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Giurisprudenza Civile

Indennità minima: 5 mesi garantiti nel Jobs Act

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di licenziamento orale illegittimo sotto il regime del Jobs Act, al lavoratore spetta un’indennità minima di cinque mensilità. Tale soglia non può essere ridotta o azzerata dalla detrazione di quanto percepito da una nuova occupazione (aliunde perceptum). La sentenza chiarisce che il diritto a questa tutela minima è incomprimibile, anche se il lavoratore trova un nuovo impiego subito dopo il licenziamento.

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Risoluzione e caparra: la Cassazione chiarisce

In un caso di contratto preliminare immobiliare, la Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra risoluzione e caparra. La Corte ha stabilito che una parte che chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni non può ottenere anche il doppio della caparra, rimedio previsto per il diverso istituto del recesso. Viene inoltre ribadito che la prova della simulazione del prezzo tra le parti richiede un atto scritto.

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Mobilità docenti sostegno: vale il pre-ruolo

Una docente di sostegno ha richiesto il trasferimento su posto comune, chiedendo di computare nel quinquennio obbligatorio anche il servizio svolto con contratti a termine (pre-ruolo). La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che, in base al principio di non discriminazione UE, il servizio pre-ruolo va conteggiato ai fini della mobilità docenti sostegno, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello.

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Ripartizione debito solidale: la Cassazione decide

In un caso originato dal dissesto di una grande società alimentare, la Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per la ripartizione del debito solidale in sede di regresso. Un co-obbligato, dopo aver pagato l’intera somma provvisionale stabilita in sede penale, ha agito contro gli altri. La Corte ha stabilito che la ripartizione del debito solidale deve basarsi sull’importo effettivamente richiesto dal creditore e pagato dal solvens, non sull’ipotetico danno totale. L’appello del condebitore, che mirava a ricalcolare le quote sul danno complessivo, è stato quindi respinto.

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Interruzione automatica del processo: la Cassazione chiarisce

Una società citata in giudizio per un finanziamento auto non pagato si è trovata al centro di una complessa vicenda processuale. Il caso, giunto in Cassazione, ha offerto l’occasione per chiarire un punto cruciale della procedura civile: la decorrenza dei termini in caso di interruzione automatica del processo per morte del difensore. La Corte ha stabilito che, a differenza delle interruzioni non automatiche, il termine trimestrale per la riassunzione decorre non dalla conoscenza di fatto dell’evento, ma dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara formalmente l’interruzione. La sentenza ha anche affrontato le conseguenze dell’appello proposto solo da alcuni condebitori solidali, confermando che la sentenza passa in giudicato per chi non impugna.

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Deroga giurisdizione agente: indennità indisponibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola di deroga giurisdizione agente in favore di un arbitro estero è nulla se la controversia riguarda l’indennità di fine rapporto. Questo diritto è considerato indisponibile ai sensi della Legge 218/1995 e, pertanto, la giurisdizione italiana non può essere esclusa, confermando la competenza del tribunale italiano.

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Onere della prova: chi prova l'inadempimento?

Una società, dopo aver ricevuto finanziamenti pubblici, si vede revocare i fondi dal Ministero per presunte irregolarità. Mentre la Corte d’Appello aveva dato ragione all’impresa, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, chiarendo un principio fondamentale: nei casi di responsabilità contrattuale, l’onere della prova dell’esatto adempimento spetta al debitore (la società), non al creditore (il Ministero). Il Ministero deve solo allegare l’inadempimento, non provarlo in ogni dettaglio.

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Cessione ramo d'azienda: quando è legittima?

Un lavoratore ha impugnato il trasferimento del suo rapporto di lavoro, avvenuto a seguito di una cessione di ramo d’azienda, sostenendo la mancanza di autonomia del ramo ceduto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione sull’esistenza dei requisiti di autonomia e preesistenza del ramo è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, come nel caso di specie, dove era stata provata la cessione di un’entità economica organizzata e funzionale.

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Retribuzione indebita: la P.A. deve recuperare

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato la condanna di una segretaria comunale alla restituzione di somme percepite in eccesso a titolo di maggiorazione della retribuzione. L’errore derivava da un’errata interpretazione del contratto collettivo da parte del Comune. La Corte ha ribadito che, nel settore pubblico, la retribuzione indebita deve sempre essere restituita, non potendo il dipendente vantare un diritto quesito o invocare il legittimo affidamento, anche se in buona fede.

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Servitù di elettrodotto: quando è legittima?

Dei proprietari immobiliari scoprono cavi elettrici sotterranei non autorizzati e citano in giudizio la società elettrica. La Corte d’Appello respinge la loro richiesta, sostenendo l’esistenza di una servitù di elettrodotto sorta con la nazionalizzazione dell’energia. La Corte di Cassazione, vista la complessità delle questioni sollevate, ha rinviato il caso alla pubblica udienza per un esame approfondito, in particolare sulla corretta interpretazione delle norme che regolano la costituzione di tale servitù.

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Indennità di espropriazione: i limiti del ricorso

Un ente comunale contesta l’indennità di espropriazione parziale stabilita dalla Corte d’Appello, ma la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. La decisione sottolinea che l’accertamento dell’unitarietà economica di un bene è una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità e che non è possibile introdurre nuove prove o questioni per la prima volta in Cassazione.

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Estinzione del giudizio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio in un caso in cui la parte ricorrente non ha richiesto una decisione entro 40 giorni dalla comunicazione di una proposta di definizione della lite. La Corte ha applicato l’art. 380-bis c.p.c., interpretando il silenzio del ricorrente come una rinuncia al ricorso e condannandolo al pagamento delle spese processuali.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Un Ente Locale ricorre in Cassazione contro una sentenza d’appello. A seguito di una proposta di decisione accelerata, l’Ente non chiede la trattazione del caso entro 40 giorni. La Corte dichiara l’estinzione del giudizio per rinuncia presunta e condanna l’Ente al pagamento delle spese legali.

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Riconoscimento anzianità docente: la Cassazione decide

Una docente con contratti a tempo determinato ha agito in giudizio per ottenere la retribuzione per i mesi estivi e il riconoscimento dell’anzianità di servizio. La Corte di Cassazione, con ordinanza 20210/2025, ha respinto il ricorso. È stato chiarito che per il riconoscimento anzianità docente pre-ruolo, per i primi quattro anni, non c’è interesse ad agire in quanto già previsto dalla legge. Inoltre, la richiesta di retribuzione estiva è stata negata per mancata prova che l’incarico fosse su un posto vacante per l’intero anno (organico di diritto).

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Retribuzione di risultato: quando è un diritto?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21769/2025, ha stabilito che la retribuzione di risultato per i dirigenti pubblici non è un diritto automatico. L’erogazione è subordinata a precise condizioni: la fissazione di obiettivi, la verifica del loro raggiungimento e la definizione dei criteri di riparto tramite contrattazione integrativa. Nel caso esaminato, alcuni dirigenti ministeriali si sono visti negare il conguaglio richiesto perché questi presupposti non erano stati soddisfatti, con i fondi destinati a tale scopo che erano stati utilizzati per altri fini. La Corte ha chiarito che, in caso di inerzia della P.A., il lavoratore non può chiedere il pagamento diretto ma può agire per il risarcimento del danno.

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Estinzione Giudizio: Rinuncia e Accettazione

La Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di una società e della contestuale accettazione da parte dell’istituto di credito convenuto. La decisione si fonda sugli articoli 390 e 391 c.p.c., evidenziando che l’accettazione della rinuncia comporta la non statuizione sulle spese processuali.

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Estinzione giudizio Cassazione: le conseguenze

Un recente decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze dell’inattività del ricorrente di fronte a una proposta di definizione del giudizio. A seguito del mancato riscontro entro il termine di 40 giorni, il ricorso è stato considerato rinunciato, portando alla declaratoria di estinzione del giudizio di Cassazione. La decisione sottolinea l’importanza di rispettare le scadenze processuali, la cui inosservanza può determinare la chiusura definitiva del caso senza una pronuncia nel merito.

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Clausola di giurisdizione: prevale il contratto quadro

In una disputa tra un’azienda italiana e una straniera, la Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola di giurisdizione contenuta in un contratto-quadro prevale su quella presente nelle condizioni generali di vendita richiamate solo tramite hyperlink nei singoli ordini. La Corte ha chiarito che per derogare a una clausola così importante è necessaria una pattuizione esplicita e non un mero rinvio implicito, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

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Contratto agenzia infortunistica: quando è valido?

Una recente ordinanza della Cassazione esamina la validità di un contratto agenzia infortunistica. La Corte ha chiarito che l’attività di consulenza stragiudiziale non è esclusiva degli avvocati. Sebbene abbia rigettato le censure sulla poca chiarezza delle clausole, ha cassato la sentenza per omissione di pronuncia su specifiche richieste di rimborso spese e restituzione, rinviando il caso alla Corte d’Appello.

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Foro esclusivo: quando la clausola è valida?

La Cassazione ha stabilito che una clausola di foro convenzionale, per essere considerata foro esclusivo, deve indicare in modo inequivocabile la volontà delle parti di escludere gli altri fori legali. La dicitura ‘per qualunque controversia è competente il Foro di…’ non basta. In assenza di tale esclusività e della specifica approvazione scritta, il foro indicato è solo facoltativo e la parte che eccepisce l’incompetenza deve contestare tutti i fori alternativi.

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