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Giurisprudenza Civile

Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile?

Un azionista, dopo aver perso una causa per il risarcimento del danno da azzeramento del valore delle sue azioni, ha chiesto la revocazione dell’ordinanza della Corte di Cassazione. Il ricorso si basava su due motivi: dolo processuale della controparte e un presunto errore di fatto revocatorio. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che un’errata interpretazione o sintesi dei motivi di ricorso da parte del giudice costituisce un errore di valutazione e non un errore di fatto, che è l’unico presupposto per la revocazione. Anche il dolo processuale è stato escluso per mancanza di prove specifiche di un’attività fraudolenta.

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Incarico dirigenziale ente locale: quando è lavoro?

Un comune ha revocato un incarico dirigenziale conferito a un professionista esterno, sostenendo si trattasse di una collaborazione autonoma da cui poteva recedere liberamente. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che un incarico per la direzione di un ufficio istituzionale, come l’ufficio tecnico, costituisce un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato. Di conseguenza, la revoca senza una giusta causa, come esigenze organizzative o risultati negativi, è illegittima. La sentenza chiarisce la distinzione cruciale tra l’incarico dirigenziale ente locale, che implica l’inserimento nell’organizzazione, e le collaborazioni esterne, destinate a specifici progetti.

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Denuncia vizi immobile: quando scatta il termine?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20678/2025, chiarisce un punto cruciale sulla denuncia vizi immobile. Il termine di un anno per la denuncia dei gravi difetti di costruzione, previsto dall’art. 1669 c.c., decorre dal momento in cui il committente acquisisce una consapevolezza sufficientemente seria della gravità dei vizi e della loro possibile causa, anche senza una perizia tecnica formale. Nel caso di specie, i committenti avevano perso il diritto ad agire perché avevano atteso troppo tempo da quando un geometra di loro fiducia aveva constatato i difetti, rendendo tardiva la successiva azione legale.

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Giudizio di rinvio: i poteri del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21090/2025, ha chiarito i limiti dei poteri del giudice nel giudizio di rinvio. Nel caso esaminato, gli eredi di un amministratore rivendicavano la proprietà di una collezione d’arte sita nei locali di una società in amministrazione straordinaria. La Corte ha stabilito che, sebbene una precedente pronuncia di legittimità avesse ammesso in astratto la possibilità della prova testimoniale, il giudice del rinvio conserva piena autonomia nel valutare l’ammissibilità concreta dei singoli capitoli di prova, potendo rigettarli se ritenuti generici, irrilevanti o valutativi. L’impugnazione è stata quindi respinta.

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Pubblicità legale: Cassazione annulla sentenza TSAP

Un’associazione religiosa ha impugnato un bando di gara per una concessione idroelettrica. Successivamente, ha presentato motivi aggiunti contro il provvedimento di concessione, ma il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) li ha dichiarati tardivi, considerando la pubblicazione online sul sito della Provincia come valida pubblicità legale. La Corte di Cassazione ha cassato questa decisione, stabilendo che la pubblicità legale online ha effetto solo se una norma di legge lo prevede espressamente. In assenza di tale norma, la semplice pubblicazione sul sito web dell’ente non fa decorrere i termini per l’impugnazione.

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Estinzione giudizio Cassazione per inerzia: il caso

Un ente previdenziale ricorre in Cassazione contro una sentenza d’appello. Tuttavia, dopo la proposta di definizione del giudizio, non chiede la decisione del ricorso. La Corte dichiara l’estinzione del giudizio di Cassazione per inerzia, condannando l’ente al pagamento delle spese legali. La decisione si basa sull’applicazione dell’art. 380-bis c.p.c., che equipara il silenzio alla rinuncia.

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Erroneo inquadramento: prescrizione quinquennale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una dipendente pubblica che chiedeva differenze retributive per un erroneo inquadramento professionale. La Corte ha confermato l’applicazione della prescrizione quinquennale, distinguendo nettamente il caso da un’ipotesi di demansionamento, che avrebbe previsto una prescrizione decennale. La decisione si fonda sulla qualificazione della domanda come rivendicazione di crediti da lavoro e non come risarcimento del danno.

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Impugnazione delibera condominiale: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condomino, stabilendo principi chiave sull’impugnazione delibera condominiale. La Corte ha confermato che il termine di cinque giorni per la convocazione dell’assemblea decorre dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza della raccomandata, non dal ritiro effettivo. Inoltre, ha ribadito che la mancata allegazione di documenti, come i preventivi, al verbale non ne causa l’invalidità, essendo sufficiente il diritto del condomino di visionarli presso l’amministratore.

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Responsabilità professionale avvocato: onere della prova

Una cliente ha citato in giudizio il proprio avvocato per negligenza professionale, sostenendo che la mancata costituzione in giudizio le avesse causato la perdita di una causa contro il suo ex datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei tribunali di merito, rigettando la richiesta della cliente. È stato stabilito che spetta al cliente l’onere di dimostrare di aver conferito l’incarico professionale in tempo utile. In assenza di tale prova, viene meno la responsabilità professionale dell’avvocato.

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Successione nei contratti: l'accordo collettivo vale

Una società che acquista un ramo d’azienda nel settore carburanti è tenuta a rispettare gli accordi collettivi stipulati dalla precedente proprietà. La Corte di Cassazione ha confermato il principio della successione nei contratti, stabilendo che, in assenza di un nuovo accordo, quello esistente si trasferisce automaticamente al cessionario, obbligandolo a corrispondere i benefici economici previsti per i gestori.

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Revocatoria ordinaria: vincolo di destinazione e onere

Un fallimento agisce in revocatoria ordinaria contro un vincolo di destinazione e una donazione posti in essere da un ex sindaco della società fallita a favore delle figlie. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dei familiari, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva qualificato gli atti come gratuiti. La Suprema Corte ha sanzionato la proposizione di questioni nuove in sede di legittimità e la mancata impugnazione di tutte le ragioni fondanti la decisione di merito sulla consapevolezza del pregiudizio (scientia damni) in capo al disponente.

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Rinuncia al ricorso: quando il giudizio si estingue?

Un Comune aveva impugnato una sentenza d’appello relativa alla necessità di un contratto scritto con una società per la riscossione di canoni. Durante il giudizio in Cassazione, tutte le parti hanno concordato per una rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, prendendo atto dell’accordo, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese legali e chiarendo che in caso di rinuncia non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Responsabilità amministratore: doveri e colpa

La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione a un amministratore non esecutivo di un istituto di credito per l’omissione di informazioni rilevanti nei prospetti di un aumento di capitale. La sentenza chiarisce la responsabilità amministratore, sottolineando che l’assenza di deleghe specifiche non esonera dal dovere di agire informati e di attivarsi in presenza di ‘segnali di allarme’. La Corte ha ribadito che la colpa può essere desunta dalla mancata reazione a tali segnali, invertendo l’onere della prova a carico dell’amministratore.

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Servitù coattiva: quando si presume e si estingue

La Corte di Cassazione chiarisce che una servitù di passaggio, anche se costituita con un contratto, si presume abbia natura di servitù coattiva se creata per ovviare all’interclusione di un fondo. Di conseguenza, tale servitù può essere estinta se l’interclusione cessa. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che si era limitata a constatare l’origine volontaria del diritto senza indagare sulla reale intenzione delle parti, stabilendo che spetta al giudice di merito verificare se l’accordo dimostri inequivocabilmente la volontà di sottoporsi al regime delle servitù volontarie, vincendo così la presunzione legale.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Una società ha impugnato una sentenza tributaria dinanzi alla Corte di Cassazione. A seguito della proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha chiesto la trattazione del ricorso nel termine di quaranta giorni. La Corte, applicando la legge, ha dichiarato l’estinzione del giudizio per presunta rinuncia, condannando la ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia in Cassazione

Un recente decreto della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze della mancata risposta alla proposta di definizione del giudizio. Un cittadino, dopo aver proposto ricorso contro una Prefettura, non ha chiesto la decisione entro 40 giorni dalla comunicazione della proposta. La Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio, assimilando l’inerzia a una rinuncia al ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Notifica PEC Cassazione: la prova in .eml è decisiva

Una società propone ricorso in Cassazione ma non fornisce la prova della notifica PEC Cassazione nei formati richiesti (.eml/.msg). La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la copia cartacea non basta e che il vizio non è sanabile, impedendo la prosecuzione del giudizio.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia tacita in Cassazione

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una decisione della Corte d’Appello. A seguito di una proposta di definizione del giudizio, la società non ha richiesto una decisione entro 40 giorni. La Suprema Corte ha quindi considerato il ricorso rinunciato, dichiarando l’estinzione del giudizio e condannando la società al pagamento delle spese legali.

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Permuta cosa futura: quando si paga l'IMU?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18929/2025, chiarisce un punto fondamentale in materia di IMU per gli immobili oggetto di permuta cosa futura. Il caso riguardava dei contribuenti che avevano permutato un terreno con unità immobiliari da costruire. La Corte ha stabilito che l’obbligo di pagare l’IMU sorge nel momento in cui l’immobile viene ad esistenza, ovvero con la conclusione delle sue componenti strutturali essenziali. Non sono rilevanti, ai fini della nascita del presupposto impositivo, né il rilascio del certificato di abitabilità, né la consegna materiale del bene, né l’intestazione catastale.

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Estinzione Ricorso Cassazione: Conseguenze dell'inerzia

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. A seguito della proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la società non ha chiesto la decisione del ricorso entro 40 giorni. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del ricorso Cassazione, assimilando l’inerzia a una rinuncia, e ha condannato la società ricorrente al pagamento delle spese legali.

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