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Giurisprudenza Civile

Danno da occupazione sine titulo: prova necessaria

Una recente sentenza della Corte di Appello di Firenze chiarisce i requisiti per ottenere il risarcimento per il danno da occupazione sine titulo. La Corte ha rigettato la richiesta di risarcimento di un proprietario poiché non aveva fornito la prova di un pregiudizio economico specifico, come la perdita di occasioni di affitto o vendita. La decisione conferma l’orientamento delle Sezioni Unite (Cass. 33645/2022), secondo cui il danno non è implicito nell’occupazione stessa ma deve essere concretamente allegato e provato. È stato inoltre respinto il risarcimento per opere sull’immobile, in quanto autorizzate dal precedente proprietario.

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Responsabilità solidale: come si interpreta la sentenza

La Corte d’Appello di Firenze chiarisce l’interpretazione del principio di responsabilità solidale in un caso di vizi edilizi. La sentenza rigetta l’appello di una società costruttrice, stabilendo che la condanna solidale permette al danneggiato di richiedere l’intero risarcimento a uno qualsiasi dei responsabili. La specificazione delle quote di responsabilità nel giudizio ha valore solo per l’azione di regresso interna tra i condebitori, ma non limita il diritto del creditore.

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Responsabilità intermediario finanziario: quando paga?

Una sentenza della Corte d’Appello chiarisce i limiti della responsabilità dell’intermediario finanziario per le condotte illecite del promotore. Nel caso esaminato, la banca è stata assolta perché i risparmiatori non hanno provato il ‘nesso di occasionalità necessaria’ tra l’illecito e le mansioni del promotore. Decisivo è stato il fatto che parte delle somme fosse stata versata tramite assegni intestati a terzi, interrompendo così il legame di causalità con l’operato della banca.

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Equa riparazione: risarcimento per ritardi nel fallimento

Un creditore in una procedura fallimentare durata oltre 10 anni ha ottenuto un’equa riparazione dalla Corte d’Appello di Firenze. La corte ha riconosciuto un indennizzo di 1.680 euro per un ritardo irragionevole di 4 anni, stabilendo che il calcolo del ritardo decorre dalla data di presentazione della domanda di insinuazione al passivo.

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Usura sopravvenuta: la Corte ricalcola il debito

Una società e i suoi garanti hanno impugnato una sentenza che li condannava a pagare un debito bancario, lamentando l’applicazione di tassi usurari. La Corte d’Appello ha parzialmente accolto il ricorso, riconoscendo l’esistenza di usura sopravvenuta e di addebiti illegittimi, come l’anatocismo e commissioni non determinate. Di conseguenza, ha revocato il decreto ingiuntivo iniziale e ha rideterminato l’importo dovuto in una misura inferiore, basandosi su una nuova perizia tecnica.

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Contratto nullo per difetto di forma: la banca paga

La Corte d’Appello ha dichiarato un contratto bancario nullo per difetto di forma scritta. Di conseguenza, ha condannato un istituto di credito a restituire oltre 33.000 euro a due ex soci, ricalcolando il saldo del rapporto senza le spese e commissioni non validamente pattuite, in riforma della sentenza di primo grado.

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Anatocismo bancario: la pattuizione deve essere chiara

La Corte d’Appello, riformando parzialmente una sentenza di primo grado, ha stabilito l’illegittimità della pratica di anatocismo bancario applicata da un istituto di credito per mancanza di una specifica e chiara pattuizione successiva alla delibera CICR del 2000. Il caso riguardava la richiesta di due clienti di rideterminare il saldo di un conto corrente, contestando l’applicazione di interessi composti. La Corte ha accolto il motivo relativo all’anatocismo, ordinando il ricalcolo del saldo senza capitalizzazione trimestrale e riducendo il debito dei clienti.

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Accordo stipulato tra ex conviventi di fatto

In ipotesi di accordo stipulato tra ex conviventi di fatto, al momento della cessazione della convivenza, al fine di disciplinare sia profili relativi al mantenimento della prole sia questioni patrimoniali insorte nella coppia, è stato affermato che in tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo.

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Responsabilità avvocato: nesso causale e danno

Un cliente ha citato in giudizio i propri legali per responsabilità professionale, accusandoli di non aver chiamato in causa la società datrice di lavoro in un processo per un infortunio mortale. La Corte d’Appello di Firenze, pur riconoscendo la negligenza degli avvocati, ha respinto la richiesta di risarcimento. La decisione si fonda sulla mancanza del nesso causale tra l’omissione e il danno economico subito dal cliente, poiché la successiva insolvenza della società avrebbe comunque lasciato invariato il suo onere di pagamento.

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Onere della prova liquidazione giudiziale: chi deve?

Una società ha impugnato la sentenza di apertura della sua liquidazione giudiziale, sostenendo di essere al di sotto delle soglie di legge e di vantare un credito significativo. La Corte d’Appello ha respinto il reclamo, affermando che l’onere della prova nella liquidazione giudiziale spetta all’imprenditore, specialmente in assenza di bilanci depositati. I documenti alternativi prodotti dalla stessa società, uniti all’ammissione di non poter pagare un debito esecutivo, hanno confermato uno stato di insolvenza conclamato, rendendo inevitabile la conferma della liquidazione.

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Soccombenza parziale: esclusa se si vince in subordine

In un caso di risarcimento danni per una caduta su un marciapiede, la Corte d’Appello di Firenze ha riformato una sentenza di primo grado sul punto delle spese legali. Sebbene al danneggiato fosse stato riconosciuto un concorso di colpa del 50%, la Corte ha stabilito che non vi è ‘soccombenza parziale’ quando la domanda subordinata (che prevedeva appunto il concorso di colpa) viene accolta. Di conseguenza, l’ente convenuto è stato condannato a pagare integralmente le spese legali del primo grado e dell’appello.

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Contratto quadro trading: nullo con point and click

Una recente sentenza della Corte di Appello ha dichiarato nullo un contratto quadro trading sottoscritto online con la semplice procedura ‘point and click’. Il caso riguardava un’investitrice che, dopo aver perso il suo capitale, ha contestato la validità del contratto per vizio di forma. A differenza del tribunale di primo grado, la Corte d’Appello ha stabilito che la firma elettronica semplice non soddisfa il requisito della forma scritta imposto dalla legge per tali contratti, ordinando alla società di intermediazione la restituzione dell’intera somma versata.

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Prescrizione conti correnti: la decisione della Corte

Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per contestare addebiti illeciti sui propri conti correnti. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, ha affrontato temi cruciali come la prescrizione dei conti correnti, l’onere della prova in caso di documentazione incompleta e l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo) in assenza di una pattuizione scritta successiva alla delibera CICR del 2000. La Corte ha quindi proceduto a ricalcolare i saldi, riconoscendo un credito alla società ma respingendo la richiesta di condanna alla restituzione per incertezza probatoria su alcuni aspetti.

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Clausole bancarie nulle: quando la banca deve pagare

Una società ha citato in giudizio la propria banca contestando varie commissioni e interessi addebitati sul conto corrente. La Corte d’Appello ha confermato che diverse clausole bancarie erano nulle, in particolare quella sulla commissione di massimo scoperto per indeterminatezza, e ha convalidato un accertamento di usura. Sebbene abbia parzialmente modificato la decisione di primo grado riducendo l’importo, la Corte ha comunque condannato la banca a un significativo rimborso. Il caso evidenzia l’importanza della chiarezza nei contratti bancari e come le clausole nulle possano portare a condanne per l’istituto di credito.

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Onere della prova mutuo: chi deve dimostrarlo?

Un soggetto eroga una somma per l’acquisto di un’auto a favore della compagna del nipote, chiedendone poi la restituzione come prestito. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, rigetta la domanda. In tema di onere della prova mutuo, spetta a chi agisce per la restituzione dimostrare non solo la dazione di denaro, ma anche il titolo giuridico che fonda l’obbligo di rimborso, non essendo sufficiente la mera ammissione della ricezione da parte del convenuto.

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Responsabilità Autorità Vigilanza: quando è esclusa

Una risparmiatrice ha citato in giudizio le autorità di vigilanza per le perdite subite a seguito dell’acquisto di azioni di una banca, lamentando una loro omessa supervisione. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, rigettando la domanda. La sentenza sottolinea che per accertare la responsabilità dell’autorità di vigilanza non bastano allegazioni generiche, ma è necessario provare una specifica omissione colposa e, soprattutto, un nesso di causalità diretto tra tale omissione e il danno subito dall’investitore, elementi che nel caso di specie mancavano del tutto.

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Responsabilità amministratore: prova e nesso causale

Una società citava in giudizio la sua ex amministratrice per mala gestio, ottenendo in primo grado una condanna al risarcimento di un ingente importo. La Corte d’Appello ha parzialmente riformato la decisione, riducendo la condanna. La sentenza chiarisce due punti cruciali sulla responsabilità amministratore: 1) l’eccezione di nullità della delibera assembleare, sebbene rilevabile d’ufficio, deve fondarsi su fatti già acquisiti al processo, precludendone la proposizione tardiva se richiede nuove prove. 2) La società che agisce ha l’onere di provare non solo la condotta illecita, ma anche il danno concreto e il nesso causale, non potendo la condanna basarsi su pagamenti per cui non è dimostrata la natura lesiva.

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Responsabilità del custode: caduta per buca stradale

Una cittadina cade a causa di una sconnessione del manto stradale in un’area di mercato, subendo lesioni. La Corte d’Appello conferma la responsabilità del custode, in questo caso l’ente pubblico, per i danni subiti. La sentenza ribadisce che la responsabilità ex art. 2051 c.c. è di natura oggettiva e non richiede la prova di un’insidia. L’ente può liberarsi solo provando il caso fortuito, non ravvisato nel comportamento della danneggiata. La decisione è stata riformata solo sul calcolo degli interessi, escludendo l’applicazione del tasso maggiorato previsto per le obbligazioni contrattuali.

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Malattia professionale vibrazioni: il nesso causale

La Corte d’Appello ha confermato la condanna di un’azienda di trasporti a risarcire un autista per malattia professionale da vibrazioni (ernia discale). La Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale tra la patologia e il lavoro, valorizzando la lunga esposizione a vibrazioni su mezzi obsoleti per quasi vent’anni, anche se l’azienda aveva poi rinnovato la flotta. La decisione stabilisce che l’esposizione pregressa è determinante, anche se la malattia si manifesta anni dopo la riduzione del rischio.

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Vizi della merce: quando il difetto non è grave

Una società acquirente di cavi elettrici contesta la qualità della fornitura a causa di un ritiro anomalo dell’isolante. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, nega la risoluzione del contratto. La sentenza chiarisce che i vizi della merce, se di valore esiguo rispetto alla fornitura totale, non costituiscono un inadempimento grave tale da giustificare lo scioglimento del vincolo contrattuale, valorizzando le conclusioni della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

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