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Giurisprudenza Civile

Licenziamento e patteggiamento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per giusta causa per appropriazione indebita, nonostante il procedimento penale si sia concluso prima con un patteggiamento e poi con l'estinzione del reato. La sentenza sottolinea la piena autonomia tra il giudizio disciplinare e quello penale. Il rapporto di fiducia è considerato irrimediabilmente compromesso, rendendo irrilevante la successiva remissione di querela ai fini della validità del licenziamento. La decisione evidenzia che il licenziamento e patteggiamento seguono percorsi valutativi distinti.
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Licenziamento giustificato motivo oggettivo: oneri
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22186/2024, ha rigettato il ricorso di un'azienda, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva dichiarato illegittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l'onere di provare l'impossibilità di ricollocare il lavoratore (obbligo di repêchage) grava interamente sul datore di lavoro, senza che il dipendente debba indicare preventivamente le posizioni alternative disponibili. L'ordinanza affronta anche importanti questioni procedurali, come la specificità dei motivi d'appello e gli effetti del mutamento di rito processuale.
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Errore di fatto revocatorio: quando la Cassazione erra
Una erede impugna un'ordinanza della Cassazione per errore di fatto revocatorio, sostenendo che la Corte non ha visto la prova di notifica depositata. La Cassazione ammette l'errore, revoca la sua precedente decisione ma dichiara comunque inammissibile il ricorso originario per cessata materia del contendere, poiché la sentenza impugnata era stata nel frattempo revocata da un'altra pronuncia.
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Riconoscimento sentenza straniera: difesa e spese
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22183/2024, si è pronunciata sul riconoscimento di una sentenza straniera. Ha stabilito che una violazione del diritto di difesa nella fase investigativa non impedisce il riconoscimento se non ha compromesso l'equità dell'intero processo. Inoltre, ha chiarito che per la liquidazione delle spese legali, il valore della causa di riconoscimento è indeterminabile, a prescindere dall'importo della condanna pecuniaria contenuta nella sentenza estera.
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Ticket restaurant aziendale: conta il lavoro effettivo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22178/2024, ha stabilito che, in base all'interpretazione di specifici accordi sindacali, il ticket restaurant aziendale spetta solo per le giornate di effettiva prestazione lavorativa. La Corte ha cassato la decisione di merito che estendeva il beneficio anche alle giornate equiparate ma non lavorate, sottolineando la necessità di un'interpretazione sistematica e non solo letterale dei contratti collettivi.
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Violazione del contraddittorio: udienza da remoto
Un professionista si è visto negare la reiscrizione all'albo. La decisione è stata annullata dalla Corte di Cassazione per violazione del contraddittorio, poiché non gli era stato comunicato il link per partecipare all'udienza da remoto, a differenza della controparte. Tuttavia, la Corte, decidendo nel merito, ha respinto la sua richiesta originaria, confermando che per la reiscrizione è necessaria la riabilitazione penale, non essendo sufficiente la sola estinzione della pena.
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Compenso avvocato: la discrezionalità del giudice
La Corte di Cassazione conferma la decisione di un tribunale che aveva ridotto il compenso di un avvocato, rigettando la richiesta del legale. La sentenza chiarisce i limiti della discrezionalità del giudice nel valutare la complessità della causa e nell'applicare i parametri tariffari, anche al di sotto dei minimi tabellari, quando l'attività difensiva risulta in parte superflua. La Corte ha stabilito che la valutazione della complessità è un giudizio di merito e che i parametri per le cause di valore indeterminabile non sono una soglia invalicabile, legittimando la riduzione operata dal giudice di primo grado.
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Recesso per giusta causa: quando è inammissibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un agente che aveva invocato il recesso per giusta causa a seguito dell'invio non autorizzato di una mail alla sua clientela da parte della banca preponente. La Corte ha ribadito che la valutazione dei fatti che costituiscono giusta causa è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è congrua, soprattutto in presenza di una "doppia conforme" delle sentenze di primo e secondo grado.
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Surplus concordatario e continuità: le regole
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22169/2024, ha stabilito che il surplus concordatario generato dalla continuità aziendale non è assimilabile a finanza esterna. Pertanto, tale surplus non può essere distribuito liberamente ai creditori chirografari se prima non sono stati integralmente soddisfatti i creditori privilegiati, in ossequio al principio della "absolute priority rule" e all'ordine delle cause di prelazione.
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Patto di non concorrenza: valido con fisso mensile?
Un lavoratore contesta la validità di un patto di non concorrenza, sostenendo che il corrispettivo mensile fisso in un contratto a tempo indeterminato fosse indeterminato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che un criterio predeterminato, come una cifra mensile fissa, rende il corrispettivo sufficientemente determinabile, escludendone la nullità. Le altre censure, relative a una penale, sono state dichiarate inammissibili.
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Ricorso per cassazione decadenza genitoriale: quando?
Una madre ha proposto un ricorso per cassazione per decadenza genitoriale contro un decreto del Tribunale per i minorenni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il rimedio corretto è il reclamo alla Corte d'Appello. Il ricorso diretto in Cassazione è possibile solo per provvedimenti definitivi, cioè non altrimenti impugnabili, e il decreto in questione non rientra in tale categoria.
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Giustificato motivo oggettivo: quando è pretestuoso?
La Cassazione chiarisce i confini del controllo sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Se la ragione organizzativa addotta dall'azienda risulta pretestuosa e non veritiera, il licenziamento è illegittimo e scatta la reintegrazione. Il giudice non valuta la convenienza della scelta, ma la sua effettiva esistenza e il nesso causale con il recesso.
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Specificità motivi appello: quando il ricorso è nullo
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una decisione della Corte d'Appello. La ragione principale risiede nella mancata specificità dei motivi di appello, che si traduce in un'esposizione confusa dei fatti e delle critiche alla sentenza di primo grado. La Suprema Corte ha ribadito che un'impugnazione deve essere chiara e autosufficiente per essere esaminata nel merito, altrimenti viola l'art. 342 c.p.c. e l'art. 366 c.p.c., risultando inammissibile.
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Motivazione apparente: la Cassazione cassa la sentenza
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d'Appello per vizio di motivazione apparente. Il caso riguardava l'impugnazione di un lodo arbitrale in materia di affitto d'azienda. I giudici di secondo grado non avevano risposto in modo specifico alla censura secondo cui l'arbitro aveva deciso oltre i limiti del mandato conferitogli. La Suprema Corte ha chiarito che una risposta generica e non pertinente ai motivi di gravame equivale a un'omessa motivazione, determinando la nullità della pronuncia.
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Disconoscimento Fotocopia: quando è valido?
Un'associazione professionale agiva contro un ex socio per la restituzione di compensi incassati e non versati. La Corte di Cassazione, riformando la decisione d'appello, ha stabilito che il disconoscimento di una fotocopia, per essere efficace, non può essere generico. Deve essere una contestazione formale, chiara e specifica, altrimenti la copia ha lo stesso valore probatorio dell'originale. La sentenza chiarisce quindi le regole per un valido disconoscimento fotocopia.
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Ricorso inammissibile per mancata contestazione
Un cittadino, garante per una cooperativa, si oppone a un'ingiunzione di pagamento emessa da un Ministero. Dopo un esito favorevole in primo grado, la Corte d'Appello ribalta la decisione. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, dichiara il successivo ricorso inammissibile. La ragione risiede nel fatto che il ricorrente non ha mai specificamente contestato, sin dall'inizio, i presupposti di fatto che lo escludevano da un beneficio di legge, rendendoli così provati in base al principio di non contestazione.
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Doppia conforme: quando l’appello è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due lavoratori che chiedevano differenze retributive per un presunto errato inquadramento contrattuale. La decisione si basa sul principio della 'doppia conforme', poiché sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano respinto la domanda con motivazioni sostanzialmente identiche, impedendo un ulteriore esame dei fatti in sede di legittimità.
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Revocazione per errore di fatto: quando è inammissibile
Un cittadino ha richiesto la revocazione di un'ordinanza della Corte di Cassazione, lamentando un errore di fatto nel rigetto della sua domanda di regolarizzazione contributiva. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la doglianza del ricorrente non verteva su un errore di fatto, bensì su un presunto errore di giudizio nell'interpretazione delle prove e delle norme, che non rientra tra i presupposti per la revocazione. Inoltre, l'errore lamentato era irrilevante poiché la decisione originale si fondava su un'altra autonoma motivazione di inammissibilità.
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Notifica atti: Cassazione su termini e validità
Una contribuente si oppone a un preavviso di ipoteca sostenendo la prescrizione del credito e l'irregolarità della notifica atti. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti. La sentenza sottolinea che l'impugnazione tardiva dell'ordinanza-ingiunzione originaria rende la pretesa definitiva e che la notifica a un familiare convivente è valida se seguita da una raccomandata informativa.
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Revocazione sentenza: errore di fatto o di giudizio?
Una lavoratrice chiede la revocazione di una sentenza della Cassazione, sostenendo un errore di fatto nella valutazione del suo caso per la regolarizzazione dei contributi previdenziali. La Corte respinge l'istanza, specificando che una valutazione errata delle prove o degli atti processuali costituisce un errore di giudizio, non un errore di fatto, che è l'unico presupposto per una revocazione sentenza. Il ricorso viene quindi dichiarato inammissibile.
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