di 10 minuti in turni superiori a sei ore. La Cassazione ha ritenuto provato il danno tramite presunzioni, basandosi sulla prolungata e illecita condotta del datore di lavoro.
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Danno da usura psicofisica: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria contro la condanna al risarcimento per il danno da usura psicofisica subito dai dipendenti. Il danno è stato provato tramite presunzioni, come l'estensione dell'orario e la mancata fruizione delle pause per oltre un decennio.
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Legge Pinto: continuità processuale e rimedi preventivi
La Corte d'Appello di Cagliari ha respinto la richiesta di indennizzo per eccessiva durata del processo (Legge Pinto), stabilendo un principio chiave: due procedimenti, anche se collegati, non costituiscono un'unica vicenda processuale. Il primo procedimento è stato considerato concluso con la sentenza definitiva, rendendo tardiva la domanda di indennizzo. Per il secondo, la Corte ha dichiarato la domanda inammissibile per il mancato utilizzo dei cosiddetti 'rimedi preventivi', strumenti obbligatori per sollecitare la definizione del giudizio, dimostrando la loro cruciale importanza nelle cause pendenti dopo il 2016.
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Contratto collegato: risoluzione per impianto non-conforme
Una coppia di consumatori acquista un impianto fotovoltaico con la promessa del "costo zero", grazie a un contratto collegato di finanziamento. L'impianto si rivela meno produttivo del previsto, vanificando il beneficio economico. La Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie la domanda dei consumatori. Stabilisce che il termine per denunciare il difetto decorre da quando si ha una chiara percezione del problema (almeno un anno di osservazione) e, accertato il grave inadempimento del fornitore, dichiara la risoluzione sia del contratto di fornitura sia del contratto collegato di finanziamento, ordinando la restituzione delle rate pagate.
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Compensatio Lucri Cum Damno e Danni da Trasfusione
La Corte d'Appello di Cagliari ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado in un caso di danno da trasfusione infetta. Pur confermando la responsabilità del Ministero della Salute, ha applicato integralmente il principio della compensatio lucri cum damno, stabilendo che l'intero ammontare del risarcimento del danno deve essere compensato con l'indennizzo, sia già percepito che futuro, previsto dalla L. 210/1992. Di conseguenza, il risarcimento è stato di fatto azzerato dall'importo maggiore dell'indennizzo.
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Danno da emotrasfusione: indennizzo e risarcimento
La Corte d'Appello, decidendo su un caso di danno da emotrasfusione risalente al 1975, ha stabilito un importante principio sulla cumulabilità tra indennizzo e risarcimento. La Corte ha riconosciuto la responsabilità del Ministero per omessa vigilanza e ha liquidato un risarcimento per l'invalidità temporanea subita dalla vittima per oltre 20 anni. Ha però chiarito che l'indennizzo previsto dalla L. 210/92, essendo destinato al solo danno permanente, non può essere detratto dal risarcimento per il danno temporaneo, evitando così un'indebita riduzione del ristoro per la sofferenza patita durante la malattia.
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Sospensione esecuzione sentenza: tutela della casa
Una parte ha richiesto la sospensione dell'esecuzione di una sentenza che ordinava il rilascio di un immobile, sostenendo di avervi costruito la propria abitazione. La Corte d'Appello di Cagliari ha accolto la richiesta, ordinando la sospensione esecuzione sentenza. La decisione si è basata esclusivamente sulla valutazione del 'periculum in mora', ovvero il rischio di danno grave e irreparabile derivante dalla perdita della casa, senza analizzare la fondatezza nel merito dell'opposizione.
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Accordi tra Enti Pubblici: quando non è appalto
Una recente sentenza della Corte d'Appello ha stabilito che gli accordi tra enti pubblici finalizzati al perseguimento di un interesse comune non sono contratti d'appalto e, pertanto, non richiedono una gara pubblica. Il caso riguardava un ente regionale che si rifiutava di pagare un ente strumentale per l'organizzazione di un evento, sostenendo la nullità delle convenzioni per mancato ricorso all'evidenza pubblica. La Corte ha riformato la decisione di primo grado, qualificando il rapporto come un legittimo accordo di collaborazione e condannando l'ente regionale al pagamento delle somme dovute.
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Mancata risposta all’interrogatorio: non è confessione
La Corte d'Appello di Cagliari conferma la risoluzione di un contratto di locazione per morosità, rigettando l'appello del conduttore. La sentenza chiarisce che la mancata risposta all'interrogatorio formale di un terzo chiamato in causa non costituisce una confessione automatica. Il giudice deve valutare tale comportamento discrezionalmente, insieme a tutte le altre prove, che nel caso di specie erano sufficienti a smentire la tesi dell'appellante circa un presunto accordo sulla responsabilità del pagamento dei canoni.
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Vendita immobile difettoso: quando scatta la risoluzione
La Corte d'Appello di Cagliari ha confermato la risoluzione di un contratto di compravendita per una vendita di immobile difettoso. Gli acquirenti avevano riscontrato gravi vizi, come infiltrazioni e muffa, che rendevano l'appartamento di nuova costruzione inabitabile. La Corte ha stabilito che tali difetti, compromettendo la funzione abitativa del bene, giustificano la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1490 c.c., senza la necessità di configurare un'ipotesi di 'aliud pro alio'. L'appello della società costruttrice è stato respinto, con condanna alla restituzione delle somme e al pagamento delle spese.
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Sanatoria contributiva: quando la richiesta è valida?
Una società ha avviato una sanatoria contributiva tramite un'istanza di dilazione, ma l'ente previdenziale l'ha respinta per incompletezza e per il pagamento tardivo di una rata non oggetto della sanatoria. La Corte d'Appello ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo la procedura di regolarizzazione perfezionata. La Corte ha stabilito che la richiesta del consulente di integrare la domanda era valida e che un debito maturato successivamente non poteva invalidare la procedura di regolarizzazione già correttamente avviata.
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Eccessiva durata del processo: risarcimento di 6.000€
La Corte d'Appello ha riconosciuto un'equa riparazione ai familiari di una vittima di un incidente sul lavoro a causa dell'eccessiva durata del processo di primo grado, durato quasi 18 anni. Sottraendo i ritardi non imputabili allo Stato, la Corte ha calcolato un ritardo indennizzabile di 15 anni, liquidando un importo di 6.000 euro per ciascun ricorrente. La decisione si fonda sulla Legge Pinto, che stabilisce il diritto a un indennizzo quando la giustizia non rispetta tempi ragionevoli.
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