Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio una banca per aver negoziato un assegno contraffatto. Dopo una condanna in appello, la banca ha fatto ricorso in Cassazione, lamentando vizi procedurali legati all'uso delle prove, in particolare dell'assegno stesso e di una consulenza tecnica di parte. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarando inammissibili i motivi. Ha ribadito che la valutazione sulla riconoscibilità della falsificazione è un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità e che la consulenza di parte, essendo un mero atto difensivo, può essere prodotta anche in appello. La responsabilità della banca per il pagamento dell'assegno contraffatto è stata quindi confermata.
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