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Giurisprudenza Civile

Accreditamento sanitario: l’accordo scritto è cruciale
Una struttura sanitaria è stata condannata a restituire oltre 685.000 euro a un'Azienda Sanitaria Locale per prestazioni erogate oltre la capacità operativa massima. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della struttura, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della vicenda è la mancata prova di un formale accordo scritto che giustificasse tali prestazioni, rendendo i pagamenti ricevuti indebiti e soggetti a restituzione secondo il principio dell'accreditamento sanitario.
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Incentivo funzioni tecniche: quando è inammissibile
Un dipendente pubblico si è visto negare l'incentivo funzioni tecniche poiché il progetto era stato redatto da professionisti esterni. La Corte d'Appello ha confermato la decisione basandosi su due distinte motivazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del dipendente inammissibile perché egli aveva contestato solo una delle due ragioni, rendendo l'impugnazione inefficace a prescindere dal suo esito.
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Correzione errore materiale: la Cassazione corregge
La Corte di Cassazione accoglie un'istanza per la correzione di errore materiale in una sua precedente ordinanza. L'errore consisteva nell'aver indicato una "società" come parte tenuta al pagamento delle spese legali, anziché una specifica persona fisica. La Corte ha disposto la semplice cancellazione del termine errato, ripristinando la corretta identificazione del soggetto debitore e sottolineando l'importanza di questo strumento processuale per rettificare sviste senza alterare la decisione.
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Danno da usura psico-fisica: pausa negata e risarcimento
Un'azienda sanitaria è stata condannata a risarcire i dipendenti per il danno da usura psico-fisica causato dalla sistematica mancata concessione della pausa di 10 minuti in turni superiori a sei ore. La Cassazione ha ritenuto provato il danno tramite presunzioni, basandosi sulla prolungata e illecita condotta del datore di lavoro.
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Danno da usura psicofisica: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda sanitaria contro la condanna al risarcimento per il danno da usura psicofisica subito dai dipendenti. Il danno è stato provato tramite presunzioni, come l'estensione dell'orario e la mancata fruizione delle pause per oltre un decennio.
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Legge Pinto: continuità processuale e rimedi preventivi
La Corte d'Appello di Cagliari ha respinto la richiesta di indennizzo per eccessiva durata del processo (Legge Pinto), stabilendo un principio chiave: due procedimenti, anche se collegati, non costituiscono un'unica vicenda processuale. Il primo procedimento è stato considerato concluso con la sentenza definitiva, rendendo tardiva la domanda di indennizzo. Per il secondo, la Corte ha dichiarato la domanda inammissibile per il mancato utilizzo dei cosiddetti 'rimedi preventivi', strumenti obbligatori per sollecitare la definizione del giudizio, dimostrando la loro cruciale importanza nelle cause pendenti dopo il 2016.
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Contratto collegato: risoluzione per impianto non-conforme
Una coppia di consumatori acquista un impianto fotovoltaico con la promessa del "costo zero", grazie a un contratto collegato di finanziamento. L'impianto si rivela meno produttivo del previsto, vanificando il beneficio economico. La Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie la domanda dei consumatori. Stabilisce che il termine per denunciare il difetto decorre da quando si ha una chiara percezione del problema (almeno un anno di osservazione) e, accertato il grave inadempimento del fornitore, dichiara la risoluzione sia del contratto di fornitura sia del contratto collegato di finanziamento, ordinando la restituzione delle rate pagate.
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Compensatio Lucri Cum Damno e Danni da Trasfusione
La Corte d'Appello di Cagliari ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado in un caso di danno da trasfusione infetta. Pur confermando la responsabilità del Ministero della Salute, ha applicato integralmente il principio della compensatio lucri cum damno, stabilendo che l'intero ammontare del risarcimento del danno deve essere compensato con l'indennizzo, sia già percepito che futuro, previsto dalla L. 210/1992. Di conseguenza, il risarcimento è stato di fatto azzerato dall'importo maggiore dell'indennizzo.
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Danno da emotrasfusione: indennizzo e risarcimento
La Corte d'Appello, decidendo su un caso di danno da emotrasfusione risalente al 1975, ha stabilito un importante principio sulla cumulabilità tra indennizzo e risarcimento. La Corte ha riconosciuto la responsabilità del Ministero per omessa vigilanza e ha liquidato un risarcimento per l'invalidità temporanea subita dalla vittima per oltre 20 anni. Ha però chiarito che l'indennizzo previsto dalla L. 210/92, essendo destinato al solo danno permanente, non può essere detratto dal risarcimento per il danno temporaneo, evitando così un'indebita riduzione del ristoro per la sofferenza patita durante la malattia.
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Sospensione esecuzione sentenza: tutela della casa
Una parte ha richiesto la sospensione dell'esecuzione di una sentenza che ordinava il rilascio di un immobile, sostenendo di avervi costruito la propria abitazione. La Corte d'Appello di Cagliari ha accolto la richiesta, ordinando la sospensione esecuzione sentenza. La decisione si è basata esclusivamente sulla valutazione del 'periculum in mora', ovvero il rischio di danno grave e irreparabile derivante dalla perdita della casa, senza analizzare la fondatezza nel merito dell'opposizione.
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Accordi tra Enti Pubblici: quando non è appalto
Una recente sentenza della Corte d'Appello ha stabilito che gli accordi tra enti pubblici finalizzati al perseguimento di un interesse comune non sono contratti d'appalto e, pertanto, non richiedono una gara pubblica. Il caso riguardava un ente regionale che si rifiutava di pagare un ente strumentale per l'organizzazione di un evento, sostenendo la nullità delle convenzioni per mancato ricorso all'evidenza pubblica. La Corte ha riformato la decisione di primo grado, qualificando il rapporto come un legittimo accordo di collaborazione e condannando l'ente regionale al pagamento delle somme dovute.
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Mancata risposta all’interrogatorio: non è confessione
La Corte d'Appello di Cagliari conferma la risoluzione di un contratto di locazione per morosità, rigettando l'appello del conduttore. La sentenza chiarisce che la mancata risposta all'interrogatorio formale di un terzo chiamato in causa non costituisce una confessione automatica. Il giudice deve valutare tale comportamento discrezionalmente, insieme a tutte le altre prove, che nel caso di specie erano sufficienti a smentire la tesi dell'appellante circa un presunto accordo sulla responsabilità del pagamento dei canoni.
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Vendita immobile difettoso: quando scatta la risoluzione
La Corte d'Appello di Cagliari ha confermato la risoluzione di un contratto di compravendita per una vendita di immobile difettoso. Gli acquirenti avevano riscontrato gravi vizi, come infiltrazioni e muffa, che rendevano l'appartamento di nuova costruzione inabitabile. La Corte ha stabilito che tali difetti, compromettendo la funzione abitativa del bene, giustificano la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1490 c.c., senza la necessità di configurare un'ipotesi di 'aliud pro alio'. L'appello della società costruttrice è stato respinto, con condanna alla restituzione delle somme e al pagamento delle spese.
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Sanatoria contributiva: quando la richiesta è valida?
Una società ha avviato una sanatoria contributiva tramite un'istanza di dilazione, ma l'ente previdenziale l'ha respinta per incompletezza e per il pagamento tardivo di una rata non oggetto della sanatoria. La Corte d'Appello ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo la procedura di regolarizzazione perfezionata. La Corte ha stabilito che la richiesta del consulente di integrare la domanda era valida e che un debito maturato successivamente non poteva invalidare la procedura di regolarizzazione già correttamente avviata.
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Eccessiva durata del processo: risarcimento di 6.000€
La Corte d'Appello ha riconosciuto un'equa riparazione ai familiari di una vittima di un incidente sul lavoro a causa dell'eccessiva durata del processo di primo grado, durato quasi 18 anni. Sottraendo i ritardi non imputabili allo Stato, la Corte ha calcolato un ritardo indennizzabile di 15 anni, liquidando un importo di 6.000 euro per ciascun ricorrente. La decisione si fonda sulla Legge Pinto, che stabilisce il diritto a un indennizzo quando la giustizia non rispetta tempi ragionevoli.
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Avviso di addebito: l’annullamento non basta
Una contribuente impugna un avviso di addebito per omissioni contributive, basato su un accertamento fiscale a sua volta contestato. Il Tribunale annulla l'atto per un vizio procedurale. La Corte d'Appello, pur confermando il vizio, riforma la sentenza stabilendo che il giudice dell'opposizione deve sempre esaminare il merito della pretesa creditoria. La Corte, analizzando la fondatezza del credito e respingendo l'eccezione di prescrizione, condanna la contribuente al pagamento dei contributi dovuti.
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Danno biologico: come si calcola l’indennizzo
La Corte d'Appello interviene su un caso di malattia professionale da amianto, riformando parzialmente la sentenza di primo grado. A seguito di una nuova consulenza tecnica, il danno biologico del lavoratore viene rideterminato dal 36% al 34%. La decisione, basata su un accordo tra l'ente previdenziale e gli eredi del lavoratore defunto, conferma il diritto all'indennizzo ma ne adegua l'importo, liquidando le somme maturate fino al decesso in favore degli eredi.
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Responsabilità sinistro animale: la divisione delle colpe
Una recente sentenza della Corte d'Appello analizza un caso di sinistro stradale tra un furgone e un bovino incustodito. La Corte conferma la divisione della responsabilità (70% al proprietario dell'animale, 30% al conducente), ma riforma la quantificazione del danno escludendo l'IVA, non dovuta alla società danneggiata in quanto detraibile. Questo caso chiarisce i principi sulla responsabilità in un sinistro con animale e sul calcolo del risarcimento.
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Assegnazione casa familiare: il diritto non si eredita
La Corte d'Appello ha confermato la condanna di una figlia a rilasciare la casa familiare di proprietà del padre e a risarcire i danni per occupazione senza titolo. Dopo la morte della madre assegnataria, il diritto all'assegnazione della casa familiare non si trasferisce al figlio maggiorenne, che non può vantare un valido titolo per permanere nell'immobile contro la volontà del genitore proprietario.
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Conflitto di interessi in condominio: la guida completa
Una società immobiliare ha impugnato le delibere di un'assemblea condominiale, sostenendo un conflitto di interessi da parte di altri condomini. La Corte d'Appello ha respinto il ricorso, confermando la decisione di primo grado. La sentenza chiarisce che per l'annullamento non basta il conflitto, ma la delibera deve essere dannosa per il condominio e il voto del condomino in conflitto deve essere stato determinante (la cosiddetta 'prova di resistenza'), circostanze non provate nel caso di specie. La Corte ha inoltre ritenuto legittime le delibere su questioni non dettagliate nell'ordine del giorno ma ad esso collegate, e la redazione del verbale in un momento successivo alla chiusura dell'assemblea.
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