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Giurisprudenza Civile

Indennità ferie non godute: quando si perde il diritto
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5752/2024, ha stabilito che non spetta l'indennità per ferie non godute al lavoratore che, pur formalmente invitato dal datore di lavoro a usufruire del riposo accumulato, si sia rifiutato senza giustificato motivo. Il caso riguardava un dirigente che, dopo aver ricevuto una comunicazione per la fruizione delle ferie, ne aveva goduto solo in parte, rinviando le restanti e successivamente dimettendosi. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando la decisione della Corte d'Appello che aveva ridotto l'importo dell'indennità, sottolineando come la monetizzazione delle ferie non sia dovuta se il mancato godimento dipende da una scelta del dipendente.
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Progressione economica: diritto anche se in pensione
Un dipendente pubblico, collocato in posizione utile in una graduatoria per la progressione economica, veniva escluso dall'ente perché andato in pensione prima dell'approvazione della stessa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, stabilendo che il diritto alla progressione economica, per il periodo in cui è rimasto in servizio, sussiste anche per chi va in pensione nelle more dell'approvazione della graduatoria. La Corte ha sottolineato la duplice finalità, premiale e incentivante, della progressione, affermando che non si può sacrificare la prima (premiare il merito passato) solo perché la seconda (incentivare il futuro) viene meno con il pensionamento.
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Obblighi fungibili: No a sanzioni se li fa un terzo
Una proprietaria viene condannata a mettere in sicurezza una scarpata. La Cassazione annulla la sentenza d'appello su un punto cruciale: le sanzioni per l'inadempimento non si applicano agli obblighi fungibili, cioè quelli che possono essere eseguiti da terzi. La Corte ha inoltre rilevato un difetto di pronuncia su altre domande della proprietaria.
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Indennità incentivante di esodo: calcolo e limiti
Un dipendente regionale, dopo aver svolto temporaneamente mansioni dirigenziali prima di accettare un'indennità incentivante di esodo, ha richiesto che il compenso aggiuntivo fosse incluso nel calcolo del suo incentivo. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, stabilendo che nel calcolo dell'indennità incentivante di esodo rientrano solo le componenti fisse, continuative e costanti della retribuzione, escludendo quindi compensi occasionali e temporanei come quelli per mansioni superiori a tempo determinato.
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Condotte vessatorie: prova e oneri del lavoratore
Una lavoratrice ha richiesto un risarcimento per presunte condotte vessatorie (mobbing e straining) subite sul luogo di lavoro. La Corte d'Appello ha respinto la domanda, confermando la decisione di primo grado, per insufficienza di prove. Nonostante alcuni episodi sgradevoli, il giudice ha ritenuto non dimostrata l'esistenza di un ambiente lavorativo sistematicamente ostile, sottolineando anche il breve periodo di lavoro effettivo della dipendente durante i fatti contestati. È stato invece accolto l'appello incidentale del datore di lavoro, condannando la lavoratrice al pagamento delle spese legali di entrambi i gradi di giudizio.
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Licenziamento per insubordinazione: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per insubordinazione a carico di un autista. La Corte ha ritenuto che la condotta gravemente offensiva e inadempiente tenuta durante un corso sulla sicurezza sul lavoro integrasse una giusta causa di recesso, respingendo il ricorso del lavoratore che mirava a una rivalutazione dei fatti.
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Retribuzione dirigenziale: CCNL prevale su piani rientro
Una dirigente sanitaria ha ottenuto il riconoscimento della corretta retribuzione dirigenziale prevista dal CCNL. La Cassazione ha stabilito che le normative regionali sui piani di rientro dal disavanzo sanitario non possono derogare alla contrattazione collettiva nazionale, che disciplina il trattamento economico dei dipendenti pubblici, rientrando nella competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. L'appello dell'Azienda Sanitaria è stato respinto.
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Procedimento disciplinare: quando è valido?
Un dipendente pubblico ha impugnato il proprio licenziamento, sostenendo la nullità del procedimento disciplinare a causa di un presunto conflitto di interessi di un membro dell'organo giudicante. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la validità del procedimento disciplinare si fonda sulla distinzione organizzativa dell'organo e sul rispetto del diritto di difesa, non sull'assoluta imparzialità richiesta a un giudice.
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Inquadramento per trascinamento: limiti temporali
Un dipendente pubblico ha richiesto l'inquadramento nella IX qualifica per il principio di trascinamento, in quanto un collega, riammesso in servizio anni dopo, aveva ottenuto tale qualifica. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la norma sull'inquadramento per trascinamento (art. 7 D.L. 344/1990) era una misura transitoria, applicabile solo alle situazioni maturate entro il 31.12.1990 e non a eventi successivi come una riammissione in servizio.
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Estromissione dal processo: quando è inammissibile
Un lavoratore, chiamato a partecipare a una causa riguardante la graduatoria per una progressione di carriera, ha chiesto la propria estromissione dal processo, sostenendo di non avere interesse. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte ha chiarito che l'estromissione è possibile solo in casi specifici previsti dalla legge e che l'esito della causa, potendo modificare la graduatoria, incideva direttamente sulla posizione del lavoratore, rendendo la sua partecipazione necessaria e il suo interesse sussistente.
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Onere della prova: la Cassazione sul nesso causale
Una donna ha citato in giudizio un condominio per i danni subiti a seguito di una caduta su un gradino dissestato. I tribunali di primo e secondo grado hanno respinto la domanda, ritenendo non provato il nesso di causalità tra il gradino e la caduta. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ribadendo che l'onere della prova del nesso causale spetta al danneggiato. Senza questa prova fondamentale, la responsabilità del custode non può essere affermata.
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Inquadramento dipendente pubblico: il caso di mobilità
Una dipendente pubblica, trasferita da un ente locale a un'agenzia statale, ha ottenuto il corretto inquadramento dipendente pubblico nella fascia retributiva superiore. L'Amministrazione ha impugnato la decisione, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per tardività, confermando di fatto il diritto della lavoratrice e il risarcimento per perdita di chance.
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Spese condominiali: chi paga il debito del venditore?
Una società costruttrice, dopo aver riacquistato la proprietà di due immobili, si è vista richiedere dal condominio il pagamento di spese condominiali arretrate maturate dal precedente proprietario. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che l'onere di provare la titolarità del debito spetta al condominio. Inoltre, ha chiarito che la responsabilità solidale del nuovo acquirente è limitata all'anno in corso e a quello precedente al subentro, e che tale norma non è retroattiva. La sentenza sottolinea l'importanza di individuare correttamente il soggetto obbligato al pagamento delle spese condominiali.
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Contrattazione collettiva: i limiti del ricorso
Una dipendente pubblica ha impugnato l'esclusione da una progressione di carriera, lamentando il mancato riconoscimento di alcuni titoli. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che la violazione di un accordo integrativo aziendale, parte della contrattazione collettiva, non è direttamente censurabile come violazione di legge, a differenza di quanto previsto per i contratti collettivi nazionali. La Corte ha ribadito che il suo sindacato è limitato alla legittimità e non può riesaminare i fatti già valutati nei gradi di merito.
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Decoro architettonico: quando si può modificare?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 5722/2024, ha stabilito che la trasformazione di finestre in portefinestre in un condominio non lede necessariamente il decoro architettonico. La valutazione deve tenere conto del contesto, incluse le precedenti alterazioni che hanno già modificato l'estetica originaria dell'edificio. La Corte ha rigettato il ricorso di una condomina, confermando la legittimità della delibera assembleare che aveva autorizzato i lavori, in quanto l'impatto della nuova opera è stato giudicato minimo in un contesto già alterato.
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Inammissibilità del ricorso: regole e oneri probatori
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso presentato da una associazione sportiva contro il suo locatore per il pagamento di canoni arretrati. La decisione si fonda su vizi procedurali, in particolare la violazione del principio di autosufficienza del ricorso. La ricorrente non ha adeguatamente documentato e localizzato nel fascicolo le precedenti sentenze (il cosiddetto giudicato esterno) e gli altri atti su cui basava le proprie doglianze, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza delle censure senza dover compiere ricerche autonome. La sentenza sottolinea l'importanza del rigore formale nella redazione degli atti di impugnazione.
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Prova del mandato: onere e limiti in Cassazione
Un avvocato ha agito in giudizio contro una società e un privato per ottenere il pagamento dei suoi onorari, sostenendo di aver ricevuto un incarico congiunto. I giudici di merito e la Cassazione hanno respinto la domanda contro il privato, evidenziando che la prova del mandato non era stata adeguatamente fornita. La Suprema Corte ha ribadito che la dichiarazione di un intermediario non è sufficiente a dimostrare il conferimento dell'incarico e che non è possibile chiedere in sede di legittimità una nuova valutazione delle prove.
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Intervento in appello: limiti per il successore
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell'intervento in appello del successore a titolo particolare. Se la titolarità del diritto trasferito è contestata, le domande del successore sono inammissibili perché ampliano l'oggetto del giudizio, introducendo un nuovo tema di indagine non consentito in fase di impugnazione. Il caso riguarda la cessione di crediti derivanti da un contratto di appalto.
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Assegno senza provvista: fallimento non è scusante
La Corte di Cassazione ha stabilito che la sanzione per l'emissione di un assegno senza provvista si applica al legale rappresentante anche se la società è fallita. Il divieto di pagamento previsto dalla legge fallimentare non costituisce una scusante, poiché la responsabilità amministrativa è personale e legata al dovere di diligenza dell'emittente, che non può emettere titoli di credito scoperti.
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Rinuncia al ricorso: inammissibile per carenza d’interesse
Un condominio propone ricorso per Cassazione avverso una condanna al risarcimento danni per infiltrazioni. Prima dell'udienza, deposita un atto di rinuncia al ricorso. La Suprema Corte, pur rilevando i difetti formali dell'atto (mancanza di firma digitale e notifica), lo interpreta come una manifestazione inequivocabile della volontà di non proseguire la causa. Di conseguenza, dichiara il ricorso inammissibile non per la rinuncia in sé, ma per la sopravvenuta carenza d'interesse a ottenere una decisione nel merito.
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