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Giurisprudenza Civile

Legittimazione ex socio: chi impugna l'avviso fiscale?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la legittimazione ex socio a impugnare un avviso di accertamento notificato a una società estinta è esclusa. Per effetto dell’art. 28 del D.Lgs. 175/2014, per i cinque anni successivi alla cancellazione, solo l’ex liquidatore conserva la rappresentanza legale della società per le questioni fiscali. Di conseguenza, il ricorso presentato dall’ex socio è stato dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione processuale.

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Benefici vittime mafia: contano i legami familiari?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare i benefici previsti per le vittime di mafia ai familiari di una persona uccisa per errore dalla criminalità organizzata. La motivazione si fonda sui legami di parentela dei richiedenti con soggetti gravati da precedenti penali, ritenuti sufficienti a far dubitare della loro totale estraneità ad ambienti delinquenziali, come richiesto dalla legge per l’erogazione dei benefici vittime mafia.

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Inquadramento lavorativo: accordo sindacale vincola

Un lavoratore, riassunto da una nuova società dopo il fallimento della precedente, si è visto declassare il proprio inquadramento lavorativo. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, stabilendo che l’accordo sindacale, stipulato durante l’acquisizione, obbligava la nuova azienda a mantenere il livello contrattuale originario del dipendente. La sentenza sottolinea come un impegno contrattuale specifico prevalga sulla disciplina generale che esclude la continuità dei rapporti di lavoro in contesti di crisi aziendale.

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Prova usucapione: coltivazione non basta, dice la Cassazione

Due fratelli rivendicavano la proprietà di un terreno per usucapione, basandosi sulla coltivazione, la costruzione di una strada e l’inclusione del bene in un atto di divisione. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione favorevole dei giudici di merito, stabilendo che la semplice coltivazione non è una prova di usucapione sufficiente a dimostrare il possesso come proprietari. La Corte ha inoltre censurato la mancata valutazione di una prova decisiva sull’effettiva data di costruzione della strada. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Azione Pauliana: litisconsorte necessario non citato

Una società ricorre in Cassazione contro una sentenza di accoglimento di un’azione pauliana. La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, non decide il merito ma rileva un vizio di procedura: la mancata notifica del ricorso a una delle parti originarie del contratto contestato, identificata come litisconsorte necessario. Di conseguenza, viene ordinata l’integrazione del contraddittorio, sospendendo il giudizio e rinviandolo a nuovo ruolo per garantire la corretta partecipazione di tutti i soggetti coinvolti.

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Prelazione agraria: certificato essenziale per sospendere

La Corte di Cassazione ha stabilito che un coltivatore confinante decade dal diritto di prelazione agraria se non versa il prezzo entro il termine trimestrale. La sospensione di tale termine, in attesa di un mutuo, è possibile solo presentando un certificato dell’Ispettorato dell’Agricoltura che attesti l’avvio dell’istruttoria. La mancanza di questo documento costituisce un vizio procedurale che impedisce la sospensione, rendendo tardivo il pagamento e inefficace la richiesta di riscatto del fondo.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia al ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della mancata richiesta di decisione da parte della società ricorrente entro il termine di 40 giorni dalla comunicazione della proposta del relatore. Tale inerzia, secondo l’art. 380-bis c.p.c., equivale a una rinuncia al ricorso. Di conseguenza, la società è stata condannata al pagamento delle spese legali in favore della controparte.

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Gestione integrata rifiuti: obblighi degli enti soci

Una Città Metropolitana si rifiutava di pagare una società partecipata per servizi di raccolta, sostenendo di non averli mai richiesti formalmente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel sistema di gestione integrata rifiuti, il conferimento delle funzioni alla società d’ambito è obbligatorio per legge. L’ente socio non può sottrarsi ai propri obblighi e deve corrispondere il pagamento per i servizi resi, poiché il quadro normativo prevale sulle clausole statutarie interpretabili.

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Cambio appalto: no assunzione se licenziati

Un lavoratore, licenziato dalla società uscente il giorno stesso del cambio appalto, perde il diritto all’assunzione presso la nuova azienda. La Cassazione chiarisce che il presupposto per il passaggio è un rapporto di lavoro in essere. La tardiva contestazione del licenziamento non ha rilevanza nel giudizio per l’assunzione.

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Motivazione apparente: quando il ricorso è infondato

Una società ha impugnato un avviso di addebito per contributi non versati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo i rigidi criteri per contestare una sentenza per motivazione apparente e vizi procedurali. La Corte ha ritenuto le argomentazioni del ricorrente generiche e non sufficientemente provate, confermando così la decisione della Corte d’Appello.

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Frazionamento del credito e giudicato: i limiti

La Corte di Cassazione affronta il tema del frazionamento del credito e del giudicato in un caso di risarcimento per perdita di chance richiesto da dipendenti universitari. L’ordinanza chiarisce che una nuova azione è ammissibile se la precedente domanda di danno, formulata come subordinata, non è stata esaminata nel merito. Al contrario, se la domanda era stata rigettata, il giudicato preclude ogni ulteriore richiesta, anche se relativa a voci di danno differenti ma riconducibili alla stessa causa.

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Estinzione giudizio Cassazione: silenzio e rinuncia

Un decreto della Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del giudizio a seguito della mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente entro 40 giorni dalla proposta definitoria. Questo silenzio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., equivale a una rinuncia al ricorso, portando all’estinzione del giudizio Cassazione. Non sono state liquidate le spese legali in quanto la controparte non ha svolto attività difensiva.

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Qualifica superiore: quando spetta al lavoratore

Un lavoratore, formalmente classificato a un livello inferiore, ha ottenuto il riconoscimento di una qualifica superiore. L’azienda ha contestato la decisione, sostenendo che le mansioni svolte non rientravano nei criteri previsti, in particolare perché l’attività si svolgeva interamente all’interno di una stazione e non sulla ‘linea piena’. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che, ai fini del CCNL di settore, la distinzione rilevante non è il luogo fisico esatto (dentro o fuori i ‘picchetti di manovra’), ma il contesto operativo: operare in una ‘stazione’ o ‘scalo’ giustifica la qualifica superiore rispetto a un semplice ‘impianto di servizio’, confermando così il diritto del lavoratore.

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Anzianità di servizio e precari: la Cassazione decide

Una ricercatrice, stabilizzata dopo anni di contratti a termine, si è vista negare la progressione di carriera basata sull’anzianità di servizio maturata. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20076/2025, ha accolto il suo ricorso. Ha stabilito che, in base al principio europeo di non discriminazione, l’anzianità di servizio pregressa deve essere pienamente riconosciuta. La mancata valutazione da parte del datore di lavoro non può essere un ostacolo; anzi, l’azienda è tenuta ad attivarla una volta maturati i requisiti.

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Responsabilità amministratore: calcolo del danno

Un amministratore ritarda la dichiarazione di fallimento della società, aggravandone il dissesto con nuovi debiti. Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione contestando il metodo di calcolo del danno. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile e chiarisce un principio fondamentale sulla responsabilità amministratore: in caso di ritardata dichiarazione di fallimento, il danno risarcibile corrisponde all’aumento dei debiti causato dal ritardo, e non alla generica differenza tra i netti patrimoniali.

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Estinzione del giudizio: la rinuncia tacita in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio di un ricorso tributario. La decisione si basa sulla mancata richiesta di decisione da parte del ricorrente entro 40 giorni dalla comunicazione di una proposta di definizione accelerata. Tale inerzia, secondo l’art. 380-bis c.p.c., equivale a una rinuncia tacita al ricorso, portando alla sua conclusione anticipata senza una pronuncia nel merito.

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Obbligo di motivazione: sentenza nulla se apparente

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito che, nell’ammettere un credito al passivo fallimentare, aveva violato l’obbligo di motivazione. Il giudice di secondo grado si era limitato ad affermare che le prove dimostravano l’esistenza del credito, senza esplicitare il percorso logico seguito per la valutazione. La Suprema Corte ha ribadito che una motivazione apparente, che non consente di comprendere l’iter decisionale, equivale a una motivazione mancante e determina la nullità del provvedimento.

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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un apprendista viene licenziato per scarso rendimento senza aver ricevuto una formale contestazione degli addebiti. Il Tribunale di Venezia ha dichiarato il licenziamento disciplinare illegittimo per violazione delle garanzie procedurali. Tuttavia, data la dimensione ridotta dell’azienda (meno di 15 dipendenti), ha condannato il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria di 12 mensilità, escludendo la reintegrazione nel posto di lavoro.

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Immissioni rumorose: quando scatta il risarcimento?

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di immissioni rumorose provenienti da un’attività di ristorazione. La sentenza chiarisce che il superamento della normale tollerabilità del rumore giustifica un risarcimento per il danno alla serenità personale, anche senza una prova diretta di un danno biologico. La Corte ha confermato il risarcimento liquidato in via equitativa, ma ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per omessa pronuncia su una distinta domanda relativa ad abusi edilizi.

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Contestazione generica: Cassazione e onere della prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un contribuente contro un avviso di addebito per contributi previdenziali. La decisione si fonda sul principio che una contestazione generica, priva di specifiche argomentazioni sui fatti contestati dall’ente, è processualmente irrilevante. L’ordinanza sottolinea come spetti al contribuente l’onere di provare in modo dettagliato le proprie ragioni, soprattutto in materia di sgravi contributivi.

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