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Giurisprudenza Civile

Divisione giudiziale: prova e limiti delle domande

La Corte di Appello di Firenze si è pronunciata su un caso di divisione giudiziale di beni ereditari, rigettando sia l’appello principale che quello incidentale. La sentenza chiarisce che, in assenza di contestazioni iniziali, la prova della comproprietà può essere anche solo indiziaria, senza la necessità di produrre formalmente tutti gli atti di provenienza. Viene inoltre ribadito che le domande nuove, come quella per la demolizione di un’opera abusiva, sono inammissibili se proposte tardivamente nel corso del giudizio di primo grado. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale, comprese le statuizioni sulla divisione dei beni e sulla condanna alle spese basata sul principio di soccombenza.

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Soccombenza reciproca: come si dividono le spese?

La Corte d’Appello di Firenze ha riformato una sentenza di primo grado che aveva addebitato tutte le spese legali ai debitori in un’opposizione all’esecuzione. Nonostante la loro opposizione fosse stata respinta, la Corte ha riconosciuto una soccombenza reciproca, poiché anche un’eccezione preliminare del creditore era stata rigettata. Di conseguenza, le spese sono state parzialmente compensate, stabilendo che i debitori dovessero rimborsare solo i 3/4 dei costi, in applicazione di un più corretto principio di ripartizione.

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Concessione abusiva di credito: la responsabilità

Una società finanziaria è stata condannata per concessione abusiva di credito dopo aver stipulato un accordo transattivo con un’impresa già in grave dissesto. La Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo la finanziaria responsabile per aver aggravato lo stato di insolvenza dell’impresa, non essendoci ragionevoli prospettive di risanamento. Il danno è stato quantificato nelle somme percepite dalla finanziaria in forza dell’accordo illecito.

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Prescrizione mutuo: la raccomandata vale come prova?

Un debitore ha impugnato una sentenza sostenendo l’estinzione del suo debito per prescrizione mutuo. L’eccezione si basava sulla contestazione di aver ricevuto una raccomandata interruttiva, negando di aver firmato l’avviso di ricevimento. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, stabilendo che l’avviso di ricevimento di una raccomandata costituisce un atto pubblico. Di conseguenza, per contestarne la validità, il debitore avrebbe dovuto avviare una procedura specifica, la querela di falso, cosa che non ha fatto. La Corte ha quindi confermato la piena validità dell’interruzione della prescrizione e del debito.

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Revoca contributo pubblico: l'onere formale vince

Una società agricola si è vista confermare la revoca di un contributo pubblico per non aver inviato la documentazione periodica richiesta. La Corte di Appello di Firenze ha stabilito che gli adempimenti formali previsti dal bando sono inderogabili e che la notifica via PEC è valida anche con denominazione incompleta, se inviata all’indirizzo ufficiale. La decisione sottolinea la prevalenza degli oneri formali nella gestione dei fondi pubblici e i limiti del sindacato del giudice civile sulle scelte discrezionali della P.A.

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Anatocismo bancario: onere della prova e nullità

Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per pratiche di usura e anatocismo bancario su due conti correnti. La Corte di Appello di Firenze, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di usura per un errore nel calcolo dei tassi di interesse. Tuttavia, ha accolto la domanda relativa all’anatocismo bancario, dichiarando nulle le clausole di capitalizzazione trimestrale antecedenti al 2000. La Corte ha stabilito che la semplice pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a sanare tale nullità, essendo necessaria una nuova pattuizione scritta. Di conseguenza, ha disposto una CTU per ricalcolare i saldi dei conti senza l’applicazione dell’anatocismo.

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Risoluzione contratto fallimento: la guida completa

Un’impresa chiede la risoluzione di un contratto e la restituzione di somme. La controparte fallisce e il processo si interrompe automaticamente. La Corte d’Appello, dopo aver annullato gli atti successivi al fallimento, dichiara la domanda di risoluzione contratto fallimento improcedibile, perché di competenza esclusiva del Giudice Delegato per garantire la par condicio creditorum.

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Compenso avvocato PSS: Sì al protocollo, no a errori

Un avvocato ricorre contro una liquidazione di compensi ritenuta troppo bassa per un’assistenza in regime di patrocinio a spese dello Stato (PSS). La Corte d’Appello, pur confermando la legittimità dell’uso di un protocollo d’intesa locale, accoglie parzialmente il ricorso. Rileva che il giudice precedente aveva erroneamente applicato solo le tariffe base del protocollo, omettendo le maggiorazioni previste per la complessità del caso. Di conseguenza, ricalcola il compenso avvocato PSS da 1.130 euro a 2.147 euro, stabilendo un importante principio sulla corretta e integrale applicazione degli accordi locali.

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Iscrizione ipotecaria illegittima: il danno risarcibile

Una società ha citato in giudizio l’Amministrazione finanziaria per i danni subiti a causa di una iscrizione ipotecaria illegittima su un proprio immobile, mantenuta per decenni. La Corte d’Appello di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato l’illegittimità dell’iscrizione e del suo rinnovo per mancanza della necessaria autorizzazione giudiziaria. Di conseguenza, ha affermato la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni derivanti dalla compromissione della commerciabilità del bene e dalla lesione del rapporto di fiducia con il ceto creditorio, disponendo un’ulteriore istruttoria per la quantificazione precisa del risarcimento.

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Vizi occulti immobile: risoluzione contratto e danni

Un acquirente scopre gravi vizi occulti, tra cui umidità e assenza di abitabilità, in un immobile appena comprato. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, accoglie la sua domanda di risoluzione del contratto. La sentenza stabilisce che la gravità dei difetti, unita alla condotta ingannevole dei venditori che li avevano mascherati, giustifica la restituzione del prezzo d’acquisto e il risarcimento dei danni. La Corte chiarisce che la mera possibilità futura di sanare i vizi non è sufficiente a escludere il diritto alla risoluzione quando il bene è funzionalmente diverso da quello promesso.

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Contratto di concessione di vendita: prova e recesso

Una società distributrice si opponeva a un decreto ingiuntivo per fatture non pagate, avanzando domande riconvenzionali di risarcimento per il recesso abusivo da un presunto contratto di concessione di vendita esclusiva trentennale e per provvigioni non pagate. La Corte d’Appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado, rigettando le domande del distributore. La Corte ha ritenuto le richieste di prova testimoniale inammissibili per genericità, poiché non specificavano le circostanze di tempo, luogo e contenuto degli accordi verbali. In assenza di una prova rigorosa del contratto, le pretese di risarcimento sono state respinte.

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Recesso socio: efficacia della comunicazione

Una socia di una società di persone comunicava il recesso per giusta causa. Il Tribunale, pur negando la giusta causa, riconosceva il recesso con preavviso, facendolo decorrere da una seconda comunicazione. La Corte di Appello ha riformato la decisione, stabilendo che la data di efficacia del recesso socio decorre dalla prima comunicazione, la quale, anche se infondata nella motivazione, si converte automaticamente in un recesso con preavviso. La sentenza chiarisce un punto fondamentale sulla certezza dei rapporti societari.

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Riduzione compensi gioco lecito: la decisione

Una sentenza della Corte di Appello di Firenze ha confermato la condanna di una società di gestione di apparecchi da gioco a pagare una somma a una società concessionaria a titolo di ‘riduzione compensi gioco lecito’, un prelievo introdotto dalla Legge di Stabilità 2015. La Corte ha rigettato tutti i motivi di appello, stabilendo la competenza territoriale del Tribunale in base al domicilio del creditore al momento della scadenza dell’obbligazione. Ha inoltre ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità sul criterio di calcolo del prelievo, basato sul numero di apparecchi anziché sul volume delle giocate, e ha confermato che il gestore è responsabile del versamento, avendo trattenuto indebitamente somme destinate alla filiera.

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Responsabilità attività pericolosa: il caso giostra

La Corte d’Appello ha confermato la condanna del gestore di una giostra per le lesioni subite da un ragazzo, qualificando l’uso della giostra sotto la pioggia come responsabilità per attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. È stato riconosciuto un concorso di colpa del 40% a carico del danneggiato per la sua condotta imprudente. La Corte ha stabilito che la condotta del ragazzo non era sufficiente a interrompere il nesso causale, ma ha contribuito alla causazione del danno. La domanda di manleva nei confronti dell’assicurazione è stata rigettata.

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Nullità mutuo: l'analisi della Corte d'Appello

La Corte d’Appello di Firenze ha respinto l’appello di alcuni debitori che chiedevano la nullità mutuo per vari motivi, tra cui usura, anatocismo, manipolazione dell’Euribor e vizi formali come la mancata indicazione dell’ISC. La Corte ha stabilito che la mancata indicazione dell’ISC è una violazione informativa ma non causa di nullità, che il piano alla francese non è anatocistico e che il calcolo dell’usura era corretto, confermando la validità dei contratti e dell’azione esecutiva.

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Inibitoria appello: quando il danno non è irreparabile

La Corte d’Appello di Firenze ha respinto un’istanza di inibitoria in appello, con cui si chiedeva la sospensione dell’esecutività di una sentenza di primo grado. La parte appellante, pur ammettendo di poter pagare, temeva di non poter recuperare le somme in caso di vittoria in appello. I giudici hanno stabilito che tale timore, non circostanziato e non provato, non integra il requisito del pregiudizio grave e irreparabile richiesto dalla legge, e che l’appello non appariva manifestamente fondato.

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Prezzo ingiusto: quando la vendita all'asta è valida?

Un debitore, dopo aver saldato un debito residuo il giorno stesso dell’asta, si oppone alla vendita del suo immobile a un prezzo molto inferiore a quello di stima, definendolo un prezzo ingiusto. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, confermando che un prezzo basso, se risultato di una procedura di vendita forzata legittima e con ribassi progressivi, non costituisce un ‘prezzo ingiusto’ tale da giustificare la sospensione della vendita. La Corte ha inoltre chiarito che il creditore ha diritto a proseguire l’esecuzione fino al completo soddisfacimento del suo credito.

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Obblighi informativi banca: responsabilità per danni

La Corte d’Appello ha condannato un intermediario finanziario al risarcimento dei danni a favore di due risparmiatori per la violazione degli obblighi informativi banca. La sentenza chiarisce che fornire informative generiche su investimenti ad alto rischio non è sufficiente a esonerare la banca dalla sua responsabilità, essendo necessario fornire dettagli specifici sulla natura e sui pericoli dell’operazione, adeguati al profilo del cliente. Il risarcimento è stato calcolato sulla base della perdita subita.

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Sospensione esecuzione sentenza: danno e rendita

La Corte d’Appello di Firenze, decidendo su un’istanza di sospensione esecuzione sentenza, ha parzialmente accolto il ricorso dell’appellante. Ha sospeso l’esecutività della sentenza di primo grado per gli importi eccedenti determinate soglie, ravvisando una possibile erronea quantificazione sia della personalizzazione del danno non patrimoniale sia della rendita vitalizia per le spese di assistenza, ritenuta eccessiva.

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Beneficio di inventario: come limita i debiti ereditari

La Corte d’Appello sospende una sentenza di primo grado, riconoscendo il ‘fumus boni iuris’ dell’appello degli eredi. Questi avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario, limitando la loro responsabilità per i debiti del defunto al valore dei beni ereditati, come previsto dall’art. 490 c.c.

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