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Giurisprudenza Civile

Servitù di passaggio: le opere visibili sono decisive
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7597/2024, ha chiarito i requisiti per l'apparenza di una servitù di passaggio. Il caso riguardava una disputa tra vicini in cui la Corte d'Appello aveva negato l'esistenza di una servitù per mancanza di un sentiero certo. La Cassazione ha cassato la sentenza, stabilendo che il giudice di merito ha errato nel non considerare opere visibili e permanenti, come una scaletta in muratura con cancello e illuminazione, quali elementi idonei a dimostrare l'esistenza della servitù, indipendentemente dalla precisa configurazione di un sentiero.
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Distanze tra costruzioni: la sopraelevazione è nuova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 7595/2024, ha rigettato il ricorso di una proprietaria che aveva realizzato una sopraelevazione e una scala esterna senza rispettare le normative locali sulle distanze. La Corte ha ribadito che tali interventi si qualificano come 'nuova costruzione' e, pertanto, devono rispettare le distanze tra costruzioni più restrittive previste dagli strumenti urbanistici locali, non essendo sufficiente il rispetto della distanza minima del Codice Civile. Confermato l'obbligo di arretramento e rimozione delle opere.
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Distrazione delle spese: Cassazione corregge l’errore
La Corte di Cassazione ha corretto una propria precedente ordinanza per un errore materiale. L'ordinanza originale, pur condannando la parte soccombente al pagamento delle spese legali, aveva omesso di disporre la distrazione delle spese in favore dell'avvocato della parte vittoriosa, che si era dichiarato antistatario. Riconosciuta la ritualità della richiesta, la Corte ha integrato la decisione, riaffermando il diritto del difensore a ricevere il pagamento diretto.
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Allegazione tempestiva: Cassazione e oneri in appello
Una società ha citato in giudizio una banca per la presunta applicazione di tassi di interesse illegittimi, modificando le proprie argomentazioni solo in fase di appello. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio fondamentale della allegazione tempestiva. Secondo la Corte, i fatti costitutivi della domanda devono essere specificati e provati fin dal primo grado di giudizio, non potendo essere introdotti per la prima volta in appello.
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Ricorso inammissibile per carenza dei fatti di causa
Una società cooperativa si è vista respingere il proprio ricorso dalla Corte di Cassazione, la quale lo ha dichiarato inammissibile. La causa della decisione risiede nella violazione dell'obbligo di esporre sommariamente i fatti di causa nell'atto di impugnazione. L'ordinanza sottolinea che tale requisito non è un mero formalismo, ma una necessità fondamentale per permettere alla Corte di comprendere l'origine e lo sviluppo della controversia senza dover consultare altri documenti. La mancanza di una chiara narrazione processuale ha reso il ricorso inammissibile, con conseguente condanna della società al pagamento delle spese legali.
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Modifica della domanda: quando è troppo tardi in causa
Un proprietario ha citato in giudizio i vicini per una veranda costruita in violazione delle norme sulle distanze. Successivamente, ha tentato di modificare la domanda, sostenendo la carenza del diritto di proprietà dei vicini sull'area. La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità di questa modifica della domanda perché presentata tardivamente, oltre i termini processuali consentiti. La Corte ha ribadito che i fatti e le ragioni giuridiche a sostegno di una causa devono essere definiti all'inizio del processo, respingendo il ricorso.
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Clausola risolutiva espressa: chi può invocarla?
La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d'appello che confermava la risoluzione di un contratto di franchising da parte dell'affiliato. Il caso verteva sull'uso di una clausola risolutiva espressa che, secondo la Corte, non era stata correttamente analizzata dai giudici di merito per verificare se fosse effettivamente a disposizione dell'affiliato. La Cassazione ha stabilito che il giudice d'appello non può limitarsi a confermare la decisione precedente senza un'analisi autonoma dei motivi di ricorso, soprattutto quando si contesta la titolarità di un diritto, come quello di invocare la clausola risolutiva espressa. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.
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Occupazione terreno demaniale: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un privato cittadino condannato a risarcire un Comune per l'occupazione terreno demaniale gravato da uso civico. La Corte ha confermato che l'occupazione è illegittima fino all'eventuale provvedimento di legittimazione, che ha efficacia solo per il futuro. È stata inoltre ribadita l'inammissibilità di censure in Cassazione sui fatti già accertati conformemente da due giudici di merito (cd. 'doppia conforme').
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Distanze tra costruzioni: la Cassazione chiarisce
Un proprietario di un immobile ha contestato la violazione delle distanze tra costruzioni da parte di un'impresa edile. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito principi fondamentali per il calcolo: la misurazione va effettuata considerando l'intera facciata degli edifici e non solo le parti prospicienti, e deve includere anche elementi aggettanti come gli sbalzi tamponati, in quanto parte integrante della sagoma del fabbricato.
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Credito prededucibile: quando le spese non spettano
Una società di trasporti ha richiesto l'ammissione di un credito prededucibile per le spese di recupero di propri vagoni dalla sede di un'azienda fallita. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che i costi derivanti da una scelta discrezionale del creditore, e non da un'azione diretta della curatela, non costituiscono un credito prededucibile. Tali spese, originate dall'inadempimento della società poi fallita, avrebbero potuto al massimo essere ammesse come credito chirografario, domanda che però non è stata correttamente formulata.
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Acqua non potabile: rimborso garantito dalla Cassazione
Un utente ha citato in giudizio la propria società idrica per aver ricevuto acqua non potabile per un triennio. Dopo aver pagato le bollette per intero a seguito di una diffida, ha richiesto il rimborso del 50%. I tribunali di merito avevano respinto la domanda, applicando la prescrizione breve di un anno per i vizi della cosa. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la fornitura di acqua non potabile non è un vizio, ma un grave inadempimento contrattuale (aliud pro alio), soggetto alla prescrizione ordinaria di dieci anni. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.
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Privilegio studio associato: la Cassazione fa chiarezza
In un caso riguardante la richiesta di ammissione privilegiata di un credito professionale da parte di uno studio associato, la Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria. Pur ribadendo il principio secondo cui il privilegio è legato alla prestazione personale, la Corte ha ritenuto necessario un approfondimento in pubblica udienza sul significato del requisito della "pertinenza del credito" al singolo professionista, sospendendo la decisione finale per chiarire questo aspetto cruciale per il riconoscimento del privilegio studio associato.
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Improcedibilità ricorso: errore fatale in Cassazione
La Cassazione dichiara l'improcedibilità del ricorso per un vizio procedurale. Gli acquirenti di un immobile, dopo aver perso in appello, hanno omesso di depositare la copia autentica della sentenza notificata, un adempimento essenziale per verificare il rispetto dei termini di impugnazione. Questa omissione ha reso il ricorso improcedibile, confermando il principio di autoresponsabilità della parte.
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Rinvio per trattative: la Cassazione attende l’accordo
La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha disposto un rinvio per trattative su richiesta congiunta delle parti. Il provvedimento sospende il giudizio per consentire il perfezionamento di un accordo bonario, evidenziando la prassi di favorire la risoluzione extragiudiziale delle liti anche in sede di legittimità.
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Modifica della domanda: quando è lecita in giudizio?
Una società fornitrice di energia ottiene un decreto ingiuntivo per bollette non pagate. Il cliente si oppone, contestando sia la prova della fornitura sia una successiva modifica della domanda da parte del creditore. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, chiarendo che nel regime di salvaguardia la prova della fornitura può basarsi su dati di consumo e che la precisazione del credito in corso di causa non costituisce una modifica della domanda vietata.
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Errore materiale: Cassazione corregge la sua ordinanza
La Corte di Cassazione interviene per correggere un palese errore materiale contenuto in una sua precedente ordinanza. Il caso riguardava una richiesta di demolizione per violazione delle distanze legali. La decisione precedente conteneva un'affermazione contraddittoria sulla trascrizione della domanda giudiziale. Con la nuova ordinanza, la Corte rettifica il testo, specificando che la domanda non era mai stata trascritta e sanando così l'incoerenza logica del provvedimento.
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Rinuncia al ricorso: chi paga le spese legali?
Una società propone ricorso in Cassazione ma successivamente vi rinuncia. Le controparti non accettano la rinuncia, insistendo per il pagamento delle spese. La Corte Suprema, pur dichiarando estinto il giudizio a seguito della rinuncia al ricorso, condanna la società rinunciante a pagare tutte le spese legali del procedimento, applicando il principio secondo cui la mancata accettazione comporta l'addebito dei costi.
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Calcolo TFR: quali voci includere? La Cassazione chiarisce
Due ex dipendenti di un ente ospedaliero hanno contestato il calcolo del TFR, sostenendo la mancata inclusione di alcune indennità. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 7590/2024, ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla base di computo del trattamento di fine rapporto. L'analisi si è concentrata sulla natura dell'indennità integrativa speciale e sui limiti procedurali per le nuove contestazioni in appello, offrendo una guida precisa per il corretto calcolo TFR.
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Espromissione nulla: no al credito nel fallimento
Un professionista chiede l'ammissione al passivo fallimentare di un suo credito, basato su un accordo di espromissione. La Cassazione rigetta il ricorso, confermando la nullità dell'accordo a causa di una condizione meramente potestativa, come già stabilito da una precedente sentenza passata in giudicato. Viene inoltre respinta la domanda subordinata per ingiustificato arricchimento, in quanto non esperibile quando la pretesa contrattuale principale è rigettata per nullità del titolo.
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Prescrizione crediti INPS: 5 o 10 anni?
Una società si opponeva a un'iscrizione ipotecaria per crediti previdenziali, sostenendone l'avvenuta prescrizione quinquennale. La Corte di Cassazione, pur rigettando il ricorso dell'Agente di riscossione per motivi specifici, ha ribadito un principio fondamentale sulla prescrizione crediti INPS: se la cartella di pagamento non viene impugnata nei termini, il diritto alla riscossione si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non più in quello breve di cinque.
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