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Giurisprudenza Civile

Prova della consegna: vittoria senza bolle di trasporto

Una sentenza della Corte d’Appello analizza il tema della prova della consegna in assenza di bolle o DDT. Il caso riguarda due società con stretti legami familiari e commerciali operanti nella stessa sede. La Corte ha stabilito che, in mancanza di documenti formali, la consegna può essere provata attraverso presunzioni, come la registrazione delle fatture nei registri IVA di entrambe le parti, testimonianze e la logica commerciale dei rapporti. La decisione riforma parzialmente la sentenza di primo grado, accogliendo in parte sia la domanda principale che quella riconvenzionale e compensando le spese legali per soccombenza reciproca.

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Blocco conto corrente OFAC: Illegittimo per il Giudice

Un risparmiatore si è visto bloccare il conto dopo l’inserimento del suo nome nella lista SDN dell’OFAC statunitense. Il Tribunale di Monza ha dichiarato illegittimo il blocco del conto corrente per sanzioni OFAC, ordinando alla banca l’immediato sblocco. La decisione si fonda sul principio che le sanzioni di un organismo estero come l’OFAC non hanno efficacia diretta nell’ordinamento italiano e che il blocco totale è una misura sproporzionata che viola i diritti fondamentali del cliente.

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Termine opposizione avviso addebito: le conseguenze

Un contribuente ha opposto un avviso di addebito per contributi previdenziali ben oltre il termine perentorio di 40 giorni. Il Tribunale aveva inizialmente accolto l’opposizione per prescrizione del credito. La Corte d’Appello ha riformato la decisione, dichiarando l’opposizione inammissibile. Il mancato rispetto del termine opposizione avviso addebito rende il credito definitivo e non più contestabile nel merito, neanche per prescrizione.

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Licenziamento tardivo per reato: quando è legittimo?

La Corte d’Appello ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa intimato a un lavoratore a seguito di una condanna penale definitiva per un reato commesso al di fuori dell’ambito lavorativo. Il punto centrale della controversia era il presunto licenziamento tardivo, poiché l’azienda aveva agito solo dopo la conclusione del processo penale, a distanza di anni dalla conoscenza iniziale dei fatti. La Corte ha stabilito che l’attesa della sentenza passata in giudicato non viola il principio di tempestività, ma rappresenta una scelta prudente e giustificata, soprattutto a fronte della condotta poco trasparente del dipendente, che aveva omesso di fornire informazioni complete sull’evoluzione della sua vicenda giudiziaria.

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Aggravamento malattia: diritto alla rendita anche dopo anni

Un lavoratore, già beneficiario di un indennizzo per patologie professionali, ha ottenuto un aumento della prestazione a seguito di un aggravamento malattia. L’istituto assicuratore ha impugnato la decisione, sostenendo che il peggioramento fosse dovuto al normale invecchiamento e non al lavoro pregresso. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, affermando che la naturale evoluzione di una malattia professionale già riconosciuta costituisce causa legittima per l’aumento della rendita, anche a distanza di anni dalla cessazione dell’attività rischiosa, in base all’art. 137 del D.P.R. 1124/1965.

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Sospensione sentenza: quando è inammissibile?

Un’ordinanza della Corte d’Appello chiarisce quando un’istanza di sospensione sentenza è inammissibile. Nel caso specifico, la sentenza impugnata si limitava a revocare un decreto ingiuntivo, senza contenere alcuna statuizione di condanna. La Corte ha stabilito che, in assenza di un titolo esecutivo, non vi è alcuna efficacia da sospendere, rendendo la richiesta priva di fondamento. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale della procedura civile.

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Nullità clausole bancarie: l'onere della prova

Una società ha citato in giudizio la propria banca per far dichiarare la nullità di alcune clausole (anatocismo, “usi su piazza”) presenti nel contratto di conto corrente del 1982. La banca si è difesa sostenendo l’esistenza di un contratto successivo, senza però produrlo in giudizio. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, ha stabilito che l’onere di provare l’esistenza del nuovo contratto spettava alla banca. Di conseguenza, ha dichiarato la nullità delle clausole bancarie contestate per indeterminatezza e violazione del divieto di anatocismo, ordinando il ricalcolo del saldo.

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Separazione personale dei coniugi, unico episodio di percosse

In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo, comunque, a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona.

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Revoca contributo pubblico: quando è legittima?

Una società si vede negare il saldo di un finanziamento pubblico dopo aver già ricevuto un primo acconto (SAL). L’ente erogatore contesta la completezza della documentazione finale. La Corte d’Appello, pur non emettendo una decisione definitiva, chiarisce un principio fondamentale: l’approvazione di un acconto non impedisce all’ente di condurre una verifica completa e finale su tutte le spese al momento della richiesta di saldo. La potenziale revoca del contributo pubblico è legata alla capacità del beneficiario di provare la realtà e l’effettività di ogni costo sostenuto per l’intero progetto. Data l’analisi incompleta del primo giudice, la Corte ha disposto una consulenza tecnica per riesaminare tutta la documentazione.

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Responsabilità proprietario: trattore non a norma

Una sentenza della Corte d’Appello ha confermato la responsabilità del proprietario di un trattore agricolo per la morte di un suo dipendente, avvenuta a causa della mancanza di dispositivi di sicurezza obbligatori. La Corte ha stabilito che tale omissione configura una responsabilità da circolazione stradale ex art. 2054 c.c., coperta da assicurazione RCA. È stato inoltre chiarito che, in questo specifico contesto, il conducente-dipendente va considerato come ‘terzo’ avente diritto al risarcimento, rigettando l’appello della compagnia assicuratrice.

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Contributi gestione separata: obbligo per avvocati

La Corte d’Appello di Cagliari ha stabilito che un avvocato, pur versando il contributo integrativo alla propria cassa professionale, è tenuto a iscriversi e a versare i contributi alla Gestione Separata se non paga il contributo soggettivo. La decisione si fonda sul principio di universalizzazione della tutela previdenziale, poiché il contributo integrativo ha natura solidaristica e non crea una posizione pensionistica individuale. Di conseguenza, per i redditi non coperti da contribuzione soggettiva, scatta l’obbligo dei contributi gestione separata.

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Eccessiva durata del processo: risarcimento di 2.400€

La Corte di Appello di Cagliari ha condannato il Ministero a risarcire due creditori per l’eccessiva durata del processo fallimentare in cui erano coinvolti. La procedura, durata oltre 12 anni, ha superato di 6 anni il termine ragionevole. La Corte ha liquidato un indennizzo di €2.400 per ciascun ricorrente, basato su un importo di €400 per ogni anno di ritardo, oltre agli interessi e alle spese legali.

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Liquidazione giudiziale: impegno del socio insufficiente

Il Tribunale di Trento dichiara la liquidazione giudiziale di una società in stato di insolvenza, accertata da un C.T.U. per oltre 1,4 milioni di euro. La corte ha ritenuto irrilevante sia il trasferimento della sede legale avvenuto dopo la domanda, sia l’impegno del socio a finanziare la società, poiché non elimina lo stato di insolvenza e non rientra negli strumenti alternativi di soluzione della crisi previsti dalla legge.

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Responsabilità del custode per danni da neve dal tetto

Un’automobile viene danneggiata dalla caduta di neve dal tetto di un edificio pubblico. La Corte d’Appello riforma la sentenza di primo grado, affermando la piena responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. Viene escluso sia il caso fortuito, dato che una forte nevicata in montagna è prevedibile, sia il concorso di colpa dell’automobilista. L’ente proprietario è condannato al risarcimento integrale del danno.

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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?

Il Tribunale di Trento ha disposto l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società, respingendo le sue eccezioni. La società debitrice sosteneva di non essere soggetta alla procedura in quanto ‘impresa minore’ e contestava la legittimità del credito. Il Tribunale ha affermato che la legittimazione del creditore era incontestabile, poiché basata su un decreto ingiuntivo definitivo. Inoltre, la società debitrice non ha fornito la prova di possedere congiuntamente tutti i requisiti per essere considerata ‘impresa minore’. Infine, lo stato di insolvenza è stato confermato da numerosi debiti non pagati verso il ricorrente, l’erario e altri fornitori, superando ampiamente la soglia di legge.

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Indebito oggettivo: che fare se ricevi un bonifico?

Un’agenzia di assicurazioni ha versato per errore una cospicua somma a un imprenditore agricolo, il quale, pur riconoscendo l’errore, ne ha restituito solo una parte. Il Tribunale ha condannato l’imprenditore a restituire la somma residua, applicando il principio dell’indebito oggettivo. La sentenza chiarisce che chi riceve un pagamento non dovuto è tenuto alla restituzione, e se agisce in mala fede, deve corrispondere anche gli interessi dal giorno del pagamento e non dalla domanda giudiziale.

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Obbligazione naturale: no rimborso per lavori ex

Un uomo ha richiesto il rimborso per i lavori di ristrutturazione eseguiti sulla casa di proprietà esclusiva dell’ex compagna. Il Tribunale di Trento ha respinto la domanda, qualificando le prestazioni come adempimento di un’obbligazione naturale. La decisione si fonda sul principio di proporzionalità, considerando la lunga durata della relazione e le condizioni economiche dell’uomo, che rendevano la spesa non eccessiva nel contesto del rapporto affettivo.

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Ordinanza 186 ter cpc: assorbita dalla sentenza finale

Una società si oppone a un decreto ingiuntivo per un importo errato. Il giudice, dopo aver emesso un’ordinanza 186 ter cpc per la somma non contestata, revoca entrambi i provvedimenti e condanna al pagamento del solo debito residuo, compensando le spese.

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Rinuncia agli atti: chi paga le spese legali?

Una società avvia un procedimento d’urgenza che dura un anno, con un’intensa attività istruttoria (6 udienze, 14 testimoni). Al termine di questa fase, la società ricorrente presenta una rinuncia agli atti. Il Tribunale di Trento dichiara estinto il giudizio ma, contrariamente alla richiesta di compensazione delle spese, condanna la parte rinunciante a rimborsare integralmente le spese legali delle controparti. La liquidazione dei compensi viene calcolata tenendo conto della durata, della complessità e dell’attività processuale svolta, dimostrando che la rinuncia tardiva non esonera dal pagamento dei costi del giudizio.

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Lavoro subordinato: quando il contratto è fittizio

Il Tribunale di Trento ha annullato una cartella di pagamento emessa da un ente previdenziale nei confronti di un’infermiera. Nonostante un contratto formale di lavoro autonomo, il giudice ha riconosciuto la natura di lavoro subordinato del rapporto, basandosi su indici concreti come orari fissi, direttive del datore e integrazione nell’organizzazione aziendale. Di conseguenza, è stata dichiarata l’insussistenza dell’obbligo contributivo verso la cassa professionale.

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