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Giurisprudenza Civile

Comodato familiare: può essere revocato da un genitore?

Un padre agisce in giudizio per ottenere il rilascio di un immobile occupato dal figlio senza un titolo valido. Durante la causa, la madre, comproprietaria del bene, stipula un contratto di comodato familiare a favore del figlio per regolarizzarne la posizione. La Corte di Appello di Firenze conferma la decisione di primo grado, stabilendo che il contratto di comodato, stipulato da un solo coniuge dopo l’inizio dell’azione legale e contro la volontà dell’altro, non è opponibile a quest’ultimo. L’occupazione del figlio rimane quindi priva di titolo, legittimando l’ordine di rilascio.

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Prova incarico professionale: come dimostrarlo in giudizio

Un’architetta ha citato in giudizio una cliente per ottenere il pagamento di compensi professionali per varie attività di consulenza. La cliente si è difesa sostenendo che la collaborazione era a titolo amichevole. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta dell’architetta, non perché mancasse la prova dell’incarico professionale, ma perché ha ritenuto che le parti avessero raggiunto un accordo transattivo che saldava ogni pretesa. La sentenza sottolinea che la prova dell’esistenza di un rapporto professionale e di un successivo accordo che lo estingue può essere desunta anche da comunicazioni informali, come le email.

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Appello tardivo: quando la scusa non regge in Corte

Una locatrice impugna una sentenza che la condanna a risarcire l’ex conduttrice, sostenendo di non aver mai ricevuto la notifica del processo a causa di una cassetta postale rotta. La Corte d’Appello dichiara l’appello tardivo inammissibile, ritenendo la scusa infondata. Le prove hanno dimostrato che l’avvocato della locatrice aveva consultato il fascicolo telematico mesi prima, attestando la conoscenza della sentenza. La Corte ha inoltre condannato la locatrice per lite temeraria a causa della palese infondatezza del ricorso.

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Abuso del diritto: appello infondato e sanzioni

La Corte di Appello di Firenze ha rigettato l’appello di alcuni inquilini morosi, condannandoli per lite temeraria. La sentenza evidenzia come il loro comportamento ostruzionistico durante la mediazione obbligatoria costituisca un chiaro abuso del diritto, finalizzato unicamente a ritardare il processo. La Corte ha confermato la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento, ritenendo infondate le eccezioni procedurali e quelle relative all’aumento del canone, dimostrando che l’abuso del diritto non trova tutela nell’ordinamento.

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Vizio procedurale: sentenza nulla ma decisa nel merito

Una cliente si opponeva al pagamento di un’impresa di traslochi, lamentando danni ai mobili e all’immobile. Il Tribunale le dava torto. La Corte d’Appello ha dichiarato la sentenza di primo grado nulla per un vizio procedurale, ma ha comunque esaminato il caso e respinto la richiesta della cliente per mancanza di prove sufficienti sui danni e sulla loro tempestiva contestazione. La Corte ha sottolineato che, nonostante l’errore procedurale, la parte che lamenta un danno deve sempre fornirne prova rigorosa.

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Trascrizione del contratto preliminare e suoi effetti

Gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo.

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Liquidazione giudiziale: quando la crisi è insolvenza

Una società in liquidazione giudiziale ha impugnato la sentenza, sostenendo di trovarsi in una crisi temporanea e non in uno stato di insolvenza, a causa di ritardi nell’incasso di crediti fiscali. La Corte d’Appello ha respinto il reclamo, confermando l’insolvenza irreversibile sulla base di prove schiaccianti: debiti ingenti, patrimonio netto negativo, paralisi operativa e l’impossibilità di liquidare gli asset vantati. La Corte ha sottolineato che l’insolvenza consiste nell’incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni, un dato che va oltre il semplice confronto contabile tra attivi e passivi.

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Equa riparazione: indennizzo ridotto sotto il minimo

Una società si opponeva a un decreto che liquidava un’equa riparazione per la durata irragionevole di una procedura fallimentare in misura inferiore ai minimi di legge. La Corte d’Appello di Firenze ha respinto l’opposizione, stabilendo che il giudice può ridurre l’indennizzo al di sotto delle soglie standard previste dalla Legge Pinto. La decisione si basa su una valutazione equitativa che considera la natura del credito, il suo valore modesto e, soprattutto, la scarsissima aspettativa di recupero, ritenendo che tali fattori riducano il danno non patrimoniale (patema d’animo) subito dal creditore.

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Appello rito locatizio: i termini per impugnare

Una società conduttrice ha impugnato la sentenza che le negava l’indennità di avviamento. La Corte d’Appello ha dichiarato l’appello inammissibile perché tardivo. In un appello rito locatizio, che segue le regole del rito del lavoro, l’impugnazione si perfeziona con il deposito del ricorso in cancelleria entro 30 giorni. La società appellante aveva erroneamente usato un atto di citazione, depositandolo oltre il termine, rendendo così l’impugnazione irrimediabilmente tardiva nonostante la notifica fosse avvenuta nei tempi.

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Responsabilità professionale avvocato: il dovere del cliente

Una lavoratrice cita in giudizio il proprio avvocato per non aver avviato una causa per mobbing, causandone la prescrizione. La Corte d’Appello rigetta la domanda, confermando la sentenza di primo grado. La decisione si fonda sulla mancata collaborazione della cliente, che non ha fornito al legale i nominativi dei testimoni, elemento essenziale per l’azione legale. Viene quindi esclusa la responsabilità professionale avvocato, poiché l’insuccesso della causa è imputabile alla condotta omissiva della stessa assistita.

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Affitto d'azienda: quando il canone è dovuto

La Corte di Appello di Firenze si è pronunciata su un caso di affitto d’azienda, riformando una sentenza di primo grado. La controversia nasceva dal mancato pagamento di canoni da parte dell’affittuario, il quale si opponeva sostenendo di aver diritto a compensazioni per migliorie e di essere stato ostacolato nell’uso del bene. La Corte ha stabilito che l’affittuario è tenuto a pagare il canone fino all’effettiva riconsegna dell’azienda, come previsto dall’art. 1591 c.c., anche se il contratto è stato risolto. Inoltre, ha rigettato la richiesta di rimborso per le migliorie, in quanto l’affittuario non ha provato di aver ottenuto il necessario consenso scritto dal proprietario, come richiesto dal contratto. Infine, è stata annullata la condanna per lite temeraria a carico del locatore, poiché la sua domanda era risultata parzialmente fondata.

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Onere della prova appalto: chi prova i lavori extra?

La Corte di Appello di Firenze si è pronunciata su una controversia nata da un contratto di appalto verbale. Un committente aveva contestato la richiesta di pagamento per lavori ritenuti extra rispetto a un accordo a corpo. La Corte ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello del committente e chiarendo l’importanza dell’onere della prova nell’appalto. È stato stabilito che spetta all’appaltatore dimostrare l’esecuzione dei lavori aggiuntivi tramite prove, come le testimonianze, e al committente provare l’avvenuto pagamento e la sua specifica imputazione. La sentenza sottolinea i rischi degli accordi verbali e l’importanza della documentazione scritta.

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Inadempimento locatore: quando i vizi non bastano

Un conduttore di un locale commerciale sospendeva il pagamento del canone a causa di infiltrazioni d’acqua e problemi fognari, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore. I locatori, di contro, richiedevano il pagamento dei canoni non corrisposti. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, respingendo le richieste del conduttore. La Corte ha stabilito che i vizi, essendo di natura ‘episodica’ e non così gravi da impedire totalmente l’uso dell’immobile, non legittimavano la sospensione totale del pagamento del canone. L’azione del conduttore è stata ritenuta sproporzionata rispetto al presunto inadempimento del locatore.

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Ne bis in idem: no a nuovo risarcimento danni

Una paziente, dopo aver ottenuto un primo risarcimento per un’infezione post-operatoria, ha intentato una nuova causa per i successivi aggravamenti. La Corte di Appello ha respinto la domanda applicando il principio del ne bis in idem. La sentenza chiarisce che un giudizio definitivo copre non solo i danni lamentati, ma anche quelli che potevano essere dedotti, impedendo così ulteriori azioni per la stessa causa. La decisione è stata quindi confermata, con una parziale compensazione delle spese legali.

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Responsabilità professionale architetto: la sentenza

Una società committente ha citato in giudizio un architetto per un errore di progettazione relativo alla costruzione di una scala esterna, edificata in violazione delle distanze legali. La Corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato il diritto prescritto, ha affermato la responsabilità professionale architetto. Il termine di prescrizione, ha chiarito la Corte, decorre non dall’esecuzione del progetto, ma dal momento in cui il danno diviene oggettivamente percepibile, ovvero dalla sentenza definitiva che ha accertato l’illegittimità dell’opera. L’architetto è stato quindi condannato al risarcimento dei danni, comprensivi dei costi di demolizione e delle spese legali del precedente giudizio.

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Animus spoliandi: quando manca l'intenzione di spoglio

Una proprietaria ha citato in giudizio l’ex moglie del figlio per aver occupato un suo appartamento. La Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado, rigettando la domanda di reintegrazione nel possesso per mancanza di ‘animus spoliandi’. È stato ritenuto che l’occupante fosse in buona fede, indotta a credere dal suo ex marito di avere il permesso della proprietaria. Di conseguenza, mancava l’elemento psicologico necessario per configurare lo spoglio.

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Anzianità di servizio: vale il contratto a termine?

La Corte d’Appello ha stabilito che l’anzianità di servizio maturata durante un contratto a termine deve essere pienamente riconosciuta ai fini di una progressione di carriera, anche se il rapporto a termine si è concluso prima dell’entrata in vigore della Direttiva 99/70/CE. La mancata valutazione di tale periodo costituisce una discriminazione illegittima.

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Successione per rappresentazione: limiti e regole

La Corte d’Appello di Firenze chiarisce i limiti della successione per rappresentazione in linea collaterale. In un caso di eredità senza testamento, la Corte ha stabilito che solo i discendenti diretti dei fratelli e delle sorelle del defunto possono ereditare per rappresentazione, escludendo i parenti di grado successivo come i discendenti dei nipoti. La sentenza conferma l’interpretazione restrittiva dell’art. 468 del codice civile, ribadendo che la norma è tassativa e non ammette estensioni.

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Obbligo consegna documenti: banca cedente responsabile

Un cliente ha richiesto alla sua banca originaria i documenti di un mutuo, ma la banca ha rifiutato sostenendo di aver ceduto il credito a un’altra società. La Corte d’Appello di Firenze ha stabilito che l’obbligo di consegna documenti rimane in capo alla banca cedente, a meno che questa non fornisca la prova concreta di aver trasferito fisicamente tutta la documentazione al nuovo creditore. La semplice affermazione della cessione non è sufficiente per liberarsi da tale responsabilità.

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Onere della prova prescrizione: il correntista decide

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha riformato una decisione di primo grado, stabilendo un principio cruciale sull’onere della prova prescrizione nei rapporti di conto corrente. A fronte di contratti risultati nulli per firme apocrife, la Corte ha chiarito che spetta al correntista, e non alla banca, dimostrare la natura ripristinatoria delle rimesse per vincere l’eccezione di prescrizione. La causa è stata rimessa in istruttoria per una nuova CTU che ricalcoli il saldo alla luce di questo principio e della nullità degli addebiti non pattuiti.

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