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Giurisprudenza Civile

Mansioni superiori: ricorso inammissibile se generico
Una dipendente ha ottenuto il riconoscimento di mansioni superiori. L'ente datore di lavoro ha impugnato la decisione, ma la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione risiede nella contestazione generica delle mansioni svolte dalla lavoratrice e nell'incapacità del ricorso di centrare il punto cruciale della sentenza d'appello.
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Errore di fatto: quando la Cassazione lo esclude
Una società ha richiesto la revocazione di un'ordinanza della Corte di Cassazione in materia tributaria, sostenendo un errore di fatto nella valutazione di alcuni terreni. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la doglianza della società non configurava un errore di fatto, bensì un errore di giudizio, poiché riguardava l'interpretazione e la valutazione degli atti di causa e non una mera svista percettiva. La decisione ribadisce la netta distinzione tra i due tipi di errore ai fini dell'impugnazione straordinaria.
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Mansioni superiori: l’indennità di ente è dovuta
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, stabilendo che i lavoratori di un ente pubblico non economico che svolgono mansioni superiori hanno diritto a percepire non solo la differenza stipendiale, ma anche l'indennità di ente. Questa indennità, avendo carattere fisso e continuativo, è considerata parte integrante della retribuzione dovuta. L'ente datore di lavoro aveva presentato ricorso, sostenendo che tale indennità non dovesse essere inclusa e che non si fosse tenuto conto dei diversi contratti collettivi applicabili nel tempo. La Corte ha rigettato il primo motivo nel merito e dichiarato il secondo inammissibile per un vizio procedurale, ovvero la mancata specificazione dei fatti a supporto della censura.
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Mansioni superiori: ricorso inammissibile, i limiti
Un dipendente pubblico ha richiesto il riconoscimento di mansioni superiori e le relative differenze retributive. Dopo il rigetto in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il giudizio di legittimità non può essere utilizzato per una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma solo per contestare errori di diritto. La decisione sottolinea la necessità di formulare motivi di ricorso specifici e autosufficienti.
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Mansioni superiori: CCNL e diritto alla retribuzione
La Corte di Cassazione ha stabilito che, per valutare il diritto alle differenze retributive per mansioni superiori, i giudici devono considerare l'evoluzione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) applicabili nel periodo in contestazione. Nel caso specifico di una dipendente di un ente pubblico, la Corte ha cassato la sentenza d'appello perché non aveva applicato il nuovo CCNL del 2006-2009, che ridefiniva i criteri di inquadramento. Ha invece confermato il diritto a percepire l'indennità di ente, considerandola una componente fissa della retribuzione.
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Responsabilità professionale avvocato: onere della prova
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cliente contro il proprio legale, stabilendo che, ai fini di una condanna per responsabilità professionale dell'avvocato, non è sufficiente dimostrare l'esistenza del contratto d'opera. È onere del cliente fornire la prova concreta dell'inadempimento del professionista, del danno subito e del nesso di causalità tra i due. In assenza di tali prove, anche la richiesta di ammettere testimoni per dimostrare l'esistenza del rapporto professionale diventa irrilevante e quindi inammissibile.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17508/2024, ha dichiarato illegittimo il taglio forfettario del 30% operato da un'Azienda Sanitaria sulla retribuzione accessoria di un dirigente medico. La Corte ha stabilito che la riduzione delle risorse per il trattamento accessorio, prevista dalla normativa sul contenimento della spesa pubblica, non può tradursi in un taglio lineare sulla busta paga individuale. Deve, invece, seguire un preciso procedimento che prevede la cristallizzazione dei fondi al valore del 2010 e la loro successiva riduzione proporzionale alla diminuzione del personale. La sentenza d'appello è stata cassata con rinvio per un corretto ricalcolo delle somme dovute al lavoratore.
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Danni da infiltrazioni: chi paga? La responsabilità
Un'attività commerciale subisce danni da infiltrazioni provenienti da un terrapieno sovrastante. Il proprietario di quest'ultimo invoca lo scolo naturale delle acque, ma la Cassazione respinge la sua tesi. La Corte Suprema chiarisce che la presenza di opere umane, come un terrapieno, esclude l'applicazione dell'art. 913 c.c. e configura una responsabilità per danni da infiltrazioni a carico del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c., data la mancata impermeabilizzazione.
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Riduzione trattamento accessorio: illegittimo il taglio
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17506/2024, ha dichiarato illegittimo il taglio forfettario del 30% sul trattamento accessorio di alcuni dirigenti medici operato da un'Azienda Sanitaria Locale. La Corte ha stabilito che la riduzione dei fondi per la retribuzione variabile, prevista dal D.L. 78/2010, non può essere arbitraria ma deve essere strettamente proporzionale alla diminuzione del personale in servizio rispetto all'anno 2010. Qualsiasi taglio percentuale generalizzato che non rispetti questo criterio viola i diritti soggettivi dei lavoratori. La sentenza della Corte d'Appello è stata cassata con rinvio per un nuovo calcolo basato su questo principio.
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Apprezzamento del giudice e prova della proprietà
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una proprietaria che rivendicava la titolarità di un sottotetto e di un cortile. La decisione si fonda sul principio del libero apprezzamento del giudice di merito nella valutazione delle prove, che non può essere riesaminato in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente. La Corte ha sottolineato che trasformare una critica alla valutazione dei fatti in una presunta violazione di legge non è un motivo valido per il ricorso.
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Rinuncia al ricorso: estinzione del processo
A seguito della rinuncia al ricorso da parte di una lavoratrice, accettata dall'azienda dopo un accordo transattivo, la Cassazione ha dichiarato estinto il processo del lavoro. La decisione chiarisce che, in questi casi, le spese legali sono regolate dall'accordo privato e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.
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Usucapione bene pubblico: il possesso del Comune
La Corte di Cassazione conferma l'acquisto per usucapione di un bene pubblico da parte di un Comune. La sentenza chiarisce che il possesso ultraventennale, manifestato attraverso l'uso pubblico continuato di un'area, è sufficiente per l'acquisizione della proprietà, anche se la struttura presente sul fondo è stata realizzata da un altro ente statale. Il ricorso dei privati proprietari è stato rigettato.
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Domanda tardiva LCA: la Cassazione chiarisce la procedura
Una società agricola ha presentato una domanda tardiva di risarcimento danni nell'ambito di una Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA). Il Tribunale ha respinto la domanda decidendo direttamente in composizione collegiale. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che la domanda tardiva LCA deve seguire un iter giudiziale specifico, con una prima decisione da parte di un giudice istruttore monocratico, e non di un collegio. L'errore ha privato la società di un grado di giudizio, pertanto il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame secondo la procedura corretta.
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Prescrizione Lavoro Carcerario: Quando Inizia a Correre?
La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione dei crediti retributivi per il lavoro svolto in carcere non decorre dalla fine di ogni singolo incarico, ma dalla cessazione definitiva dell'intero rapporto lavorativo del detenuto. La decisione si fonda sulla natura unitaria del rapporto e sullo stato di soggezione psicologica ('metus') del lavoratore detenuto, che impedisce il libero esercizio dei propri diritti. La Corte ha considerato le interruzioni tra gli incarichi come mere sospensioni di un unico rapporto di lavoro, posticipando così l'inizio del termine di prescrizione a tutela del lavoratore.
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Lavoro carcerario: da quando decorre la prescrizione?
Un ex detenuto ha lavorato in diverse mansioni durante la detenzione, chiedendo poi un adeguamento retributivo. Il Ministero della Giustizia ha eccepito la prescrizione per i crediti più datati. La Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro carcerario è da considerarsi unico e continuativo, nonostante le interruzioni. Pertanto, la prescrizione dei crediti retributivi decorre solo dalla cessazione definitiva del rapporto di lavoro complessivo, non dalla fine di ogni singolo incarico, a causa dello stato di soggezione ('metus') in cui si trova il detenuto.
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Giudicato endofallimentare: limiti alla nuova domanda
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti alla riproposizione di una domanda di ammissione al passivo fallimentare. Se una prima domanda tempestiva è stata accolta e lo stato passivo è divenuto definitivo, si forma un giudicato endofallimentare. Questo preclude la possibilità di presentare una successiva domanda tardiva per lo stesso credito, anche se si rinuncia alla prima. Tuttavia, il giudicato non si estende ai crediti maturati successivamente alla prima domanda, per i quali è possibile presentare una nuova istanza di ammissione.
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Rinvio udienza: la Cassazione per mancato avviso
La Corte di Cassazione ha disposto il rinvio udienza in una causa fallimentare. La decisione è stata presa a causa del mancato avviso di fissazione dell'udienza ai difensori della parte resistente, violando il principio del contraddittorio. La Corte ha quindi fissato una nuova data, ordinando alla cancelleria di effettuare correttamente le comunicazioni a tutte le parti.
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Lavoro carcerario e prescrizione: quando inizia?
Un lavoratore detenuto ha citato in giudizio l'Amministrazione Penitenziaria per differenze retributive. L'Amministrazione ha eccepito la prescrizione dei crediti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contesto del lavoro carcerario, il termine di prescrizione per i crediti di lavoro non decorre dalla cessazione di ogni singolo incarico, ma dal momento in cui cessa definitivamente l'intero rapporto lavorativo all'interno del sistema penitenziario. Questa decisione si fonda sulla condizione di soggezione ('metus') in cui si trova il detenuto, che non gli consente di far valere liberamente i propri diritti durante la detenzione.
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Impugnazione licenziamento: a chi notificare?
Un lavoratore, licenziato prima di una cessione d'azienda, ha tentato la conciliazione solo con la nuova società. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l'impugnazione del licenziamento deve essere rivolta all'originario datore di lavoro (cedente) per interrompere la decadenza. La richiesta al solo cessionario non è sufficiente.
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Mansioni superiori infermiere: il diploma non basta
Un infermiere che svolgeva servizio in ambulanza ha richiesto il riconoscimento delle mansioni superiori e l'inquadramento nella categoria D. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che per le mansioni superiori infermiere non è sufficiente il possesso del titolo professionale, ma è necessario dimostrare l'esercizio concreto di attività caratterizzate da autonomia, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali. Le attività del ricorrente, sebbene importanti, sono state qualificate come prevalentemente esecutive e non rispondenti ai requisiti della categoria superiore.
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