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Giurisprudenza Civile

Quietanza di pagamento: valore di confessione in atto

Un venditore ha citato in giudizio l’acquirente per la risoluzione di un contratto di compravendita immobiliare, sostenendo di non aver ricevuto il pagamento. Il Tribunale ha respinto la domanda, evidenziando che la quietanza di pagamento inserita nell’atto notarile costituisce una confessione stragiudiziale con piena efficacia probatoria. Poiché il venditore non ha provato errore di fatto o violenza, unici motivi validi per invalidare la confessione, la sua azione è stata giudicata infondata e temeraria, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali e di un’ulteriore somma a titolo di sanzione.

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Gravi difetti immobile: condanna del costruttore

Una sentenza del Tribunale di Milano ha condannato in solido il costruttore-venditore e il direttore dei lavori per i gravi difetti di un immobile di nuova costruzione. Il caso riguardava vizi al sistema di ventilazione, alla pavimentazione esterna e infiltrazioni d’acqua. Il Tribunale ha applicato la responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c., superando le eccezioni di prescrizione e decadenza poiché i difetti erano stati riconosciuti dagli stessi responsabili. La decisione sottolinea che i ‘gravi difetti immobile’ non riguardano solo la stabilità, ma anche elementi che compromettono il normale godimento del bene, condannando i convenuti al risarcimento dei danni per le opere di ripristino.

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Restituzione somme: come riavere i soldi pagati?

La sentenza analizza un caso di opposizione a decreto ingiuntivo per la restituzione di somme versate in base a un precedente decreto, poi revocato. Un lavoratore si opponeva alla richiesta di restituzione del datore di lavoro, sostenendo che la questione fosse già stata decisa. Il Tribunale ha rigettato l’opposizione, chiarendo che se la sentenza di revoca è di ‘mero accertamento’ e non ordina esplicitamente la restituzione, è necessario e corretto avviare un nuovo procedimento (come un nuovo decreto ingiuntivo) per ottenere un titolo esecutivo per la restituzione somme. Non si configura quindi né litispendenza né violazione del principio del ‘ne bis in idem’.

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Scioglimento contratto preliminare fallimento: guida

La sentenza analizza il caso dello scioglimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare a seguito del fallimento del promissario acquirente. Il Tribunale ha confermato il diritto del curatore fallimentare, ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare, di recedere dal contratto. Di conseguenza, ha ordinato alla società promittente venditrice, rimasta contumace, la restituzione integrale della caparra confirmatoria di 160.000 euro, in quanto il recesso del curatore fa venir meno la causa del contratto e, quindi, il diritto a trattenere la somma.

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Disdetta contratto di locazione: preavviso tardivo

Una società ha presentato opposizione a un decreto ingiuntivo per canoni di locazione di un impianto industriale. Pur avendo inviato una disdetta del contratto di locazione, il Tribunale ha stabilito che il preavviso era troppo breve per consentire lo smontaggio dell’impianto. Di conseguenza, la società è stata condannata a pagare i canoni fino alla data dell’effettiva rimozione del bene, confermando il decreto ingiuntivo.

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Abuso di dipendenza economica: prova e risarcimento

Una sentenza del Tribunale di Milano analizza un caso di presunto abuso di dipendenza economica di un’azienda produttrice multinazionale verso il suo distributore. Il Tribunale ha respinto la domanda di abuso per mancanza di prove, confermando la validità di un piano di rientro del debito. Tuttavia, ha condannato l’azienda produttrice a un risarcimento di 100.000 euro per aver violato il principio di buona fede, risolvendo il contratto in modo improvviso e senza un preavviso congruo, dopo aver tollerato i ritardi del distributore.

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Inidoneità fisica: quando il licenziamento è legittimo

Un lavoratore con grave ipovisione è stato licenziato per inidoneità fisica. Il Tribunale, in riforma di una precedente ordinanza, ha ritenuto legittimo il recesso. A seguito di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), è emerso che il lavoratore poteva svolgere solo una minima parte delle mansioni ‘ad hoc’ create per lui, e anche queste presentavano rischi per la sicurezza sua e dei colleghi. La sentenza ha stabilito che, esauriti i tentativi di ‘ragionevole accomodamento’, il licenziamento per inidoneità fisica è giustificato quando la prestazione residua non è utilmente e Mettisicuramente impiegabile dall’azienda.

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Molestie sul lavoro: risarcimento per la modella

Una modella ha citato in giudizio uno scultore per molestie sul lavoro, subite durante una sessione di posa. Il Tribunale del Lavoro di Milano ha condannato l’artista a un risarcimento di 57.500 euro per danno non patrimoniale, ritenendo che il contatto fisico imposto alla donna andasse ben oltre le necessità artistiche, configurando un abuso. La decisione ha valorizzato le testimonianze di altre vittime, che hanno rivelato un comportamento seriale da parte dell’artista, e ha stabilito che un generico consenso al contatto fisico non può mai giustificare le molestie sessuali.

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Modifica unilaterale contratto: quando è legittima?

Una società si opponeva alla modifica unilaterale del contratto di fornitura energetica, invocando il blocco previsto dal Decreto Aiuti-bis. Il Tribunale di Milano ha dato ragione alla società fornitrice, stabilendo che l’aggiornamento delle tariffe alla scadenza delle condizioni economiche non costituisce una modifica illecita, ma una legittima applicazione del contratto stesso. Di conseguenza, la domanda della società cliente è stata respinta e quest’ultima è stata condannata a pagare le fatture basate sui nuovi prezzi.

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Azione revocatoria: cessione quote e frode creditore

Un creditore ha ottenuto la dichiarazione di inefficacia per la vendita di quote societarie tramite un’azione revocatoria. La società debitrice, in grave difficoltà finanziaria, aveva ceduto partecipazioni di valore al proprio amministratore unico. Il Tribunale di Milano ha stabilito che l’atto era pregiudizievole per le ragioni del creditore (eventus damni) e che sia il debitore sia l’acquirente (che coincidevano nella stessa persona fisica) erano consapevoli del danno (scientia damni e participatio fraudis), integrando i presupposti dell’art. 2901 c.c.

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Licenziamento per giusta causa: la guida completa

Un’impiegata di banca è stata licenziata per giusta causa dopo aver sistematicamente sottratto ingenti somme di denaro dai conti di clienti anziani, dirottandole a favore dei propri familiari. Il Tribunale del Lavoro ha confermato la legittimità del licenziamento, respingendo le difese della lavoratrice basate sulla presunta tardività della contestazione e sulla violazione del diritto di difesa. La corte ha stabilito che la condotta fraudolenta, caratterizzata da artifici contabili e abuso della propria posizione, ha irrimediabilmente spezzato il vincolo fiduciario, elemento essenziale nel settore bancario, rendendo irrilevante qualsiasi presunta negligenza nei controlli da parte dell’istituto (culpa in vigilando).

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Titolo esecutivo fallimento: quando è valido?

Una società si opponeva a un’esecuzione forzata, sostenendo che la sentenza di condanna a suo carico fosse stata annullata da una successiva decisione d’appello che aveva dichiarato l’improcedibilità a causa del suo fallimento. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, chiarendo che il titolo esecutivo fallimento rimane valido. La declaratoria di improcedibilità dell’appello, limitata alla fase concorsuale, non sostituisce né annulla la condanna di primo grado, che torna a essere pienamente efficace e azionabile una volta che il debitore è tornato ‘in bonis’.

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Notifica avvisi di addebito: quando è valida?

Un contribuente ha impugnato un’intimazione di pagamento per contributi previdenziali non versati, contestando la validità della notifica degli avvisi di addebito, la prescrizione del credito e altre violazioni procedurali. Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso, confermando la regolarità della procedura di notifica semplificata per gli atti amministrativi e l’assenza di prescrizione, anche in virtù di atti interruttivi e delle sospensioni per l’emergenza COVID. La sentenza chiarisce inoltre la corretta individuazione dei soggetti da citare in giudizio a seconda del vizio contestato.

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Obbligo di repêchage: onere della prova del datore

Il Tribunale di Milano ha dichiarato illegittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo a causa della violazione dell’obbligo di repêchage. La sentenza ribadisce che spetta esclusivamente al datore di lavoro l’onere di provare, in modo specifico e non generico, l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in altre mansioni all’interno dell’azienda.

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Termine di decadenza: annullata sanzione per ritardo

Un’azienda si oppone a un’ordinanza di ingiunzione per omesso versamento di ritenute previdenziali. Il Tribunale del Lavoro di Milano ha accolto il ricorso, annullando la sanzione. La motivazione principale è che l’ente previdenziale ha notificato la violazione ben oltre il termine di decadenza di 90 giorni previsto dalla legge, causando l’estinzione dell’obbligazione pecuniaria. La complessità dei controlli interni dell’ente non è stata ritenuta una giustificazione valida per il ritardo.

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Responsabilità professionale vigilanza: la polizza paga?

Un istituto di vigilanza, condannato a risarcire un cliente per un furto dovuto a negligenza, ha citato in giudizio la propria compagnia assicurativa per essere manlevato. L’assicurazione non si è presentata in giudizio. Il Tribunale ha accolto la domanda, condannando l’assicuratore a pagare l’intero importo dovuto in base alla polizza per responsabilità professionale vigilanza e sanzionandola inoltre per la mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria.

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Appalto, riconoscimento dei vizi e impegno a rimuoverli

Il semplice riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore implica la superfluità della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera, che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale; ne consegue che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto.

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Assegno contraffatto: banca responsabile per negligenza

Il Tribunale di Milano ha confermato la condanna di una banca per il pagamento di un assegno contraffatto, ribadendo la sua responsabilità per negligenza. La decisione si fonda sulla mancata prova da parte dell’istituto di credito di aver correttamente identificato il presentatore del titolo. È stato, invece, escluso il concorso di colpa del mittente, il quale aveva dimostrato di aver spedito l’assegno tramite raccomandata, un metodo considerato sicuro. La sentenza chiarisce inoltre che tali controversie non sono soggette a mediazione obbligatoria.

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Intervento inammissibile: condanna per abuso processo

Il Tribunale di Milano dichiara inammissibile l’intervento di un terzo, ex esecutore testamentario, in una causa di divisione ereditaria già risolta con un accordo tra gli eredi. L’interveniente, che aveva anche proposto una querela di falso contro il testamento, viene condannato per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 c.p.c. a causa della sua mancanza di legittimazione processuale e della mala fede dimostrata. La sentenza sottolinea che gli strumenti processuali non possono essere utilizzati per finalità pretestuose, pena severe sanzioni economiche.

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Successione contratti a termine: quando scatta l'assunzione

Un lavoratore, dopo una serie di contratti a termine diretti con un’azienda, prosegue il rapporto tramite un’agenzia di somministrazione, superando i 12 mesi totali. Il Tribunale ha dichiarato l’illegittimità di tale pratica, disponendo la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l’azienda utilizzatrice. La sentenza analizza la successione contratti a termine, stabilendo che il superamento dei limiti di durata senza una valida causale comporta la stabilizzazione del lavoratore, oltre al riconoscimento di un inquadramento superiore e delle relative differenze retributive.

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