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Diritto Societario

Responsabilità sindaco società: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del presidente del collegio sindacale di una società fallita per concorso in bancarotta. La Corte ha stabilito che la sua responsabilità deriva dalla mancata vigilanza e dall'aver ignorato evidenti 'segnali d'allarme', come crediti fittizi iscritti a bilancio. Questa condotta omissiva è stata ritenuta un contributo causale essenziale ai reati commessi dagli amministratori, aggravando il dissesto della società.
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Ripetizione d’indebito: Ente pubblico e diritto societario
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un istituto di credito privato alla restituzione di ingenti utili percepiti da un ente creditizio pubblico. La controversia sulla ripetizione d'indebito nasce dall'annullamento retroattivo di uno statuto che aveva illegittimamente favorito la banca privata. La Corte ha stabilito la prevalenza del diritto pubblico su quello societario, qualificando i pagamenti come indebiti fin dall'origine e respingendo le difese della banca basate sulla buona fede e sulla prescrizione societaria.
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Legittimazione attiva creditore: credito contestato
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26518/2025, ha stabilito un principio fondamentale sulla legittimazione attiva creditore per la richiesta di liquidazione giudiziale. Un credito semplicemente contestato o 'sub iudice' non è sufficiente. Il giudice deve effettuare una valutazione sommaria ed incidentale per verificare l'effettiva esistenza del credito, non potendo basarsi sulla mera pendenza di un'altra causa. La Corte ha quindi annullato la decisione di merito che aveva aperto la liquidazione basandosi solo sulla contestazione del credito.
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Società in house: stipendi e blocco della spesa
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società in house che aveva bloccato gli aumenti stipendiali previsti dal contratto collettivo, giustificandosi con i limiti di spesa pubblica. La Corte ha stabilito che i rapporti di lavoro in tali società sono di natura privatistica e che la riduzione dei costi del personale deve avvenire tramite la contrattazione di secondo livello, non con decisioni unilaterali, anche se sollecitate dall'ente pubblico controllante.
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Responsabilità sindaco: dovere di vigilanza e colpa
Un sindaco di una società fallita è stato condannato per non aver vigilato sull'amministratore. La Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che la responsabilità del sindaco sussiste anche per fatti precedenti al suo incarico se non si attiva per fermare l'illegalità. L'omessa vigilanza è causa del danno.
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Bancarotta fraudolenta scissione: la Cassazione decide
Un amministratore ha effettuato una scissione societaria, trasferendo i beni di valore a una nuova società e lasciando la prima con un patrimonio insufficiente, portandola al fallimento. La Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna per bancarotta fraudolenta scissione, stabilendo che anche un'operazione formalmente lecita costituisce reato se finalizzata a spogliare la società a danno dei creditori. Ha però annullato la condanna per bancarotta semplice per prescrizione e rinviato il caso per una nuova valutazione sulla concessione della sospensione condizionale della pena.
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Amministratore di fatto: notifica non valida
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9391/2024, ha stabilito che la notifica di un avviso di accertamento a un amministratore di fatto è invalida se la società possiede un legale rappresentante regolarmente nominato. Il Fisco non può scegliere un destinatario diverso da quello previsto dalla legge, rendendo nullo l'atto se notificato alla persona sbagliata, anche se questa gestisce di fatto l'impresa.
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Fornitura gratuita di energia: obblighi post-scissione
Una società fornitrice di elettricità ha richiesto il pagamento di bollette a un consorzio di bonifica, il quale ha opposto il proprio diritto a una fornitura gratuita di energia come forma di indennizzo per una concessione idroelettrica. La controversia verteva su chi, a seguito di una scissione societaria, avesse ereditato tale obbligo: la società di vendita o quella di produzione. La Corte di Cassazione ha stabilito che l'obbligazione, derivante direttamente dalla legge, è stata correttamente trasferita alla società di vendita in quanto parte del ramo d'azienda dedicato ai clienti finali, rigettando così il ricorso della società fornitrice.
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Cessione di azienda: i marchi seguono l’impresa?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 9293/2024, ha affrontato un complesso caso di cessione di azienda, stabilendo che i marchi di fatto, legati a celebri competizioni sportive, si trasferiscono unitamente al ramo d'azienda che li gestisce, salvo patto contrario. La Corte ha rigettato il ricorso della società editrice originaria, confermando che i diritti sui segni distintivi erano stati validamente trasferiti decenni prima nell'ambito di un'operazione negoziale complessa, legittimando così le successive registrazioni effettuate dalla società acquirente.
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Legittimazione attiva SGR: cosa giudicata e fallimento
Una società di gestione del risparmio (SGR) ha chiesto il fallimento di una s.r.l. per un credito da canoni di locazione non pagati, derivante da un decreto ingiuntivo. I soci della s.r.l. hanno contestato la legittimazione attiva SGR, sostenendo che non avesse provato il suo ruolo di gestore del fondo proprietario dell'immobile. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che la legittimazione era già stata accertata con efficacia di cosa giudicata nel precedente procedimento di convalida di sfratto, che era alla base del credito. Pertanto, la questione non poteva essere nuovamente messa in discussione.
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Danno al socio: risarcimento personale e aziendale
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14028/2024, ha stabilito un importante principio in materia di risarcimento del danno al socio. Anche se il reato principale è prescritto, la Corte ha chiarito che il socio unico di una società di capitali può richiedere un risarcimento per i danni personali, patrimoniali e morali, subiti in conseguenza di un illecito che ha danneggiato la sua azienda. Questa pretesa è autonoma e distinta rispetto al danno subito dalla società stessa.
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Notifica nulla: quando l’errore non salva l’appello
Una ex amministratrice di società ha impugnato una condanna per mala gestio, sostenendo che la notifica iniziale fosse inesistente per un errore nel numero civico. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che un simile errore configura una notifica nulla, non inesistente. Tale vizio, per essere fatto valere, deve essere eccepito come specifico motivo nell'atto di appello iniziale e non può essere introdotto tardivamente, confermando così l'inammissibilità dell'impugnazione.
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Rinuncia tacita al credito: la Cassazione chiarisce
Due ex soci di una società di consulenza ricorrono in Cassazione contro la decisione della Corte d'Appello che aveva dichiarato cessata la materia del contendere in una causa per risarcimento danni contro una società energetica. La Corte d'Appello aveva interpretato la cancellazione della società dal registro imprese come una rinuncia tacita al credito, poiché il credito non era stato ancora accertato al momento della cancellazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza per un vizio di notifica dell'atto d'appello a uno degli ex soci. La notifica, avvenuta a un indirizzo errato, è stata dichiarata nulla, rendendo illegittima la dichiarazione di contumacia e assorbendo le questioni di merito sulla rinuncia tacita al credito.
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Conflitto di interessi: annullamento vendita immobiliare
La Corte di Cassazione conferma l'annullamento di una compravendita immobiliare tra due società gestite da coniugi. La decisione si fonda sul riconoscimento di un conflitto di interessi, in quanto il prezzo della vendita non fu mai realmente versato, ma creato artificiosamente tramite una provvista di denaro proveniente dalla stessa società venditrice, a suo danno.
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Fattibilità del piano: quando un ricorso è inammissibile
Una società immobiliare, dichiarata fallita dopo la bocciatura della sua proposta di concordato, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un difetto di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che la valutazione sulla fattibilità del piano spetta al giudice di merito. In questo caso, la Corte d'Appello aveva ampiamente e logicamente motivato l'irrealizzabilità del piano, basandosi su dati incompleti, una rappresentazione inesatta del passivo e un'evidente sopravvalutazione dell'attivo.
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Competenza concordato preventivo: pendenza e sede legale
Una società in liquidazione, dopo aver ricevuto una richiesta di fallimento dal Pubblico Ministero presso un tribunale, trasferiva la propria sede legale e presentava domanda di concordato preventivo presso il nuovo tribunale competente per territorio. La Corte di Cassazione ha stabilito la competenza del primo tribunale, quello dove era stata originariamente depositata l'istanza di fallimento, applicando il principio di continenza. Secondo la Corte, la pendenza di un procedimento prefallimentare attrae la competenza per la successiva domanda di concordato, per garantire l'unità e la coerenza della gestione della crisi d'impresa, rigettando il ricorso della società.
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Status di socio e decadenza: la delibera è necessaria
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8884/2024, ha stabilito che la perdita dello status di socio di un'associazione per morosità non è automatica, ma richiede una specifica delibera dell'organo direttivo. Due associati avevano impugnato una delibera assembleare per mancata convocazione. L'associazione si era difesa sostenendo che i due avessero perso automaticamente la qualifica di soci per non aver pagato le quote. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ribadendo la necessità di un atto formale di esclusione. Ha tuttavia cassato la sentenza d'appello per quanto riguarda la liquidazione delle spese legali, ritenute eccessive e immotivate rispetto al valore della causa, rinviando sul punto alla Corte d'Appello.
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Legittimazione ad agire del socio e giudicato
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un soggetto che aveva agito in giudizio qualificandosi come socio unico di una Srl per contestare la vendita di alcuni immobili. La sua domanda è stata respinta in tutti i gradi di giudizio per carenza di legittimazione ad agire, poiché numerose sentenze precedenti, passate in giudicato, avevano già accertato che egli non possedeva la qualità di socio. La Corte ha ribadito che il giudicato fa stato tra le parti e impedisce di rimettere in discussione quanto già deciso definitivamente, rendendo inammissibili le doglianze del ricorrente.
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Clausola di decadenza: l’interpretazione del contratto
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di acquisizione societaria, chiarendo i limiti dell'interpretazione di una clausola di decadenza. La controversia verteva su un termine di 30 giorni per la denuncia di vizi, previsto nel contratto di cessione di quote. La Corte ha stabilito che la mera dicitura 'entro e non oltre' non è sufficiente a determinare la perdita del diritto di garanzia se non è espressamente prevista tale conseguenza. Confermando la decisione della Corte d'Appello, la Cassazione ha ribadito che l'interpretazione del contratto spetta al giudice di merito e che il suo sindacato è limitato alla verifica della corretta applicazione dei canoni legali, rigettando il ricorso dei venditori.
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Società di fatto tra coniugi: liquidazione e recesso
La Corte di Cassazione interviene sul caso di una società di fatto tra coniugi per la gestione di una farmacia. La sentenza chiarisce che l'allontanamento di un socio dall'attività non determina automaticamente lo scioglimento della società, ma configura un recesso. Di conseguenza, la liquidazione della sua quota deve essere calcolata al momento della manifestazione formale della volontà di recedere (come la notifica di un atto di citazione) e non al momento dell'abbandono fisico. La Corte ha cassato la decisione precedente per aver confuso lo scioglimento della società con il recesso del singolo socio, incorrendo nel vizio di extra petizione.
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