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Giurisprudenza Civile

Responsabilità del committente: quando paga i danni?

Una società energetica ha subito il danneggiamento di un cavo interrato durante lavori di scavo commissionati da una società di distribuzione gas a un’impresa appaltatrice. La Corte di Cassazione ha escluso la responsabilità del committente, chiarendo che la cosiddetta “culpa in eligendo” (colpa nella scelta dell’appaltatore) deve essere provata dal danneggiato. Non è sufficiente il solo verificarsi del danno per affermare la negligenza del committente nella selezione dell’impresa. L’ordinanza sottolinea che questo tipo di responsabilità rientra nell’ambito dell’art. 2043 c.c. e non costituisce una forma di responsabilità oggettiva.

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Società estinta: la Cassazione sulla notifica ai soci

La Corte di Cassazione ha esaminato due ricorsi riuniti riguardanti accertamenti fiscali notificati a una società estinta e ai suoi soci. La società era stata cancellata dal Registro delle Imprese nel 2012. La Corte ha stabilito che la normativa del 2014 (D.Lgs. 175/2014), che estende a cinque anni il termine per l’accertamento nei confronti delle società estinte, non ha efficacia retroattiva. Di conseguenza, non può essere applicata a società la cui cancellazione è avvenuta prima della sua entrata in vigore. La sentenza impugnata, che aveva erroneamente applicato tale norma retroattivamente, è stata cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame della controversia.

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Estinzione del processo per rinuncia: analisi del caso

Una società consortile e un dirigente avevano impugnato una sentenza della Corte d’Appello in materia di incarichi dirigenziali. Giunti in Cassazione, entrambe le parti hanno depositato una rinuncia ai rispettivi ricorsi, principale e incidentale, che sono state reciprocamente accettate. Di conseguenza, la Suprema Corte ha dichiarato l’estinzione del processo, compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Credito prededucibile: no continuità tra procedure

La Corte di Cassazione ha stabilito che un credito prededucibile, sorto durante un’amministrazione giudiziaria (misura di prevenzione antimafia), non conserva il suo status di priorità se l’impresa entra successivamente in amministrazione straordinaria (procedura concorsuale). La decisione si fonda sulla netta distinzione di finalità tra le due procedure: la prima mira a bonificare l’azienda da infiltrazioni criminali, la seconda a gestire uno stato di insolvenza. Mancando la ‘consecuzione’ tra le due, il privilegio del credito prededucibile non si trasferisce.

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Interesse ad impugnare: quando si può ricorrere?

Una società e il suo legale rappresentante sono stati citati in giudizio per l’inadempimento di un accordo di ricapitalizzazione. I tribunali di merito hanno stabilito che l’accordo era di natura personale e hanno respinto le richieste contro la società. Entrambi hanno presentato ricorso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per chiarire il concetto di interesse ad impugnare. Ha spiegato che una parte può avere interesse a ricorrere anche se non è formalmente soccombente. In questo specifico caso, l’appello della società è stato classificato come un ‘appello adesivo’, il cui esito dipendeva da quello dell’appello principale dell’individuo, che è stato anch’esso respinto.

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Contratti sanitari retroattivi: la Cassazione decide

Una struttura sanitaria privata ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il mancato pagamento di prestazioni fornite, a seguito dell’applicazione di uno sconto. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, dubitando della validità retroattiva dei contratti e della prova dell’accreditamento della struttura. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando la legittimità dei contratti sanitari retroattivi, che possono cioè coprire prestazioni già erogate prima della firma, e riconoscendo la formazione di un giudicato interno sulla questione dell’accreditamento, che non poteva essere riesaminata. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Sospensione efficacia esecutiva: quando è negata

La Corte d’Appello di Roma ha respinto una richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza di primo grado. L’ordinanza chiarisce che, per ottenere la sospensione, non basta che l’appello non sia manifestamente infondato, ma è necessaria la prova di un pregiudizio grave e irreparabile, che non sussiste nel normale pagamento di spese legali, considerate somme ripetibili. La mancanza di prova del ‘periculum in mora’ è stata decisiva per il rigetto.

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Sospensione esecuzione sentenza: quando viene negata?

Una società ha richiesto la sospensione esecuzione sentenza di primo grado che la condannava a un pagamento. La Corte d’Appello ha rigettato l’istanza per mancanza dei requisiti di ‘manifesta fondatezza’ dell’appello e di ‘periculum in mora’, ovvero il rischio di un danno grave e irreparabile. Inoltre, la Corte ha rilevato che il pagamento era già stato eseguito, rendendo la richiesta di sospensione priva di oggetto.

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Grave ed irreparabile danno: quando non si sospende

La Corte di Appello di Roma ha respinto la richiesta di sospensione dell’esecuzione di una sentenza. La Corte ha stabilito che non sussiste il requisito del ‘grave ed irreparabile danno’ quando il debitore lamenta di non possedere beni pignorabili, poiché ciò stesso impedisce un’esecuzione forzata dannosa per il debitore.

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Sospensione sentenza: la cauzione come tutela efficace

Un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma analizza un’istanza di sospensione della sentenza. Sebbene la richiesta sia stata respinta perché la sentenza era di natura dichiarativa, la Corte ha tutelato il debitore imponendo al creditore, una società con sede alle Bahamas, di prestare un’idonea cauzione prima di procedere all’esecuzione, bilanciando così il rischio di irreparabilità del danno.

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Grave ed irreparabile danno: quando non si sospende

Un ricorrente ha richiesto la sospensione dell’esecuzione di una sentenza, sostenendo che gli avrebbe causato un grave ed irreparabile danno data la sua precaria situazione economica. La Corte di Appello di Roma ha respinto l’istanza, motivando che l’assenza stessa di beni pignorabili (ad eccezione di beni di valore nullo e di un assegno sociale impignorabile) rende impossibile il verificarsi di tale danno, in quanto l’azione esecutiva del creditore sarebbe comunque infruttuosa.

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Licenziamento disciplinare: quando è illegittimo?

Un dipendente pubblico veniva licenziato per due assenze dal luogo di lavoro non registrate. La Corte d’Appello ha annullato i licenziamenti, ritenendo la prima assenza giustificata da esigenze di servizio e la seconda da una situazione di necessità (soccorso a un collega). L’Amministrazione ha presentato ricorso in Cassazione, che lo ha dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito di non poter riesaminare nel merito la valutazione dei fatti e delle prove, compito esclusivo del giudice di merito, confermando così l’illegittimità del licenziamento disciplinare.

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Cessata materia del contendere: il caso si estingue

La Corte di Cassazione dichiara la cessata materia del contendere in un ricorso per revocazione presentato da un gruppo di medici. La decisione è motivata dal fatto che la sentenza d’appello, oggetto del ricorso, era già stata annullata con rinvio dalla stessa Corte in un altro procedimento, rendendo inutile una pronuncia sulla revocazione.

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Onere della prova: domanda generica e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un pensionato contro un istituto previdenziale per il ricalcolo della pensione. La decisione si fonda sulla genericità della domanda giudiziale e sulla corretta applicazione dell’onere della prova, sottolineando che l’interpretazione dei fatti e delle prove da parte dei giudici di merito non è sindacabile in sede di legittimità, se non in casi eccezionali.

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Preavviso di rigetto: non è un atto definitivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’ordinanza di espulsione non può basarsi su un semplice ‘preavviso di rigetto’ relativo a una domanda di emersione. Tale avviso non è un atto definitivo, ma una comunicazione interlocutoria che consente al cittadino di presentare osservazioni. La legge, infatti, sospende i provvedimenti di espulsione in pendenza della definizione della pratica di sanatoria. Di conseguenza, il provvedimento del Giudice di Pace che aveva confermato l’espulsione è stato annullato con rinvio per una nuova valutazione.

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Restituzione somme: il lavoratore rende solo il netto

Un lavoratore, a seguito della riforma di una sentenza a lui favorevole, è stato condannato a restituire le somme percepite. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha stabilito che la restituzione somme deve riguardare l’importo netto effettivamente incassato e non quello lordo. Inoltre, ha chiarito che sul credito del datore non si applica il cumulo di interessi e rivalutazione previsto per i crediti di lavoro.

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Polizza TFM fallimento: quando è capitale finanziario

Un ex amministratore rivendicava il diritto su una polizza TFM (Trattamento di Fine Mandato) dopo il fallimento della sua società. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito: il contratto non era una polizza vita impignorabile, ma un’operazione di capitalizzazione finanziaria. Di conseguenza, le somme sono state correttamente acquisite all’attivo fallimentare e il credito dell’amministratore è stato ammesso solo come chirografario. La sentenza sottolinea i limiti del sindacato della Cassazione sulla qualificazione del contratto operata nei gradi precedenti.

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Calcolo TFS avvocati pubblici: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria, ha rinviato a pubblica udienza la decisione su un caso cruciale per il calcolo TFS avvocati pubblici. La controversia riguarda l’inclusione degli onorari professionali nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita di un legale di un ente pubblico. I giudici di merito avevano escluso tale possibilità, ma la Cassazione ha ritenuto la questione di tale rilevanza, anche alla luce di recenti sentenze della Corte Costituzionale, da meritare una trattazione più approfondita.

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Responsabilità Direttore Lavori: La Guida Completa

Un caso di appalto con vizi costruttivi porta la Cassazione a definire la responsabilità direttore lavori. La Corte conferma la sua natura contrattuale verso il committente, con prescrizione decennale, e la sua solidarietà con l’appaltatore per omessa vigilanza, rigettando sia il suo ricorso che quello incidentale del committente.

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Litisconsorzio necessario: appello e notifica tardiva

Un fratello ha impugnato una sentenza che dichiarava nulla una compravendita immobiliare stipulata con la madre. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso per notifica tardiva alla sorella. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che nei casi di litisconsorzio necessario, la notifica tempestiva a una sola delle parti è sufficiente per avviare validamente il giudizio di appello, mentre la notifica tardiva alle altre parti va considerata come un’integrazione del contraddittorio.

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