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Giurisprudenza Civile

Azione revocatoria fondo patrimoniale: la prova
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8644/2024, ha rigettato il ricorso di un debitore che aveva costituito un fondo patrimoniale poco prima di avviare una causa, il cui esito sfavorevole ha poi generato il debito. La Corte ha confermato la decisione d'appello che aveva accolto l'azione revocatoria dei creditori, ritenendo che l'intento fraudolento (consilium fraudis) potesse essere legittimamente presunto dalla stretta vicinanza temporale tra la costituzione del fondo e l'inizio del contenzioso. L'onere di dimostrare la sufficienza del patrimonio residuo spettava al debitore, prova che non è stata fornita.
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Indennità di esclusività: quando è negata al medico
Un medico, il cui rapporto di lavoro con una ASL era stato riconosciuto come subordinato, si è visto negare l'indennità di esclusività. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo che la violazione del patto di esclusività fosse stata adeguatamente provata in appello attraverso la discontinuità nella numerazione delle fatture, senza che vi fosse stata un'errata applicazione delle regole sull'onere della prova.
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Tacito rinnovo contratto: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che, in presenza di una clausola di tacito rinnovo ambigua, il comportamento delle parti successivo alla firma del contratto è decisivo per l'interpretazione. Nel caso di specie, una società immobiliare aveva revocato un incarico di mediazione, ritenendolo scaduto. Tuttavia, il suo comportamento dimostrava che considerava l'accordo ancora valido, rendendo la revoca prematura e la provvigione dovuta. La Corte ha anche chiarito che il mediatore non viola la buona fede se comunica al venditore problemi sollevati dall'acquirente, adempiendo al suo dovere informativo.
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Deposito CCNL Cassazione: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un'azienda contro la sentenza che riconosceva a un dipendente il diritto a un'indennità per ferie non godute, calcolata sulla base del precedente e più favorevole CCNL. La decisione si fonda su motivi procedurali, in particolare sul mancato corretto deposito del CCNL in Cassazione, requisito fondamentale per la procedibilità del ricorso.
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Incarico fiduciario: quando termina il contratto?
Una professionista legale ha richiesto il pagamento per un incarico fiduciario di supporto a un consigliere regionale, interrotto a causa dello scioglimento anticipato del Consiglio. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'Appello, rigettando il ricorso e stabilendo che l'incarico fiduciario si è risolto con la cessazione della carica del consigliere, come previsto dal contratto stesso, e che la prova del lavoro svolto non era sufficiente.
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Onere della prova CCNL: ricorso inammissibile
Un lavoratore ha fatto ricorso per il riconoscimento di mansioni superiori e delle relative differenze contributive nei confronti del fallimento del suo ex datore di lavoro. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: nel contenzioso del lavoro privato, l'onere della prova CCNL spetta alla parte che lo invoca. Non avendolo prodotto in giudizio, il lavoratore ha visto la sua domanda respinta per una ragione puramente procedurale, senza che la Corte potesse entrare nel merito della questione.
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Obbligazione propter rem: chi paga gli oneri?
Un comune ha tentato di recuperare oneri di urbanizzazione dai nuovi proprietari di un immobile costruito in un piano di edilizia convenzionata. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8635/2024, ha stabilito che l'obbligazione propter rem per tali costi non si trasferisce automaticamente. È necessario che la convenzione originaria, trascritta nei registri immobiliari, preveda esplicitamente che l'obbligo gravi anche sui successivi acquirenti. In assenza di tale clausola o di un accollo del debito nell'atto di acquisto, i nuovi proprietari non sono tenuti al pagamento.
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Lesione quota di legittima: la Cassazione decide
Un erede ha citato in giudizio la sorella e la madre, lamentando una lesione della quota di legittima a causa di quattro testamenti redatti dal padre defunto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Basandosi sulla consulenza tecnica d'ufficio (CTU), la Corte ha stabilito che non vi era stata alcuna lesione della quota di legittima spettante al ricorrente. L'ordinanza ha inoltre affrontato importanti questioni procedurali, come l'ultrattività del mandato dell'avvocato in caso di morte della parte e i criteri per la sospensione del processo in pendenza di un'altra causa.
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Vittime del dovere: assegni anche ai figli non a carico
La Corte di Cassazione affronta il caso dei figli maggiorenni e non a carico di una vittima del dovere, i quali richiedono il riconoscimento degli assegni vitalizi. I giudici di merito avevano accolto la domanda, estendendo la disciplina prevista per le vittime del terrorismo. A causa di un contrasto giurisprudenziale sulla portata di tale estensione (se limitata ai soli benefici o estesa anche alla platea dei beneficiari), la Sezione Lavoro ha ritenuto la questione di massima importanza e ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per un pronunciamento definitivo sul diritto dei figli non a carico a ricevere tali provvidenze in presenza di un coniuge superstite.
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Prescrizione azione responsabilità: il dies a quo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8651/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex sindaco di una società fallita, confermando un principio chiave sulla prescrizione dell'azione di responsabilità. Il ricorrente sosteneva che il termine di prescrizione quinquennale fosse decorso prima della notifica dell'atto di citazione, individuando il 'dies a quo' nel momento in cui si erano deteriorati i rapporti con il principale creditore. La Suprema Corte ha ribadito che esiste una presunzione 'iuris tantum' secondo cui il termine di prescrizione decorre dalla data della dichiarazione di fallimento, momento in cui l'insufficienza patrimoniale diventa oggettivamente percepibile dalla generalità dei creditori. Spetta al sindaco o all'amministratore fornire la prova contraria, dimostrando con fatti di assoluta evidenza una diversa e anteriore data di percepibilità, prova che nel caso di specie non è stata fornita.
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Azioni illiquide: quando il contratto è valido?
Un investitore ha acquistato azioni illiquide da una banca, riscontrando poi l'impossibilità di venderle. Ha citato in giudizio la banca chiedendo la nullità dei contratti di acquisto e la restituzione della somma investita. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno respinto la domanda, sostenendo che la violazione degli obblighi informativi può portare a un risarcimento, non alla nullità. La Corte di Cassazione ha confermato queste decisioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Ha stabilito che la natura illiquida delle azioni non rende il contratto nullo per mancanza di causa, specialmente quando l'investitore era stato adeguatamente informato dei rischi, come nel caso di specie attraverso un prospetto informativo. La difficile monetizzazione è una caratteristica intrinseca di tali investimenti, non un vizio del contratto.
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Retribuzione ferie: indennità variabili incluse
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8664/2024, ha stabilito che la retribuzione ferie deve includere tutte le indennità variabili connesse alla mansione, come quelle per attività di scorta e riserva. La Corte ha rigettato il ricorso di un'azienda di trasporti, confermando che una diminuzione sensibile dello stipendio durante le vacanze ha un effetto dissuasivo, contrario al diritto dell'Unione Europea. La decisione rafforza il principio secondo cui la retribuzione durante il riposo deve essere equiparabile a quella dei periodi lavorativi.
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Natura giuridica IPAB: la Cassazione fa chiarezza
Un'Arcidiocesi e una Casa di Riposo (IPAB) hanno richiesto il riconoscimento della natura giuridica di diritto privato per quest'ultima. La richiesta, respinta sia in primo grado che in appello, è giunta in Cassazione. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La motivazione principale si basa sul fatto che la valutazione della natura giuridica IPAB deve essere condotta in base allo statuto vigente al momento della domanda amministrativa, e la scelta di tale criterio da parte della corte d'appello rappresenta un accertamento di merito non sindacabile in sede di legittimità. Il ricorso è stato giudicato un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo esame dei fatti.
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Responsabilità dirigenziale: omesso controllo e sanzione
La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione a una dirigente pubblica per omessa vigilanza sulle procedure di inserimento dati. La mancata supervisione ha causato la prescrizione di numerose sanzioni amministrative, con un grave danno potenziale per l'ente. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla proporzionalità della sanzione spetta al giudice di merito e che la responsabilità dirigenziale include il dovere attivo di organizzare e controllare i processi lavorativi.
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Vendita aliud pro alio: quando si applica?
Una società costruttrice acquista un terreno per un progetto turistico, ma scopre che la sua edificabilità è parziale e le concessioni sono irregolari. La Corte di Cassazione ha stabilito che non si tratta di vendita aliud pro alio, ma di mancanza di qualità essenziali, applicando quindi il breve termine di prescrizione di un anno dalla consegna. La domanda dell'acquirente è stata respinta. È stata invece accolta la domanda riconvenzionale dei venditori per l'inadempimento della società costruttrice a un collegato contratto di appalto.
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Conservazione miglior trattamento: ferie e CCNL
La Corte di Cassazione ha confermato il diritto di alcuni lavoratori a mantenere il numero di giorni di ferie previsto dal precedente CCNL, in quanto più favorevole rispetto a quello successivo. L'ordinanza sottolinea l'importanza delle clausole di salvaguardia e del principio di conservazione del miglior trattamento nel passaggio tra contratti collettivi, rigettando il ricorso dell'azienda che sosteneva l'applicazione del nuovo regime meno vantaggioso.
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Pausa retribuita: a chi spetta l’onere della prova?
Una guardia giurata ha citato in giudizio la propria azienda per il mancato godimento della pausa di dieci minuti prevista per turni superiori alle sei ore. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8626/2024, ha stabilito un principio fondamentale sull'onere della prova. Spetta al lavoratore dimostrare di aver lavorato oltre sei ore consecutive senza fruire della pausa retribuita. Spetta invece al datore di lavoro, che si difende sostenendo di aver concesso un riposo compensativo alternativo, fornire la prova di tale concessione. La Corte ha quindi cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente addossato l'intero onere probatorio sul lavoratore.
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Legittimazione ex soci: il caso della società estinta
La Corte di Cassazione ha stabilito che gli ex soci di una società estinta hanno la legittimazione a proseguire un giudizio iniziato dalla società, anche se il diritto controverso (un credito) era stato ceduto a terzi prima della cancellazione della società dal registro delle imprese. La Corte ha chiarito che la posizione di 'sostituto processuale', assunta dalla società cedente ai sensi dell'art. 111 c.p.c., si trasferisce agli ex soci per successione universale (art. 110 c.p.c.), indipendentemente dalla titolarità sostanziale del credito e dall'aver ricevuto o meno beni in sede di liquidazione. Di conseguenza, la sentenza della Corte d'Appello, che aveva negato la legittimazione ex soci, è stata cassata con rinvio.
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Anatocismo bancario e vecchi contratti: parla la Corte
Una società contesta l'applicazione di anatocismo bancario e commissioni di massimo scoperto su un conto corrente anteriore al 2000. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide il caso ma lo rimette a pubblica udienza. L'obiettivo è risolvere un contrasto giurisprudenziale sulla validità dell'adeguamento dei vecchi contratti alle nuove regole sull'anatocismo: è sufficiente la comunicazione della banca o serve una nuova pattuizione scritta? La decisione futura avrà un impatto significativo su numerosi rapporti bancari.
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Risoluzione di diritto: quando si qualifica la domanda
In un caso riguardante un contratto preliminare di vendita immobiliare, la Corte di Cassazione ha stabilito che la domanda di risoluzione va qualificata come risoluzione di diritto, e non giudiziale, quando nell'atto introduttivo si fa esplicito riferimento a una diffida ad adempiere rimasta inadempiuta. La Corte ha chiarito che il giudice deve interpretare la volontà sostanziale della parte, andando oltre il tenore letterale delle conclusioni, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione. Il ricorso del promissario acquirente, inadempiente all'obbligo di presentare un progetto edilizio, è stato quindi respinto.
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