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Giurisprudenza Civile

Dimissioni per giusta causa: la parola alla Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una lavoratrice che si era dimessa per giusta causa a seguito di una contestazione disciplinare da parte della sua banca. La Corte ha ribadito che la valutazione della giusta causa è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito e che una mera incolpazione disciplinare, se non lesiva della dignità, non è sufficiente a giustificare il recesso. Il ricorso è stato respinto anche per vizi procedurali, come la commistione di diversi motivi di impugnazione.

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Giudicato interno e accreditamento sanitario: il limite

Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento di prestazioni a un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). In primo grado, l’ASL ha contestato la mancanza di prova dell’accreditamento, ma il Tribunale ha implicitamente riconosciuto la validità del rapporto, condannando l’ASL al pagamento. L’ASL ha appellato la sentenza per altri motivi, senza contestare specificamente il punto sull’accreditamento. La Corte d’Appello ha riesaminato d’ufficio la questione, negando il diritto della struttura al pagamento. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che sulla questione dell’accreditamento si era formato un giudicato interno, che impediva alla Corte d’Appello di rimetterla in discussione.

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Estinzione del giudizio: silenzio dopo la proposta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio promosso da una società di servizi contro un ente comunale, poiché la ricorrente non ha richiesto una decisione entro 40 giorni dalla proposta di definizione. Tale silenzio, secondo la legge, equivale a una rinuncia al ricorso, comportando la condanna alle spese e l’estinzione del giudizio.

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Impegno di spesa: Comune non paga debiti del comitato

Una società alberghiera ha citato in giudizio un Comune per le fatture insolute di un comitato sportivo di cui l’ente era membro. La Corte di Cassazione ha stabilito che il Comune non è responsabile in assenza di un formale e scritto impegno di spesa, come previsto dalle norme di contabilità pubblica. Il principio del legittimo affidamento non può superare tali regole inderogabili.

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Estinzione del giudizio: la guida completa

Il decreto analizza un caso di estinzione del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione. Una società di trasporti aveva proposto ricorso, ma non ha dato seguito alla proposta di definizione del giudizio formulata dalla Corte. Trascorso il termine di 40 giorni senza alcuna richiesta di decisione, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio per rinuncia presunta, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese legali.

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Cessione ramo d'azienda: debiti esclusi e limiti

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del trasferimento di passività in una cessione di ramo d’azienda bancario. Un cliente aveva citato in giudizio un istituto di credito per somme indebitamente trattenute da una banca poi posta in liquidazione, il cui ramo d’azienda era stato acquisito dal nuovo istituto. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che i debiti relativi a rapporti estinti anni prima della cessione non si trasferiscono all’acquirente, anche se oggetto di una causa pendente. Il criterio decisivo non è la pendenza della lite, ma l’effettiva ‘inerenza e funzionalità’ del rapporto all’esercizio dell’impresa bancaria ceduta, requisito che un rapporto esaurito non può soddisfare.

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Rinuncia al ricorso: guida all'estinzione del giudizio

Un liquidatore giudiziale impugnava la quantificazione del proprio compenso ritenendola incongrua. Successivamente, presentava una dichiarazione di rinuncia al ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, prendendo atto della rinuncia e della mancata costituzione della controparte, ha dichiarato l’estinzione del giudizio, senza entrare nel merito della questione.

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Indennità chilometrica e CCNL privato: la Cassazione

Un operaio agricolo di un’agenzia regionale ha richiesto il pagamento di un’indennità chilometrica basata sul CCNL privato di settore. Dopo una decisione sfavorevole in appello, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore. La Suprema Corte ha stabilito che, per questa specifica categoria di dipendenti pubblici, la legge prevede l’applicazione del contratto collettivo privato, inclusi i trattamenti economici come l’indennità chilometrica. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.

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Diffida Accertativa: Valore e Limiti dell'Ispettorato

La Corte di Cassazione conferma la piena validità della diffida accertativa emessa dall’Ispettorato del Lavoro per crediti retributivi (lavoro straordinario e mansioni superiori). La Corte ha rigettato il ricorso di un’azienda, stabilendo che la diffida ha valore di titolo esecutivo e che gli ispettori hanno il potere di accertare i fatti, non solo gli aspetti tecnici. Viene sottolineato che tale strumento serve a deflazionare il contenzioso e a garantire una rapida tutela dei diritti patrimoniali dei lavoratori.

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Rappresentante di lista: diritto alla retribuzione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto alla retribuzione di un lavoratore per le giornate dedicate all’incarico di rappresentante di lista. La sentenza stabilisce che un accordo collettivo aziendale non può derogare alla normativa nazionale che tutela tale diritto, e che la concessione di un riposo compensativo generalizzato da parte dell’azienda costituisce un mero pretesto per eludere l’obbligo di pagamento.

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Estinzione del giudizio: Cassazione e art. 380-bis

Una società di trasporti ha proposto ricorso in Cassazione. La Corte ha formulato una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. La società non ha chiesto la decisione sul ricorso entro 40 giorni, portando la Corte a dichiarare l’estinzione del giudizio per rinuncia presunta e a condannare la stessa società al pagamento delle spese legali.

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Lavoro straordinario discontinuo: quando è dovuto?

Un addetto alla sorveglianza ha citato in giudizio la sua ex azienda per il mancato pagamento di compensi per lavoro straordinario discontinuo. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta, applicando una deroga legale per le attività lavorative non continue. La Corte di Cassazione ha confermato tale decisione, dichiarando inammissibile il ricorso del lavoratore. La questione cruciale è stata la mancata e tempestiva allegazione, nei gradi di merito, dell’esistenza di una disciplina contrattuale collettiva più favorevole, rendendo il motivo di ricorso inammissibile in sede di legittimità.

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Legittimazione passiva liquidatore: chi citare?

Un’impresa creditrice ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento della natura privilegiata del proprio credito nei confronti di una società in concordato preventivo, notificando l’atto solo al liquidatore giudiziale. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha rigettato il ricorso, chiarendo la distinzione di ruoli e la corretta legittimazione passiva liquidatore. L’azione di accertamento del credito deve essere promossa contro l’impresa debitrice, rappresentata dal suo legale rappresentante (o liquidatore sociale), e non contro il liquidatore giudiziale, il cui ruolo è limitato all’esecuzione del piano di riparto. Citare in giudizio il soggetto sbagliato comporta l’inammissibilità della domanda.

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Giudicato esterno e azione revocatoria: il caso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per azione revocatoria, stabilendo che il giudicato esterno sulla nullità del contratto sottostante fa venir meno il presupposto del credito. La pronuncia evidenzia come la precedente sentenza definitiva, che ha accertato la nullità di un preliminare di vendita, impedisca di agire per rendere inefficace un successivo atto dispositivo del bene, poiché il diritto di credito del promissario acquirente è stato giudizialmente annullato.

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Stato di insolvenza: non basta la crisi Covid

Una società, dichiarata fallita, ha impugnato la decisione sostenendo che le sue difficoltà fossero temporanee e causate dalla pandemia. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che lo stato di insolvenza era una condizione strutturale e preesistente, come dimostrato da debiti accumulati prima del 2020, revoca di affidamenti bancari e procedure esecutive già in corso. La crisi sanitaria, pertanto, non poteva essere usata come scudo per un dissesto già consolidato.

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Interruzione prescrizione: un invito a transigere non basta

Una società creditrice ha perso il suo diritto al pagamento da un ente pubblico perché la sua comunicazione, intesa come un invito a negoziare, non è stata ritenuta un atto valido per l’interruzione prescrizione. La Corte di Cassazione ha confermato che per interrompere i termini è necessaria una chiara intimazione di pagamento, non una semplice proposta di accordo.

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Tassazione concordato fallimentare: la base imponibile

Una società ha contestato un avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate relativo all’imposta di registro su un decreto di omologa di concordato fallimentare. L’Amministrazione Finanziaria aveva calcolato l’imposta includendo nella base imponibile sia il corrispettivo pagato per l’acquisizione dell’attivo sia l’accollo dei debiti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, stabilendo un principio chiave sulla tassazione del concordato fallimentare: la base imponibile per l’imposta di registro deve essere calcolata solo sul valore dei beni e diritti trasferiti, escludendo il contestuale accollo dei debiti del fallimento.

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Estinzione del procedimento per rinuncia e accordo

Una società ecologica, inizialmente in fallimento, aveva citato in giudizio un’azienda sanitaria per danni derivanti da un ritardato pagamento. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, l’amministrazione fallimentare ha proposto ricorso in Cassazione. Successivamente, ha rinunciato al ricorso con l’accettazione della controparte. Poiché nel frattempo la società è tornata solvibile e ha raggiunto un accordo transattivo con l’azienda sanitaria, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del procedimento per cessato interesse delle parti a una decisione.

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Marchio di fatto: la Cassazione sulla cessione d'azienda

La Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso relativo a una disputa su un nome storico di un ristorante, utilizzato come marchio di fatto. La Corte ha confermato che, salvo prova contraria, il marchio di fatto si trasferisce insieme all’azienda. Le affermazioni del ricorrente riguardo a un presunto preuso del marchio sono state giudicate non provate dai tribunali di merito, una valutazione di fatto che non può essere riesaminata dalla Suprema Corte, la quale ha quindi respinto il ricorso.

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Domanda di restituzione: a quale giudice rivolgersi?

Un condomino, dopo aver ottenuto una vittoria parziale in Cassazione in una lite per spese condominiali e aver pagato in base alla sentenza poi annullata, ha avviato una nuova causa per la restituzione delle somme. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la domanda di restituzione deve essere proposta esclusivamente al giudice del rinvio, anche se il relativo giudizio si è estinto per mancata riassunzione. L’aver agito diversamente ha comportato anche una condanna per lite temeraria.

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