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Giurisprudenza Civile

Estinzione del debito: il caso si chiude in Cassazione
Un'Agenzia di Riscossione ricorre in Cassazione per una questione sulla prescrizione di crediti previdenziali. Durante il giudizio, il contribuente salda il dovuto. La Corte Suprema, preso atto del pagamento e della rinuncia al ricorso, dichiara l'estinzione del debito e la conseguente cessazione della materia del contendere, chiudendo il caso.
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Giudicato esterno: quando preclude un nuovo processo
Un lavoratore ha intentato una causa per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa dell'esistenza di un precedente giudicato esterno, ovvero una sentenza definitiva tra le stesse parti che aveva già negato l'esistenza di tale rapporto. La Corte ha ribadito che un punto di diritto già accertato e risolto in via definitiva non può essere riesaminato in un nuovo giudizio.
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Lavoro in carcere e NASpI: diritto alla disoccupazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 396 del 2024, ha stabilito che un ex detenuto che ha lavorato durante il periodo di detenzione ha diritto all'indennità di disoccupazione (NASpI) al termine della pena. La Corte ha equiparato il lavoro in carcere e NASpI al lavoro subordinato ordinario ai fini previdenziali, considerando la cessazione del rapporto per fine pena come una forma di disoccupazione involontaria, simile alla scadenza di un contratto a termine.
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Contributi su preavviso: obbligatori anche se rinunciato
Una società ha contestato una richiesta di pagamento dell'INPS per contributi sull'indennità sostitutiva di preavviso, che i suoi ex dipendenti avevano rinunciato in sede di conciliazione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'obbligo di versare i contributi su preavviso è una questione di diritto pubblico, indipendente dagli accordi privati tra azienda e lavoratore. L'obbligazione sorge quando il diritto all'indennità matura, non quando viene pagata, e la rinuncia del lavoratore non può estinguere il debito contributivo verso l'ente previdenziale.
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Iscrizione elenchi agricoli: quando è inammissibile?
Un lavoratore si è visto negare l'indennità di disoccupazione agricola. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché la domanda iniziale non includeva la richiesta di iscrizione elenchi agricoli, un presupposto essenziale. Inoltre, un precedente giudicato aveva già classificato il rapporto di lavoro come non agricolo, rendendo impossibile una nuova valutazione.
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Prescrizione contributi: quando inizia il termine?
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un lavoratore che chiedeva la restituzione di contributi volontari versati anni prima. Il diritto al rimborso è stato ritenuto estinto per prescrizione dei contributi. La Corte ha chiarito che il termine di dieci anni per la richiesta decorre non dal diniego della pensione, ma dal momento in cui i contributi hanno perso la loro causa giustificativa, ovvero dal trasferimento della posizione previdenziale del lavoratore a un altro fondo, rendendo di fatto inutili i versamenti volontari precedenti.
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Assegno Garanzia Retribuzione: calcolo pensione
Un ex dipendente ha citato in giudizio un istituto previdenziale per la rideterminazione della sua pensione integrativa, chiedendo l'inclusione di un Assegno di Garanzia Retribuzione. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'istituto, confermando che l'assegno, in quanto voce retributiva fissa e continuativa e non riassorbita nel tempo, deve essere computato nella base di calcolo della pensione, basandosi su un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità.
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Onere della prova lavoro agricolo: Cassazione chiarisce
Una lavoratrice agricola si è vista negare i contributi previdenziali dopo un'ispezione. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, confermando la decisione della Corte d'Appello. La Suprema Corte ha ribadito che l'onere della prova del lavoro agricolo spetta interamente al lavoratore e che la valutazione delle prove (testimonianze, documenti) è di competenza esclusiva del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente.
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Restituzione indennità di mobilità: la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 389/2024, ha stabilito che la lavoratrice che ottiene l'anticipazione dell'indennità di mobilità per avviare un'attività autonoma e poi accetta un lavoro dipendente entro 24 mesi, è tenuta alla restituzione dell'intera somma. La Corte ha chiarito che il beneficio non è un sussidio generico, ma un incentivo finanziario finalizzato esclusivamente a sostenere l'autoimpiego. La rioccupazione, anche temporanea, fa venir meno la condizione per il beneficio, imponendo la restituzione integrale e non parziale della somma percepita.
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Giudicato esterno: limiti in caso di licenziamento
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 387/2024, ha chiarito i limiti del giudicato esterno. Una precedente sentenza che annulla un licenziamento collettivo per vizi procedurali non costituisce prova automatica del diritto dei lavoratori ad essere assunti da un'altra società, anche se collegata. La Corte ha stabilito che, affinché il giudicato sia vincolante, le due cause devono avere identico oggetto (petitum) e identiche ragioni (causa petendi), condizione non soddisfatta nel caso di specie, dove si confrontavano l'illegittimità di un licenziamento e il diritto a una nuova assunzione basata su un accordo separato.
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Cancellazione causa dal ruolo: le regole pre-riforma
La Corte di Cassazione ha chiarito che per i giudizi iniziati prima del 25 giugno 2008, la mancata comparizione delle parti non comporta l'estinzione del processo, ma solo la cancellazione della causa dal ruolo. La Corte ha accolto il ricorso di un lavoratore contro la decisione di una Corte d'Appello che aveva erroneamente dichiarato estinto il giudizio, applicando una normativa successiva all'instaurazione della causa. Il caso è stato rinviato alla Corte d'Appello per un nuovo esame.
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Decadenza disoccupazione agricola: termini per ricorso
Una lavoratrice ha perso il diritto a trattenere l'indennità di disoccupazione agricola a causa del mancato rispetto dei termini per impugnare la sua esclusione dagli elenchi. La Corte di Cassazione ha confermato che il mancato rispetto dei termini di decadenza disoccupazione agricola impedisce l'accertamento del rapporto di lavoro ai fini previdenziali, respingendo il ricorso.
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Indennità di mobilità: obbligo di restituzione
Un lavoratore, reintegrato dopo un licenziamento illegittimo, deve restituire l'intera indennità di mobilità percepita. La Corte di Cassazione ha stabilito che la reintegrazione annulla retroattivamente lo stato di disoccupazione, rendendo la prestazione un pagamento non dovuto (indebito), indipendentemente dallo stato di bisogno del lavoratore o dalla copertura parziale dell'indennizzo risarcitorio.
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Spese di lite previdenza: la Cassazione chiarisce
Una lavoratrice agricola si opponeva alla cancellazione dagli elenchi annuali e alla richiesta di restituzione di indennità. La Corte di Cassazione, pur respingendo nel merito il ricorso, lo ha accolto su un punto cruciale: le spese di lite previdenza. È stato riaffermato il principio secondo cui, nelle cause previdenziali, il lavoratore che perde la causa non è tenuto a pagare le spese legali all'ente, in applicazione dell'art. 152 att. c.p.c.
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Iscrizione elenchi agricoli: no indennità senza
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore che chiedeva l'indennità di disoccupazione agricola. La decisione si fonda sul fatto che il lavoratore non aveva esplicitamente richiesto l'iscrizione negli elenchi agricoli, un presupposto considerato essenziale e non implicito nella sola richiesta della prestazione. Inoltre, un precedente giudicato sulla natura non agricola del datore di lavoro rendeva la domanda inammissibile.
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Prescrizione debiti e atto interruttivo: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che un sollecito di pagamento, inviato da una società fornitrice di servizi idrici, costituisce un valido atto interruttivo della prescrizione debiti anche se indirizzato al cliente defunto, qualora gli eredi avessero già precedentemente riconosciuto il debito. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente dichiarato prescritto il credito, sottolineando che il riconoscimento del debito e la successiva richiesta di pagamento manifestano in modo inequivocabile la volontà del creditore di far valere il proprio diritto.
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Termine di decadenza: quando inizia a decorrere?
La Cassazione chiarisce che il termine di decadenza di 120 giorni per impugnare la mancata iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli decorre dalla definitività del provvedimento amministrativo, indipendentemente dal tipo di ricorso esperito o da eventuali errori informativi dell'Ente Previdenziale. L'appello della lavoratrice è stato respinto.
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Contratto intermittente: no conversione senza DVR
L'Ente Previdenziale ha richiesto la conversione di un contratto di lavoro intermittente in contratto a tempo indeterminato a causa della mancata redazione del documento di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, a differenza di altri tipi di contratto, non esiste una norma specifica che preveda tale automatica conversione per il contratto di lavoro intermittente in questa ipotesi.
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Liquidazione compenso avvocato: decisum o disputatum?
Un avvocato ha richiesto il pagamento dei propri compensi a un ex cliente. Il Tribunale ha liquidato una somma inferiore basandosi sull'importo effettivamente ottenuto dal cliente nella causa (decisum). L'avvocato ha fatto ricorso in Cassazione, che ha accolto le sue ragioni. La Suprema Corte ha stabilito che la liquidazione del compenso avvocato deve basarsi sul valore della domanda iniziale (disputatum), a meno che questa non sia palesemente sproporzionata. Inoltre, il giudice deve sempre motivare la decisione di non aumentare il compenso in caso di più parti avversarie.
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Prezzo massimo di cessione: quando non si applica?
La Corte di Cassazione ha stabilito che il vincolo del prezzo massimo di cessione per un immobile in edilizia convenzionata non è applicabile se la convenzione originaria tra Comune e costruttore non lo prevede espressamente. Di conseguenza, gli acquirenti che hanno pagato un prezzo di libero mercato non hanno diritto alla restituzione della differenza, poiché manca il presupposto normativo per l'integrazione automatica del contratto.
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