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Giurisprudenza Civile

Clausola risolutiva: la tolleranza annulla l'effetto

Una Corte d’Appello ha respinto la richiesta di un locatore di terminare un contratto di locazione basata su una clausola risolutiva espressa. La corte ha stabilito che la continua accettazione di pagamenti tardivi da parte del locatore costituisce tolleranza, un comportamento incompatibile con la volontà di risolvere il contratto, rendendo inefficace la clausola.

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Risarcimento danno ritardata assunzione: limiti

Una docente, dopo aver atteso 14 anni per una nomina in ruolo illegittimamente ritardata dall’Amministrazione, ottiene in via definitiva il pieno risarcimento del danno per la ritardata assunzione. La Corte di Cassazione, e per essa la Corte d’Appello in sede di rinvio, ha stabilito che non si può pretendere dal lavoratore di compiere sacrifici “gravosi o eccezionali”, come trasferirsi in un’altra regione per un lavoro precario, al solo fine di mitigare il danno causato dall’ente. La sentenza condanna quindi l’Amministrazione a versare tutte le retribuzioni perse, detratto solo quanto effettivamente guadagnato altrove dalla lavoratrice.

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Prestazioni socio-sanitarie: chi paga la retta?

La Corte d’Appello ha stabilito che se le cure fornite in una casa di riposo sono classificabili come prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, il costo è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, né il Comune né i parenti sono tenuti al pagamento della retta. La decisione si è basata su una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che ha accertato la natura prevalentemente sanitaria delle cure fornite a due anziani affetti da gravi patologie, annullando così le ingiunzioni di pagamento emesse dalla struttura.

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Penale eccessiva: la riduzione del giudice d'appello

In una controversia su un contratto preliminare immobiliare, la Corte d’Appello ha affrontato il tema della clausola penale. A seguito dell’inadempimento del promittente venditore, il tribunale di primo grado aveva ordinato la restituzione della caparra e il pagamento di una penale di 100.000 euro. La Corte d’Appello, pur confermando l’inadempimento, ha ritenuto la penale eccessiva. Valutando il comportamento del creditore, che aveva atteso due anni prima di agire, ha ridotto l’importo della penale a 50.000 euro, applicando il potere di riduzione equitativa previsto dalla legge.

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Simulazione assoluta: vendita fittizia e onere prova

Una banca ha ottenuto la dichiarazione di nullità di una compravendita immobiliare tra il proprio debitore e un’altra società, provando la simulazione assoluta dell’atto. La Corte d’Appello ha confermato la decisione, valorizzando come prove presuntive le modalità anomale di pagamento, la sproporzione del prezzo e la rinuncia all’ipoteca legale, ponendo a carico dell’acquirente l’onere di dimostrare l’effettivo pagamento.

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Dichiarazione mendace: niente punti per il servizio

La Corte d’Appello ha confermato la decisione di non attribuire punteggio per un servizio lavorativo svolto nel settore scolastico, poiché il contratto era stato ottenuto sulla base di una dichiarazione mendace. Una lavoratrice aveva indicato un voto di diploma superiore a quello reale, ottenendo così un incarico. L’Amministrazione, scoperto l’errore, ha rettificato il punteggio e considerato il servizio prestato come ‘di fatto’, senza valore ai fini della graduatoria. La Corte ha stabilito che i controlli sono legittimi anche se non immediati e che non può esistere un legittimo affidamento in caso di dichiarazioni non veritiere, anche se l’errore non è intenzionale.

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Assegno di mantenimento, dimostrare di aver cercato un lavoro

In materia di separazione dei coniugi, grava sul richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacità di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione retribuita confacente alle proprie attitudini professionali, poiché il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’art. 156 c.c., pur essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non può estendersi fino a comprendere ciò che, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, l’istante sia in grado di procurarsi da solo.

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Prova consegna merce: come dimostrarla senza firma

Una società fornitrice di prodotti agricoli ha appellato una sentenza che aveva ridotto il suo credito a causa del disconoscimento delle firme su diverse bolle di consegna da parte del cliente. La Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, stabilendo che la prova della consegna della merce non è vincolata alla sola prova documentale. Ammettendo la prova testimoniale, che ha confermato le forniture, la Corte ha affermato il principio della libertà dei mezzi probatori in materia, condannando il debitore al pagamento dell’intero importo.

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Responsabilità professionale ingegnere: sentenza

Una recente sentenza della Corte d’Appello analizza la responsabilità professionale dell’ingegnere per gravi vizi nella progettazione di un’autorimessa. La Corte ha confermato la colpa del professionista, anche a fronte di presunte richieste speculative dei committenti, ma ha parzialmente ridotto il risarcimento per difetto di prova su alcuni danni. Il caso chiarisce i doveri del professionista, l’onere probatorio e l’applicazione delle polizze assicurative.

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Equa riparazione: risarcimento per processo troppo lungo

Una società creditrice ha ottenuto un’equa riparazione per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte d’Appello ha riconosciuto che una durata di oltre 8 anni superava il limite ragionevole di 6 anni, liquidando un risarcimento di 800 euro per il ritardo di 2 anni. La Corte ha calcolato il danno sulla base di 400 euro per ogni anno di ritardo irragionevole, condannando il Ministero competente al pagamento.

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Compenso amministratore: quando è dovuto e perso

La Corte d’Appello ha esaminato il caso di un amministratore di società che chiedeva il pagamento del proprio compenso. La società si opponeva, avanzando una domanda riconvenzionale per prelievi ingiustificati. La Corte ha stabilito che il diritto al compenso amministratore, sebbene presunto, si prescrive in cinque anni. Inoltre, ha negato il compenso per il periodo non prescritto a causa del grave inadempimento dell’amministratore, che non aveva giustificato i prelievi. Di conseguenza, l’amministratore è stato condannato a restituire le somme prelevate, al netto di una piccola parte di compenso riconosciutagli per un breve periodo residuo.

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Riconoscimento provvedimento straniero: sì dalla Corte

La Corte d’Appello di Venezia ha accolto la richiesta di due genitori per il riconoscimento di un provvedimento di tutela emesso da un tribunale statunitense a favore della figlia maggiorenne incapace. Il Comune si era opposto, ma la Corte ha chiarito che il riconoscimento provvedimento straniero di nomina del tutore è un atto distinto dalla successiva autorizzazione a compiere specifici atti in Italia, affermando la compatibilità dell’istituto statunitense con l’ordine pubblico italiano.

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Inquadramento superiore: quando è legittimo il no?

Un lavoratore ha fatto appello per ottenere un inquadramento superiore e le relative differenze retributive. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta, confermando la decisione di primo grado. La Corte ha stabilito che la pretesa per un primo periodo lavorativo era caduta in prescrizione. Per il secondo periodo, ha concluso che le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore non possedevano il grado di autonomia, responsabilità e professionalità richiesto dal Contratto Collettivo per giustificare un inquadramento superiore.

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Licenziamento giusta causa: abuso di potere legittima

Un dipendente, dopo un incidente, ha incaricato una ditta esterna per la bonifica, eccedendo i propri poteri. Inizialmente reintegrato dal Tribunale, la Corte d’Appello ha riformato la decisione, ritenendo legittimo il licenziamento per giusta causa. La Corte ha stabilito che agire senza poteri rappresenta una grave lesione del vincolo fiduciario che giustifica il recesso, a prescindere da un danno economico diretto per l’azienda.

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Locazione operativa: risoluzione e penale per canoni non pagati

Una società che aveva preso in locazione operativa attrezzature per la ristorazione non ha pagato i canoni pattuiti. Il Tribunale ha dichiarato risolto il contratto, condannando l’azienda alla restituzione immediata dei beni e al pagamento di oltre 12.000 euro, comprensivi di canoni insoluti, spese e una pesante penale. La decisione si fonda sull’efficacia della clausola risolutiva espressa e sulla mancata contestazione da parte della società inadempiente.

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Convivente superstite: diritto di restare nella casa

Il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta degli eredi di accedere alla casa familiare del defunto, riconoscendo il diritto prevalente del convivente superstite di continuare ad abitarvi. L’accesso temporaneo concesso agli eredi è stato qualificato come mera ospitalità e non come acquisizione del possesso. La decisione stabilisce che il convivente superstite può legittimamente cambiare le serrature per tutelare il proprio domicilio, senza che ciò costituisca uno spoglio illegittimo nei confronti degli eredi.

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Sovraindebitamento: l'obbligo di trasparenza bancaria

In una procedura di sovraindebitamento, il Tribunale di Torino ha ordinato a un debitore di fornire la documentazione completa di tutti i rapporti bancari degli ultimi 5 anni, specialmente quello di accredito dello stipendio. La mancata trasparenza iniziale aveva impedito la corretta valutazione della condizione di crisi. Il giudice ha fissato termini per l’integrazione documentale sia per il debitore che per l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC).

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Eccezione inadempimento: quando non blocca il pagamento

Una società appaltatrice ottiene un decreto ingiuntivo per un’ultima rata non pagata. Il committente si oppone, lamentando vizi e ritardi, e chiede i danni. Il Tribunale respinge l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo. La decisione si fonda su un accordo transattivo successivo, che ha sanato ogni precedente controversia. L’eccezione di inadempimento sollevata dal committente sugli obblighi di tale accordo è stata giudicata infondata perché basata su impegni troppo vaghi e generici.

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Cessione credito sinistro: diritti e validità

Il Tribunale di Torino ha esaminato un caso di risarcimento danni da sinistro stradale a catena, in cui una carrozzeria e una società di ripristino stradale, quali cessionarie del credito, chiedevano il risarcimento alla compagnia assicurativa del veicolo responsabile. La corte ha rigettato la richiesta di sospensione del giudizio e ha affermato la validità della cessione credito sinistro da parte del proprietario del veicolo danneggiato alla carrozzeria, ritenendo il conducente del veicolo tamponante l’unico responsabile. Ha, tuttavia, escluso la legittimazione della società di ripristino stradale e negato il danno da fermo tecnico non provato.

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Regresso fideiussore: quando si può agire?

Una sentenza del Tribunale di Torino chiarisce i presupposti per l’azione di regresso del fideiussore. Dei garanti avevano ottenuto un decreto ingiuntivo contro il debitore principale (l’ex moglie del figlio) per canoni di locazione non pagati, senza però aver ancora saldato il debito al locatore. Il Tribunale ha revocato il decreto, stabilendo che il diritto di regresso del fideiussore sorge solo con l’effettivo pagamento del debito, non essendo sufficiente la mera sottoposizione a una procedura esecutiva. La mancata prova del pagamento ha reso infondata l’azione dei garanti.

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