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Giurisprudenza Civile

Diritto di scelta in condominio: il caso del citofono

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due condòmini che chiedevano un risarcimento danni per essere rimasti isolati dal nuovo impianto videocitofonico condominiale. I condòmini si erano opposti all’acquisto del modello proposto dalla ditta appaltatrice, esercitando il loro diritto di scelta in condominio e installandone uno autonomo. La Corte ha stabilito che non vi è stata alcuna condotta illecita da parte del condominio o della ditta, poiché le richieste di garanzie e certificazioni per l’allaccio del dispositivo privato erano legittime per preservare la sicurezza e la funzionalità dell’intero impianto comune.

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Prescrizione diritto di rivalsa: da quando decorre?

La Corte di Cassazione chiarisce il termine di decorrenza della prescrizione del diritto di rivalsa per le spese di condono edilizio. Il caso riguarda un soggetto che, dopo aver eseguito opere abusive su un immobile non di sua proprietà, ne aveva pagato l’oblazione per la sanatoria. I suoi eredi, anni dopo, hanno agito contro i proprietari per il rimborso. La Corte ha stabilito che il termine decennale di prescrizione decorre dal momento del pagamento e non dal successivo rilascio del permesso in sanatoria, respingendo il ricorso in quanto il diritto era ormai prescritto.

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Espropriazione illecita: la prova della proprietà

Un Comune ha occupato un terreno privato, realizzando un edificio scolastico senza completare la procedura di esproprio. Gli eredi del proprietario hanno chiesto il risarcimento per l’espropriazione illecita. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune, confermando che la proprietà può essere provata anche in via presuntiva, basandosi sugli stessi atti del procedimento ablativo avviato dall’ente. La Corte ha inoltre stabilito i criteri per il calcolo del danno e confermato la giurisdizione del giudice ordinario.

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Mancata assunzione: quando il ricorso è inammissibile

Una giornalista ha ottenuto un risarcimento per mancata assunzione da parte di una società editoriale subentrante. I giudici di merito hanno ritenuto che l’azienda non avesse applicato correttamente i criteri di selezione, in particolare quello della ‘funzionalità al piano editoriale’, poiché tale piano non era definito al momento dei colloqui. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’azienda, sottolineando che non può riesaminare nel merito la valutazione delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici dei gradi inferiori.

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Compenso avvocato condizionato: quando è dovuto?

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un compenso avvocato condizionato al raggiungimento di un accordo transattivo. L’ordinanza chiarisce che se il cliente revoca il mandato prima del perfezionamento dell’accordo, il professionista non ha diritto alla parte di compenso subordinata a tale risultato, anche se l’accordo viene concluso poco dopo con l’assistenza di un altro legale. Viene sottolineata la validità delle pattuizioni che legano il compenso a un esito specifico, derogando al principio generale che prevede il pagamento per l’opera svolta a prescindere dal risultato.

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Rinuncia al ricorso: come si estingue il giudizio

La Corte di Cassazione dichiara estinto un giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte dell’appellante e della contestuale accettazione della controparte. La decisione, basata sugli artt. 390 e 391 c.p.c., non prevede statuizioni sulle spese processuali data l’accettazione e la mancata costituzione di un terzo intimato.

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Ammortamento francese: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di alcuni mutuatari contro un istituto di credito, confermando le sentenze di merito. La Corte ha chiarito che il costo per l’acquisto di quote di un consorzio di garanzia non rientra nel calcolo del tasso di usura (TEG). Inoltre, ha ribadito un principio fondamentale: un contratto di mutuo con piano di ammortamento alla francese non è nullo per indeterminatezza, anche se non esplicita il regime di capitalizzazione composta, confermando la stabilità di migliaia di contratti bancari.

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Impugnazione delibera condominiale: motivi inammissibili

Un proprietario di un box auto ha tentato l’impugnazione di una delibera condominiale relativa al riparto spese, sostenendo l’illegittimità della tabella millesimale applicata. La tabella era stata recepita da una decisione di un condominio adiacente. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando errori procedurali nella formulazione dei motivi e l’applicazione del principio della “doppia conforme”, che impedisce di riesaminare i fatti già valutati conformemente nei primi due gradi di giudizio.

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Impugnazione delibera condominiale: termini e vizi

Un condomino si opponeva a un decreto ingiuntivo per spese di ammodernamento dell’ascensore, sostenendo la nullità della delibera. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che i vizi lamentati (es. errata ripartizione delle spese) rendono la delibera annullabile, non nulla. L’impugnazione delibera condominiale per annullabilità deve avvenire tramite un’azione legale specifica entro termini perentori, non con una semplice opposizione al pagamento. In assenza di tale impugnazione, la delibera resta valida ed efficace.

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Estinzione del giudizio: la guida completa

Una società di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte, applicando la procedura semplificata, ha formulato una proposta di definizione del giudizio. A seguito della mancata richiesta di decisione sul ricorso da parte della società ricorrente entro il termine di 40 giorni, il Collegio ha dichiarato l’estinzione del giudizio, interpretando il silenzio come una rinuncia all’impugnazione e condannando la società al pagamento delle spese legali.

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Ripartizione oneri: chi paga le opere idrauliche?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro la decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che aveva annullato una delibera sulla ripartizione oneri per la costruzione di un’opera idraulica. La delibera, che addebitava i costi a una società fallita e ad altri proprietari, è stata giudicata irragionevole e arbitraria. La Cassazione ha confermato che, in presenza di più motivazioni autonome a sostegno di una sentenza, il ricorrente deve impugnarle tutte efficacemente, altrimenti il ricorso è inammissibile per difetto di interesse.

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Restituzione indebito pubblico impiego: quando è dovuta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affermato un principio cruciale in materia di restituzione indebito pubblico impiego. Un Comune aveva richiesto a un proprio dirigente la restituzione dei ‘diritti di rogito’ percepiti per anni, poiché tale compenso non era previsto dal contratto collettivo applicabile. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Comune, stabilendo che qualsiasi emolumento erogato a un dipendente pubblico deve trovare fondamento esclusivo nella contrattazione collettiva. I pagamenti effettuati al di fuori di tale cornice sono considerati ‘sine titulo’ e devono essere restituiti, anche se percepiti in buona fede.

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Confondibilità dei segni: la Cassazione fa chiarezza

Un imprenditore del settore pelletteria ha citato in giudizio un’azienda concorrente per l’uso di un marchio ritenuto simile al proprio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che non sussiste la confondibilità dei segni. La decisione sottolinea che una parziale assonanza fonetica e il contesto di un mercato estero non sono, di sé, sufficienti a generare un rischio di confusione per i consumatori. I giudici hanno inoltre ribadito l’importanza di formulare correttamente i motivi di ricorso sotto il profilo processuale.

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Azione revocatoria e cessione del credito: la guida

Una coppia costituisce un fondo patrimoniale per proteggere i propri beni. Una società finanziaria, divenuta creditrice a seguito di una cessione, agisce con un’azione revocatoria per rendere inefficace tale fondo. La coppia si oppone, sollevando questioni sulla legittimità della società cessionaria e su presunti vizi procedurali. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando un principio fondamentale: l’azione revocatoria è un accessorio del credito e si trasferisce automaticamente al nuovo creditore. Inoltre, ha ribadito che i vizi procedurali devono essere eccepiti tempestivamente nei gradi di merito, altrimenti non possono essere fatti valere in Cassazione.

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Rinuncia al ricorso: come si estingue il giudizio

Un privato cittadino, dopo aver presentato ricorso in Cassazione contro un’ordinanza della Corte d’Appello, ha successivamente presentato una formale rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, verificato che la rinuncia rispettava i requisiti legali, ha dichiarato l’estinzione del giudizio con un decreto. È stato inoltre stabilito che non vi fosse luogo a provvedere sulle spese legali, poiché la società resistente non aveva svolto alcuna attività difensiva.

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Indennità preavviso: quando il datore non ha diritto

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’azienda non può trattenere l’indennità sostitutiva preavviso dalle somme di fine rapporto se, al momento delle dimissioni del lavoratore, non ha più alcun interesse concreto a ricevere la prestazione lavorativa. Nel caso specifico, l’azienda aveva perso un appalto, cessato l’attività e già esonerato i dipendenti dal lavoro, rendendo illegittima la trattenuta.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia e i suoi effetti

Un contenzioso, originato dall’azione di un istituto di credito contro alcuni privati per far dichiarare inefficace un atto di disposizione patrimoniale, si è concluso in Corte di Cassazione con una declaratoria di estinzione del giudizio. A seguito dell’appello dei privati, le parti hanno raggiunto un accordo che ha portato alla rinuncia al ricorso e alla sua accettazione. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato il processo estinto, senza pronunciarsi nel merito della vicenda né sulle spese legali, in virtù dell’accordo tra le parti.

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Decadenza contratti a termine: la Cassazione chiarisce

Una lavoratrice ha contestato la successione abusiva di contratti a termine con enti pubblici. La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine di decadenza per proporre l’azione legale decorre dalla fine dell’ultimo contratto, non da ciascuno di essi. Nonostante questa precisazione, il ricorso della lavoratrice è stato respinto perché il termine era comunque scaduto. La sentenza rafforza il principio che la decadenza contratti a termine si applica anche in caso di superamento della durata massima complessiva del rapporto di lavoro.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

Una società di vigilanza privata aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza che riconosceva a due dipendenti un’indennità. Durante il processo, la società ha rinunciato al ricorso e i lavoratori hanno accettato. La Corte ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, compensando le spese e specificando che tale esito esonera la parte ricorrente dal versamento del doppio contributo unificato.

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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile

Un lavoratore, licenziato per recidiva a seguito di diverse sanzioni disciplinari, ha intrapreso una lunga battaglia legale. Dopo vari gradi di giudizio, il suo ricorso per revocazione contro una precedente ordinanza della Cassazione è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non integravano un errore di fatto revocatorio, ma miravano a una nuova valutazione del merito, ossia a un errore di giudizio, non consentita in sede di revocazione.

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