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Giurisprudenza Civile

Concessione amministrativa: estinzione per legge?
Una società, titolare di una concessione amministrativa perpetua per servizi di cremazione dal 1884, si è vista ingiungere da un Comune la cessazione delle attività a seguito di una legge del 2001 che ha qualificato la cremazione come servizio pubblico locale. Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione, ritenendo la concessione estinta per effetto del mutato quadro normativo. La società ha fatto ricorso in Cassazione per eccesso di potere giurisdizionale, sostenendo che i giudici avessero creato una nuova norma retroattiva. Le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso, stabilendo che il Consiglio di Stato ha correttamente esercitato la sua funzione interpretativa della legge, senza invadere la sfera del legislatore. L'interpretazione di una norma, anche se con effetti estintivi su un rapporto, non costituisce eccesso di potere, ma rientra nell'attività giurisdizionale.
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Concorrenza sleale: quando lo storno è illecito?
La Cassazione chiarisce i limiti della concorrenza sleale. Un'agenzia assicurativa accusava la sua ex preponente di storno di dipendenti e sviamento di clientela. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che per configurare l'illecito non basta assumere ex dipendenti, ma è necessario provare l'intento specifico di danneggiare l'organizzazione aziendale del concorrente.
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Obbligo di repêchage: i limiti secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17036/2024, ha chiarito i limiti dell'obbligo di repêchage a carico del datore di lavoro. Nel caso esaminato, due autisti licenziati per giustificato motivo oggettivo a seguito della perdita di un appalto non sono stati ricollocati in mansioni inferiori (addetti mensa) perché privi del bagaglio professionale necessario. La Corte ha stabilito che l'obbligo di repêchage non si estende fino a imporre al datore di lavoro di fornire una specifica e nuova formazione per rendere il lavoratore idoneo a mansioni diverse e inferiori. Il licenziamento è stato quindi ritenuto legittimo, confermando che la ricollocazione è possibile solo per posizioni compatibili con le competenze già possedute dal dipendente al momento del recesso.
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Estinzione del giudizio: la Cassazione e le spese legali
Un raggruppamento d'imprese impugna la sua esclusione da una gara d'appalto. In Cassazione, rinuncia al ricorso. La Corte dichiara l'estinzione del giudizio e condanna il ricorrente al pagamento delle spese legali a favore del Ministero e del consorzio controinteressato, chiarendo che la richiesta di condanna alle spese non necessita di mandato speciale.
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Licenziamento per recidiva: quando è legittimo?
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per recidiva di un lavoratore, nonostante l'ultima sanzione disciplinare fosse meno grave delle precedenti. La decisione si basa sulla valutazione complessiva della condotta del dipendente, sulla gravità del reiterato inadempimento e sulla conseguente rottura del vincolo fiduciario, ritenendo che la scelta di una sanzione più lieve in un'occasione non precluda il successivo licenziamento di fronte a una nuova infrazione.
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Correzione errore materiale: l’avvocato errato in atto
Un ente previdenziale ha richiesto la correzione di un errore materiale in una precedente ordinanza della Corte di Cassazione, poiché il nome del proprio avvocato era stato indicato in modo errato. La Corte, dopo aver verificato gli atti di causa e constatato l'effettiva svista, ha accolto la richiesta. La decisione sottolinea l'importanza della procedura di correzione errore materiale per garantire l'accuratezza formale dei provvedimenti giudiziari.
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Indennità per lavoro in turni: come si calcola?
La Cassazione ha stabilito che l'indennità per lavoro in turni, pur confermata in cifra fissa, deve essere ricalcolata sul minimo tabellare aggiornato da ogni rinnovo contrattuale. Rigettato il ricorso di un'azienda che voleva 'congelare' l'importo al valore del 2007, confermando il diritto dei lavoratori a percepire le differenze retributive dovute.
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Ricorso improcedibile per mancato deposito notifica
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso improcedibile a causa del mancato deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata. Il caso riguarda una disputa condominiale per la trasformazione di un portico in unità abitativa. L'ordinanza sottolinea come questo adempimento sia un requisito essenziale, non sanabile, che presidia il corretto avvio del processo di impugnazione.
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Licenziamento disciplinare: Telepass come prova?
La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento disciplinare inflitto a un dipendente di una società autostradale. La sua prolungata inattività durante un turno di lavoro è stata provata tramite i dati del Telepass installato sul veicolo aziendale. La Corte ha stabilito che l'uso di tali dati non viola le norme sul controllo a distanza dei lavoratori, poiché il Telepass è primariamente uno strumento per il pagamento del pedaggio e non un dispositivo installato per la sorveglianza.
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Onere della prova pagamento: chi deve dimostrarlo?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce l'onere della prova del pagamento nei contenziosi per compensi professionali. Un legale aveva citato in giudizio un ex cliente per il mancato saldo delle sue prestazioni. Il cliente si difendeva sostenendo di aver già versato degli acconti, ma non riusciva a fornirne prova certa. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del cliente, ribadendo un principio fondamentale: spetta sempre al debitore dimostrare di aver estinto il proprio debito. Il creditore deve solo provare l'esistenza del rapporto da cui nasce il credito.
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Controllo investigativo dipendenti: i limiti del datore
Un lavoratore è stato licenziato dopo un'indagine privata. La Cassazione ha stabilito che il controllo investigativo dipendenti non può riguardare l'adempimento della prestazione lavorativa, ma solo la scoperta di illeciti. La sentenza d'appello è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione.
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Compenso professionale: quando è negato per negligenza
Un professionista ha richiesto l'ammissione al passivo fallimentare per un credito di 300.000 euro relativo a una consulenza per un concordato preventivo. La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto della domanda, negando il compenso professionale a causa della grave negligenza e dell'inutilità della prestazione resa. La Corte ha stabilito che un'attività professionale talmente viziata da non essere funzionale allo scopo del cliente equivale a un inadempimento totale, legittimando il committente (o il curatore fallimentare) a rifiutare il pagamento.
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Ratio decidendi: appello inammissibile se non impugnata
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro l'annullamento del licenziamento di un dipendente. La decisione della Corte d'Appello si fondava su una duplice e autonoma ratio decidendi: la genericità della contestazione disciplinare e il difetto di prova dei fatti addebitati. Il Comune, nel suo ricorso, ha censurato solo il primo punto, omettendo di contestare la seconda motivazione. Secondo la Cassazione, la mancata impugnazione di anche una sola delle ragioni autonome, di per sé sufficiente a sorreggere la decisione, rende l'intero ricorso inammissibile per carenza di interesse.
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Quadro RR e prescrizione: la Cassazione decide
Un professionista ha omesso la compilazione del Quadro RR nella dichiarazione dei redditi. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha stabilito che tale omissione non comporta automaticamente la sospensione della prescrizione dei contributi previdenziali. Per sospendere i termini, l'INPS deve dimostrare l'occultamento doloso del debito da parte del contribuente, che non può essere presunto. La sentenza d'appello è stata quindi annullata con rinvio.
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Onere della prova: chi prova l’inadempimento?
Una società fornitrice di abbigliamento ha citato in giudizio il suo distributore elvetico per inadempimento di un contratto di collaborazione commerciale. Il distributore non aveva versato l'intero importo dovuto né fornito i report sulle vendite. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del distributore, stabilendo che in caso di mancato rendiconto, l'onere della prova di aver adempiuto ai propri obblighi o di aver conseguito risultati di vendita inferiori spetta al distributore stesso. In assenza di tale prova, si presume che tutta la merce sia stata venduta a prezzo pieno.
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Dichiarazione non veritiera: licenziamento o decadenza?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16994/2024, ha stabilito che una dichiarazione non veritiera resa da un lavoratore al momento dell'assunzione non comporta automaticamente la decadenza dal posto di lavoro. Se la falsità non riguarda un requisito essenziale che avrebbe impedito l'assunzione, il datore di lavoro deve avviare un procedimento disciplinare. Nel caso specifico, un'agenzia regionale aveva licenziato un operaio per aver taciuto condanne penali, ma la Corte ha confermato l'illegittimità del recesso perché non era stato rispettato il termine di 120 giorni previsto per la procedura disciplinare, riqualificando l'atto da decadenza a licenziamento.
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Giurisdizione giudice ordinario per extra budget
Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento per prestazioni erogate oltre il tetto di spesa concordato con l'ente sanitario pubblico. I tribunali di merito avevano negato la propria competenza, ritenendola del giudice amministrativo. La Corte di Cassazione ha invece affermato la giurisdizione del giudice ordinario, chiarendo che quando la richiesta è di natura puramente patrimoniale (pagamento di un corrispettivo) e non contesta la validità degli atti amministrativi che fissano il budget, la competenza è del giudice civile.
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Rapporto di lavoro subordinato: prova e limiti
Una lavoratrice chiedeva il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato dopo anni di contratti di collaborazione con una PA. La Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineando che la prova della subordinazione deve essere rigorosa e non può basarsi sulla sola presenza quotidiana o sulla necessità di coordinamento. È necessario dimostrare l'esercizio concreto del potere direttivo da parte del datore di lavoro, la cui valutazione spetta ai giudici di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi specifici.
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Responsabilità professionale ingegnere: il caso eolico
Un cliente acquista un impianto eolico basandosi sulla perizia di un professionista, che si rivela errata. La Cassazione conferma la condanna per responsabilità professionale dell'ingegnere, dichiarando inammissibili i ricorsi che mirano a un riesame dei fatti, inclusa la quantificazione del danno e il concorso di colpa del cliente.
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Clausola risolutiva espressa: la buona fede prevale
Un lavoratore, dopo aver stipulato una transazione con il datore di lavoro, ha tollerato un lieve ritardo nel pagamento di una rata, accettando le successive. Dopo essere stato licenziato per altre ragioni, ha tentato di invocare la clausola risolutiva espressa prevista nell'accordo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il comportamento del lavoratore costituiva una rinuncia tacita all'uso della clausola, in applicazione del principio di buona fede e correttezza contrattuale. Il licenziamento è stato inoltre ritenuto legittimo.
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