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Giurisprudenza Civile

Eccezione in giudizio: come formularla correttamente
In una controversia su un contratto d'affitto d'azienda, la società conduttrice ha sollevato un'eccezione in giudizio relativa alla successiva inesistenza del bene locato per evitare il pagamento dei canoni futuri. La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, sottolineando che un'eccezione deve essere formulata in modo specifico e analitico e la sua proposizione deve essere puntualmente dimostrata nel ricorso, pena la formazione di un giudicato interno sulla questione.
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Ricorso improcedibile: l’onere della prova del termine
Una società citava in giudizio un privato per l'inadempimento di un contratto di cessione d'azienda. Soccombente in primo e secondo grado, il privato proponeva ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso improcedibile a causa del mancato deposito della copia notificata della sentenza impugnata, un adempimento necessario per dimostrare la tempestività dell'impugnazione. La Corte ha inoltre evidenziato ulteriori motivi di inammissibilità del ricorso.
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Inammissibilità ricorso: i requisiti del ricorso
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso in un caso complesso riguardante un affitto d'azienda e una presunta cessione di quote. La decisione si fonda sulla genericità e sulla violazione dei requisiti procedurali dell'atto di ricorso, che impediscono alla Corte di esaminare il merito delle questioni sollevate, come la ripetizione dell'indebito e la prova di accordi verbali.
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Domanda nuova art. 183 c.p.c.: quando è lecita?
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che, in una causa per negatoria servitutis, se il convenuto contesta la proprietà dell'attore, quest'ultimo può legittimamente presentare una domanda nuova ex art. 183 c.p.c. per l'accertamento della proprietà con efficacia di giudicato. Tale domanda è ammissibile non solo all'udienza di trattazione, ma anche con la prima memoria scritta, in quanto considerata una reazione difensiva connessa alla vicenda sostanziale originaria, in linea con i principi di economia processuale e ragionevole durata del processo.
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Cessazione materia del contendere: il caso si chiude
Una Regione aveva sanzionato una società per violazioni ambientali relative al mancato rilascio del deflusso minimo vitale di un torrente. La società aveva impugnato con successo la sanzione. Durante il ricorso in Cassazione promosso dalla Regione, è emerso che la società sanzionata era stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato la cessazione della materia del contendere, poiché la sanzione era divenuta ineseguibile verso un soggetto ormai estinto, facendo venire meno l'interesse a proseguire la causa.
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Legittimazione passiva equa riparazione: chi paga?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11454/2025, chiarisce la questione della legittimazione passiva equa riparazione quando il ritardo processuale coinvolge sia la giurisdizione ordinaria che quella amministrativa. La Corte stabilisce che ogni Ministero risponde esclusivamente per i ritardi avvenuti nella propria sfera di competenza, escludendo la responsabilità solidale. Nel caso specifico, il Ministero della Giustizia è stato escluso dalla condanna, poiché il ritardo si era verificato solo nella fase di ottemperanza amministrativa, di competenza del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
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Ricorso inammissibile: limiti all’impugnazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro il decreto di un tribunale che aveva revocato l'apertura di una procedura di liquidazione del patrimonio. La revoca era stata disposta a causa dell'omessa dichiarazione, da parte del debitore, di una causa risarcitoria a suo carico. La Suprema Corte ha stabilito che tale provvedimento, basato su un vizio di ammissibilità della domanda, è privo dei caratteri di decisorietà e definitività e, pertanto, non può essere impugnato in Cassazione, non precludendo al debitore la possibilità di ripresentare una nuova istanza corretta.
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Irragionevole durata processo: niente risarcimento
La Corte di Cassazione ha negato il risarcimento per l'irragionevole durata del processo a un gruppo di cittadini il cui ricorso amministrativo si era estinto per perenzione. La Corte ha stabilito che la legge presume l'assenza di un danno quando una parte non mostra interesse a proseguire la causa, e i ricorrenti non hanno fornito prove sufficienti a superare tale presunzione.
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Termine breve impugnazione: il ruolo della PEC
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso perché tardivo, chiarendo che il termine breve impugnazione di 60 giorni decorre dalla comunicazione integrale del provvedimento via PEC da parte della cancelleria. In un caso di sovraindebitamento, un debitore ha impugnato la revoca del suo piano di liquidazione oltre tale termine. La Corte ha stabilito che la comunicazione telematica completa equivale alla notifica, rendendo inapplicabile il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione.
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Cessazione materia del contendere: il caso in Cassazione
Una società impugna in Cassazione l'annullamento di una gara d'appalto. Durante il giudizio, ottiene l'aggiudicazione e dichiara di non avere più interesse. La Corte dichiara la cessazione della materia del contendere.
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Legittimazione debitore sovraindebitato: No al ricorso
Un debitore in una procedura di liquidazione del patrimonio ha impugnato lo stato passivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, negando la legittimazione debitore sovraindebitato a contestare l'elenco dei crediti. La Corte ha stabilito che, analogamente al fallimento, il liquidatore rappresenta la massa dei creditori e non il debitore, il quale perde il diritto di agire in questa fase.
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Ricorribilità per cassazione: no se la domanda è inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un'ordinanza del Tribunale che aveva a sua volta dichiarato inammissibile una domanda di liquidazione del patrimonio. La Suprema Corte ha chiarito che un provvedimento di inammissibilità non possiede i caratteri di decisorietà e definitività necessari per la ricorribilità per cassazione, poiché non impedisce al debitore di riproporre una nuova e più completa istanza.
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Interesse ad agire: quando il debitore può opporsi?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i limiti dell'impugnazione del piano di riparto da parte del debitore sovraindebitato. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la ricorrente non ha dimostrato di avere un concreto e personale interesse ad agire nel chiedere una diversa allocazione delle somme a favore di un suo creditore. La Corte ha ribadito che, per agire in giudizio, non basta un generico desiderio di correttezza procedurale, ma è necessaria la prova di un'utilità tangibile e diretta per chi propone l'azione.
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Domanda di ammissione al passivo: come non sbagliare
La Corte di Cassazione chiarisce che in una procedura di liquidazione del patrimonio, una domanda di ammissione al passivo per un credito professionale deve contenere l'esplicita richiesta del privilegio. L'omissione di tale richiesta comporta la classificazione del credito come chirografario, anche se la natura professionale del credito è evidente dalla documentazione. La Corte equipara la disciplina della liquidazione del patrimonio a quella fallimentare, sottolineando l'onere del creditore di indicare chiaramente il titolo di prelazione.
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Equa riparazione e causa estinta: la Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato che non spetta l'equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo se la causa si è estinta per inattività delle parti, inclusa la cancellazione dal ruolo (art. 309 c.p.c.). Si presume, infatti, il disinteresse della parte a proseguire il giudizio. Per ottenere il risarcimento, il cittadino deve fornire la prova contraria di aver subito un concreto pregiudizio.
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Irrisorietà della pretesa: la Cassazione chiarisce
Una società ha richiesto un'equa riparazione per la durata irragionevole di una procedura fallimentare. Il Ministero della Giustizia si è opposto, sostenendo l'irrisorietà della pretesa creditoria, pari a 24.000 euro. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11442/2025, ha respinto il ricorso del Ministero. Ha chiarito che la valutazione sull'irrisorietà della pretesa deve considerare sia il valore oggettivo della causa sia le condizioni soggettive del richiedente. Inoltre, ha ribadito che il danno da ritardo si presume, e spetta all'Amministrazione fornire la prova contraria per escludere il diritto al risarcimento.
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Decreto di omologa: correzione e limiti sulle spese
La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della procedura di correzione di errore materiale applicata a un decreto di omologa. In un caso previdenziale, un Tribunale aveva prima erroneamente respinto la richiesta di un'assicurata, per poi correggerla accogliendola e condannando l'ente al pagamento delle spese. La Suprema Corte ha stabilito che, sebbene la correzione dell'esito fosse legittima in quanto errore materiale, il giudice non poteva modificare la precedente statuizione sulle spese, annullando questa parte della decisione.
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Assegno di natalità: illegittimo negarlo a stranieri
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11438/2025, ha stabilito che l'assegno di natalità deve essere concesso anche ai cittadini extracomunitari che non possiedono un permesso di soggiorno di lungo periodo. Basandosi su una precedente pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 54/2022), ha dichiarato illegittima la norma che limitava il beneficio, estendendolo a tutti gli stranieri autorizzati a lavorare in Italia, in quanto la precedente esclusione era discriminatoria e violava i principi costituzionali di uguaglianza e di sostegno alla famiglia.
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Onere di allegazione: no assegni senza prove iniziali
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti dei poteri istruttori del giudice nelle cause previdenziali. La Corte ha accolto il ricorso di un ente previdenziale, negando l'assegno per il nucleo familiare a una lavoratrice la cui domanda iniziale era priva di adeguate allegazioni sui requisiti reddituali. Il principio cardine ribadito è che il mancato rispetto dell'onere di allegazione da parte del ricorrente non può essere sanato d'ufficio dal giudice, neanche in appello.
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Successione nell’appalto: quando non c’è obbligo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 11431/2025, ha stabilito che nella successione nell'appalto non scatta l'obbligo per la nuova azienda di assumere i dipendenti della precedente se non vi è un effettivo trasferimento di personale e di beni strumentali. La Corte ha chiarito che la sola sostituzione di un'impresa con un'altra non configura automaticamente un trasferimento d'azienda ai sensi dell'art. 2112 c.c., specialmente in presenza di chiari 'elementi di discontinuità' tra le due gestioni.
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