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Giurisprudenza Civile

Priorità della trascrizione: vince chi registra prima
Un acquirente all'asta perde la proprietà perché, a seguito della cancellazione del pignoramento, altri acquirenti hanno registrato il loro acquisto prima del suo decreto di trasferimento. La Cassazione applica la regola della priorità della trascrizione, affermando che la cancellazione interrompe la tutela del pignoramento.
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Azione revocatoria: valida anche con ipoteche sul bene
La Corte di Cassazione ha confermato che un'azione revocatoria è ammissibile anche se l'immobile venduto dal debitore è gravato da ipoteche. Un debitore, convenuto in revocatoria, sosteneva che la rinuncia all'esecuzione forzata da parte di un creditore ipotecario eliminasse il pregiudizio per gli altri creditori. La Corte ha rigettato tale tesi, chiarendo che la rinuncia all'esecuzione non estingue il debito né la garanzia ipotecaria. Di conseguenza, il rischio di danno (eventus damni) per gli altri creditori permane, giustificando l'accoglimento dell'azione revocatoria.
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Polizza fideiussoria: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un coobbligato contro una compagnia assicurativa che aveva escusso una polizza fideiussoria. Il caso evidenzia i limiti del giudizio di legittimità: non è possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti o l'interpretazione contrattuale operata dai giudici di merito, a meno di vizi motivazionali gravissimi. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge.
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Lavoro nullo PA: niente preavviso e danno da chance
Un giornalista ha lavorato per anni per una Pubblica Amministrazione con un rapporto di lavoro poi dichiarato subordinato ma nullo. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1996/2024, ha stabilito che in caso di lavoro nullo con la pubblica amministrazione, al lavoratore non spetta né l'indennità sostitutiva del preavviso né il risarcimento per perdita di chance, poiché la tutela dell'art. 2126 c.c. copre solo le prestazioni già eseguite.
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Rinuncia al ricorso Cassazione: stop al raddoppio
Un Comune aveva proposto ricorso in Cassazione contro una sentenza tributaria che riconosceva la natura pertinenziale di un terreno ai fini ICI. Prima della decisione, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, portando alla rinuncia al ricorso da parte del Comune. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del processo, chiarendo un punto fondamentale: la rinuncia al ricorso in Cassazione non comporta il pagamento del doppio del contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in casi specifici come il rigetto o l'inammissibilità dell'impugnazione.
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Estinzione del processo: la rinuncia chiude il caso
Un'ordinanza della Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del processo in una causa di lavoro relativa a somministrazione irregolare. La decisione non è entrata nel merito della questione, ma ha preso atto della rinuncia al ricorso presentata dalla parte appellante e della conseguente accettazione da parte della controparte, chiudendo così definitivamente la lite.
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Conciliazione sindacale: quando è valida fuori sede?
Una lavoratrice impugnava una conciliazione sindacale sostenendo la sua nullità perché sottoscritta fuori dalla sede del sindacato e senza un'effettiva assistenza. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che la validità dell'accordo non dipende dal luogo formale, ma dalla sostanza dell'assistenza ricevuta. Se l'assistenza sindacale è concreta e garantisce la piena consapevolezza del lavoratore, la conciliazione è valida anche se conclusa altrove, ma l'onere di provare tale effettività sposta sul datore di lavoro.
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Nuove prove in appello: quando sono inammissibili
Una società è stata condannata per inadempimento contrattuale. In appello, ha tentato di introdurre nuovi fatti a sua difesa, ma la Corte li ha respinti in quanto tardivi. La Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo il principio secondo cui non è possibile introdurre nuove prove in appello se relative ad allegazioni fattuali non presentate nel primo grado di giudizio. L'ordinanza sottolinea l'importanza di definire tutte le proprie difese fin dall'inizio del processo.
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Licenziamento soggettivo: proporzionalità e oneri
Un'azienda del settore ristorazione licenzia un suo store manager per giustificato motivo soggettivo, addebitandogli una serie di inadempienze nella gestione. La Corte d'Appello, e successivamente la Corte di Cassazione, ritengono il licenziamento sproporzionato, condannando l'azienda a un risarcimento. La sentenza sottolinea che il principio di proporzionalità si applica anche al licenziamento soggettivo e che la contestazione disciplinare, pur non dettagliando ogni singolo episodio, era sufficientemente specifica da permettere la difesa del lavoratore.
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Notifica sanzione: quando inizia il termine di 90 gg?
Una società ittica è stata multata per la vendita di vongole sottomisura. La società ha impugnato la sanzione sostenendo che la notifica fosse tardiva. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, specificando che il termine di 90 giorni per la notifica della sanzione decorre dal completamento delle indagini ("accertamento") e non dal momento della scoperta materiale dei fatti ("constatazione"). La sentenza ribadisce la discrezionalità del giudice di merito nel valutare la complessità e la durata delle attività investigative.
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Rifiuto reintegra: legittimo se entro i 30 giorni
La Corte di Cassazione ha confermato l'illegittimità di un secondo licenziamento inflitto a un lavoratore che, dopo un ordine di reintegra, aveva chiesto tempo per valutare le nuove condizioni contrattuali proposte dall'azienda. Secondo la Corte, la richiesta di deliberare entro il termine legale di 30 giorni non costituisce un rifiuto reintegra, ma un legittimo esercizio del diritto del lavoratore. L'azienda ha agito prematuramente, non potendo interpretare l'esitazione come una rinuncia definitiva al posto di lavoro.
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Ente Strumentale: la Cassazione e il divieto di reimpiego
Un ex dipendente di una Pubblica Amministrazione accetta un incentivo all'esodo, che impone un divieto di cinque anni di lavorare per l'ente o per un suo "ente strumentale". Successivamente, viene assunto da una società a maggioranza pubblica controllata dall'Amministrazione. La Corte di Cassazione conferma che tale società è un ente strumentale, legittimando il mancato pagamento dell'incentivo a causa della violazione del divieto da parte del lavoratore.
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Responsabilità solidale appalti: quando si applica
La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità solidale del committente per i crediti retributivi dei dipendenti dell'appaltatore non è limitata alla durata di un contratto formale. Se esiste una continuità nel rapporto di servizio, anche se formalizzato solo in un secondo momento, la responsabilità si estende all'intero periodo, tutelando i lavoratori. Il caso riguardava una fondazione committente che riteneva di non essere responsabile per i debiti maturati prima della stipula formale di un contratto d'appalto, precedentemente in capo ad un'altra entità (un'università). La Corte ha cassato la decisione d'appello, affermando che la sostanza del rapporto prevale sulla forma, in linea con un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa.
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Enunciazione finanziamento soci: quando non si paga
Un notaio ha contestato un avviso di liquidazione per l'imposta di registro su un'enunciazione finanziamento soci. Il finanziamento era menzionato in un verbale di aumento di capitale che ne sanciva la conversione in patrimonio sociale. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'imposta non è dovuta perché gli effetti del finanziamento cessano proprio in virtù dell'atto che lo enuncia (la conversione in capitale), applicando l'esenzione prevista dall'art. 22, comma 2, del d.P.R. 131/1986.
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Licenziamento collettivo: illegittimo se la platea è limitata
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1970/2024, ha confermato l'illegittimità di un licenziamento collettivo in cui un'azienda aveva limitato la platea dei lavoratori da licenziare alla sola sede oggetto di chiusura, ignorando la presenza di professionalità fungibili in altre unità produttive. Tale limitazione costituisce una violazione dei criteri di scelta legali e comporta il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro.
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Incentivo all’esodo e divieto di riassunzione
Un ex dipendente pubblico ha richiesto il pagamento di un incentivo all'esodo nonostante avesse violato il patto di non lavorare per enti collegati alla Regione per cinque anni. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava il diritto all'incentivo e imponeva la restituzione delle somme già percepite. La violazione del divieto, infatti, fa venir meno la causa stessa del beneficio economico, il cui scopo è il contenimento della spesa pubblica. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi di ricorso basati su questioni non sollevate nei gradi precedenti.
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Platea licenziamento collettivo: i criteri di scelta
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1959/2024, ha stabilito che in un licenziamento collettivo per chiusura di una sede, l'azienda non può limitare la platea dei lavoratori da licenziare solo a quelli della filiale interessata. Se esistono professionalità fungibili in altre sedi, la comparazione deve avvenire a livello aziendale. La violazione di questo principio rende il licenziamento illegittimo e comporta la reintegrazione del lavoratore.
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Accordo non approvato: nessun diritto per il lavoratore
Una lavoratrice ha citato in giudizio la propria azienda per ottenere il pagamento di incentivi basati su un accordo firmato dal presidente. Tuttavia, l'accordo era qualificato come una mera "ipotesi" soggetta all'approvazione del Consiglio di Amministrazione, approvazione mai avvenuta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che un accordo sindacale non approvato, quando tale condizione è esplicitamente prevista, è privo di efficacia giuridica e non può fondare alcun diritto per il lavoratore.
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Ipotesi di accordo: quando è vincolante per l’azienda?
Un lavoratore ha citato in giudizio il suo datore di lavoro, una società di riscossione, per ottenere premi incentivanti basati su un'ipotesi di accordo. La validità del documento era subordinata all'approvazione del Consiglio di Amministrazione, che non è mai avvenuta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando che un'ipotesi di accordo priva della necessaria approvazione formale non costituisce un contratto perfezionato e non produce effetti giuridici vincolanti, negando così le pretese del dipendente.
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Estinzione del processo: accordo tra le parti
Un lavoratore aveva impugnato in Cassazione la sentenza d'appello sfavorevole in una causa per il riconoscimento di una qualifica superiore. Nelle more del giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, a seguito del quale il lavoratore ha rinunciato al ricorso. La Suprema Corte ha quindi dichiarato l'estinzione del processo, chiarendo che in questi casi non è dovuto il versamento di un ulteriore contributo unificato, previsto solo per i casi di rigetto o inammissibilità.
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