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Giurisprudenza Civile

Termine breve impugnazione: appello INPS tardivo
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'appello di un ente previdenziale, rimasto contumace in primo grado, è inammissibile se proposto oltre il termine breve impugnazione di 30 giorni. Tale termine decorre dalla notifica personale della sentenza di primo grado. La Corte d'Appello aveva erroneamente esaminato il merito, ma la Cassazione ha annullato la decisione, ripristinando la vittoria della lavoratrice, a causa del vizio procedurale insanabile.
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Fondo Garanzia INPS: quando si perde il diritto
Una lavoratrice si è vista negare il pagamento dal Fondo Garanzia INPS per crediti di lavoro non pagati da un'azienda fallita. La Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo che la lavoratrice non abbia agito con la dovuta diligenza, non avendo promosso un'azione legale per accertare il proprio credito nel periodo in cui l'azienda era tornata in bonis, prima della cancellazione.
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Impugnazione delibera: il diritto del socio receduto
Il caso analizza la legittimazione all'impugnazione di una delibera assembleare da parte di un socio fiduciario che, prima di agire, aveva esercitato il diritto di recesso per gran parte delle azioni. La Corte d'Appello ha negato tale legittimazione, poiché la quota di partecipazione era scesa sotto la soglia legale del 5%. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la trattazione della causa a nuovo ruolo senza decidere nel merito.
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Fondo di Garanzia INPS: vale la conciliazione
Una lavoratrice si è vista negare il pagamento dell'ultima mensilità dal Fondo di Garanzia INPS perché la sua azione giudiziaria era successiva al termine di 12 mesi. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo un principio fondamentale: il periodo di dodici mesi, entro cui devono rientrare i crediti del lavoratore, si calcola a ritroso dalla data del tentativo obbligatorio di conciliazione e non dall'avvio della causa. Questa decisione protegge i diritti del lavoratore, evitando che i tempi di una procedura obbligatoria possano pregiudicare il suo accesso alle tutele.
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Prescrizione decennale pensioni: la Cassazione decide
Un professionista ha richiesto la riliquidazione della propria pensione. La Cassa di previdenza si è opposta, invocando un termine di prescrizione quinquennale per gli arretrati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Cassa, confermando l'orientamento consolidato secondo cui, in caso di contestazione sull'ammontare del trattamento pensionistico, si applica la prescrizione decennale ordinaria e non quella breve. La Corte ha inoltre ribadito che le modifiche peggiorative ai regolamenti delle Casse privatizzate non possono avere effetto retroattivo su pensioni maturate prima del 1° gennaio 2007.
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Prescrizione rivalutazione amianto: quando inizia?
Un lavoratore si è visto negare la maggiorazione contributiva per esposizione ad amianto a causa della decorrenza dei termini. La Corte di Cassazione ha confermato che la prescrizione rivalutazione amianto, di durata decennale, inizia a decorrere non dalla data del pensionamento, ma dal momento in cui il lavoratore acquisisce la consapevolezza del rischio, un momento che può coincidere con la presentazione della domanda di certificazione all'ente preposto.
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Compensazione spese legali: quando è illegittima?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 23573/2024, ha stabilito un importante principio in materia di compensazione spese legali. Se in una causa per equa riparazione per eccessiva durata del processo il giudice liquida un indennizzo inferiore a quello richiesto, non si configura una soccombenza reciproca. Di conseguenza, è illegittima la compensazione parziale delle spese legali, che devono essere interamente poste a carico della parte soccombente, in questo caso il Ministero della Giustizia.
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Ricorso per revocazione: quando è inammissibile?
Una lavoratrice ha presentato un ricorso per revocazione contro una precedente ordinanza della Corte di Cassazione che aveva dichiarato inammissibile il suo appello per la regolarizzazione contributiva. La Corte ha dichiarato inammissibile anche il ricorso per revocazione, poiché non contestava tutte le autonome ragioni giuridiche (rationes decidendi) della decisione originale, in particolare quella relativa alla formulazione confusa e promiscua dei motivi di appello.
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Udienza cartolare: note ambigue? Stop alla decisione
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nell'ambito dell'udienza cartolare, se le note scritte depositate dalle parti sono ambigue e non esprimono chiaramente la volontà di proseguire il giudizio, il giudice non può decidere la causa nel merito. Deve invece chiedere chiarimenti, fissando una nuova udienza. Procedere comunque costituisce un vizio di nullità che invalida la sentenza, poiché lede il diritto al contraddittorio.
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Equa riparazione pretesa irrisoria: no indennizzo
La Corte di Cassazione ha negato il diritto all'equa riparazione per l'irragionevole durata di un processo a causa della pretesa irrisoria. La richiesta di indennizzo, basata su una causa dal valore di soli 450 euro, è stata rigettata poiché, secondo i giudici, non è stata raggiunta una soglia minima di gravità del pregiudizio, applicando il principio 'de minimis non curat praetor'.
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Fondo Garanzia TFR: no pagamento se il lavoro continua
La Corte di Cassazione ha stabilito che il Fondo Garanzia TFR non interviene per pagare il trattamento di fine rapporto maturato con un'azienda cedente, se quest'ultima diventa insolvente ma il rapporto di lavoro del dipendente prosegue senza interruzioni con la nuova società acquirente. Il diritto al TFR, e la conseguente tutela del Fondo, scattano solo al momento della cessazione definitiva del rapporto di lavoro, e l'obbligato principale è il datore di lavoro in quel momento.
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Iscrizione gestione separata: quando è obbligatoria?
La Cassazione conferma che per l'obbligo di iscrizione gestione separata è cruciale l'esercizio abituale dell'attività. Un reddito sotto i 5.000 euro e la mancanza di prove sulla continuità escludono l'obbligo per una professionista, anche se iscritta all'albo.
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Quorum azioni proprie: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23557/2024, ha confermato un principio cruciale in diritto societario: nelle società per azioni non quotate, le azioni proprie devono sempre essere incluse nella base di calcolo del quorum deliberativo. Il caso riguardava l'annullamento di una delibera per la distribuzione gratuita di azioni proprie, in cui il presidente aveva illegittimamente escluso i voti della minoranza. La Corte ha stabilito che la norma vigente (art. 2357-ter c.c.) serve a preservare gli equilibri di potere tra soci, impedendo che la maggioranza possa rafforzare artificialmente la propria posizione attraverso l'acquisto di azioni proprie. La sentenza ha anche ribadito la responsabilità degli amministratori che hanno dato esecuzione alla delibera illegittima.
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Equa riparazione fallimento: il valore della causa
Una società ha richiesto un'equa riparazione per un fallimento durato diciotto anni. La Corte d'Appello aveva negato l'indennizzo, equiparando il valore della causa a zero, dato che la società non aveva ricevuto alcun pagamento dal riparto. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che, ai fini dell'equa riparazione fallimento, il parametro corretto è il valore del credito ammesso al passivo, indipendentemente dall'esito della liquidazione, e ha rinviato il caso per una nuova valutazione.
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Ricorso per revocazione: inammissibile se confuso
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per revocazione presentato da un lavoratore contro l'Ente Previdenziale. La decisione si fonda sul fatto che il ricorso era confuso e non contestava una delle due autonome ragioni (doppia ratio decidendi) su cui si basava la precedente ordinanza di inammissibilità, rendendo l'impugnazione inefficace.
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Correzione errore materiale: quando non è necessaria
La Corte di Cassazione ha respinto una richiesta di correzione errore materiale avanzata nell'ambito di una controversia ereditaria. La richiesta mirava a inserire i dati catastali di un immobile in una sentenza della Suprema Corte. La Corte ha chiarito che non vi era alcun errore da correggere, poiché la dichiarazione di nullità dell'atto di vendita simulato era stata pronunciata dalla Corte d'Appello, e tale sentenza era già titolo idoneo per le necessarie annotazioni nei registri immobiliari, rendendo superfluo un intervento correttivo della Cassazione.
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Liquidazione compenso avvocato: quando si conclude?
Un avvocato ha impugnato la liquidazione dei suoi onorari per l'assistenza in una procedura prefallimentare. Il Tribunale aveva applicato una tariffa superata, ritenendo l'attività conclusa prima dell'entrata in vigore della nuova. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che l'attività professionale in tale fase si conclude solo con la sentenza di fallimento. Di conseguenza, la corretta liquidazione compenso avvocato deve basarsi sulla tariffa vigente a quella data.
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Errore di fatto: quando il ricorso è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto. La decisione si fonda sul principio che, se l'ordinanza originale era stata dichiarata inammissibile per motivi procedurali (censure esposte in modo confuso), l'eventuale errore di fatto sui meriti della causa diventa non decisivo. Il ricorrente non aveva contestato la statuizione di inammissibilità procedurale, rendendo il suo tentativo di revocazione infondato.
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Rinnovazione notifica: inattività e inammissibilità
La Corte di Cassazione conferma l'inammissibilità di un appello a causa della mancata rinnovazione della notifica a un litisconsorte necessario. La parte appellante, pur a conoscenza dell'esito negativo della prima notifica, è rimasta totalmente inattiva anche dopo la fine del periodo di sospensione dei termini processuali dovuto alla pandemia. La Corte ha ritenuto che l'emergenza sanitaria non giustificasse tale inerzia, sanzionando il difetto procedurale con l'inammissibilità.
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Fideiussore consumatore: il legame con l’azienda
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 23533/2024, ha chiarito i criteri per stabilire se un garante possa essere qualificato come 'fideiussore consumatore'. Nel caso esaminato, due familiari avevano prestato fideiussione per un debito di leasing della società di famiglia. Sostenendo di aver agito come consumatori, hanno contestato la competenza territoriale del Tribunale adito dal creditore. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che il 'collegamento funzionale' con l'attività d'impresa, desumibile dal contesto familiare e dal coinvolgimento passato e presente nell'attività, esclude la qualifica di consumatore, anche in assenza di ruoli formali o di partecipazioni societarie rilevanti.
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