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Diritto Societario

Domanda modificata: quando è ammissibile nel processo
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 21821/2024, ha chiarito i limiti di ammissibilità della domanda modificata nel processo civile. Nel caso esaminato, due fratelli avevano inizialmente chiesto l'accertamento del trasferimento di quote societarie. Successivamente, hanno modificato la domanda chiedendo la restituzione delle somme versate. La Suprema Corte ha ritenuto tale modifica ammissibile, in quanto la nuova domanda, seppur diversa, era strettamente connessa alla vicenda sostanziale originaria (la compravendita di quote) e incompatibile con la prima. Questa decisione conferma il principio di economia processuale, secondo cui è preferibile trattare le questioni collegate in un unico giudizio, evitando la frammentazione dei processi.
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Patto di famiglia: quando un accordo non lo è?
Una complessa controversia nata da un accordo di riorganizzazione aziendale tra familiari giunge in Cassazione. La questione centrale è se tale accordo debba essere qualificato come patto di famiglia, con la conseguente necessità della forma dell'atto pubblico a pena di nullità. La Corte d'Appello aveva escluso tale qualificazione, ritenendo l'accordo valido. La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, data la rilevanza e complessità delle questioni giuridiche sollevate, in particolare sulla natura del patto di famiglia e su una garanzia atipica (fideiussio indemnitatis), ha rimesso la trattazione della causa alla pubblica udienza per un esame più approfondito.
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Responsabilità soci società estinta: la Cassazione attende
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza interlocutoria, ha sospeso la decisione su un caso riguardante la responsabilità soci società estinta per debiti fiscali. La questione centrale, sulla quale esistono interpretazioni contrastanti, è se l'amministrazione finanziaria debba provare che i soci abbiano effettivamente ricevuto somme dalla liquidazione per poter agire nei loro confronti. In attesa di un pronunciamento chiarificatore delle Sezioni Unite, a cui la questione è già stata rimessa, il giudizio è stato rinviato a nuovo ruolo.
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Scioglimento società: inammissibile il ricorso in Cassazione
Un socio di una S.r.l. ha richiesto lo scioglimento della società a causa di una paralisi gestionale e della mancata approvazione dei bilanci per oltre un decennio. I tribunali di merito hanno accolto la richiesta. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che i provvedimenti in materia di scioglimento società, rientrando nella volontaria giurisdizione, non hanno carattere decisorio e non sono quindi impugnabili in Cassazione.
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Prova versamento decimi: la quietanza non basta
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un socio che non è riuscito a fornire una prova adeguata del versamento dei decimi di capitale. La curatela fallimentare aveva richiesto il pagamento, e le prove fornite dal socio - un estratto conto della società, una quietanza del padre-amministratore e una scrittura contabile - sono state ritenute insufficienti. La sentenza sottolinea che la prova del versamento decimi deve essere inequivocabile e non può basarsi su documenti che non chiariscono l'origine e la causale dei fondi, specialmente in un contesto di fallimento e rapporti familiari.
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Azione revocatoria donazione: la prova della simulazione
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di azione revocatoria promossa da una curatela fallimentare contro gli atti di donazione di immobili posti in essere dall'ex amministratrice della società fallita in favore dei propri familiari. I convenuti sostenevano che le donazioni fossero in realtà vendite simulate. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che, per superare la presunzione di gratuità dell'atto e dimostrare la simulazione, è necessaria una prova scritta (controdichiarazione) con data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non essendo sufficiente la produzione di assegni o scritture private prive di tale requisito.
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Danno soci minoranza: quando è risarcibile?
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di alcuni soci di maggioranza contro una decisione che confermava il risarcimento del danno soci minoranza. Il danno era stato riconosciuto per la violazione dei doveri di buona fede, che aveva causato la frustrazione delle loro "ragionevoli aspettative". La Corte ha basato la sua decisione su un vizio procedurale: i motivi del ricorso non affrontavano la reale motivazione della sentenza d'appello.
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Associazione in partecipazione: quando non è società
La Corte di Cassazione ha confermato la validità di un contratto di associazione in partecipazione per la gestione di una farmacia, rigettando la tesi del ricorrente che lo riteneva un contratto di società nullo. Secondo la Corte, la presenza di clausole sulla plusvalenza o sulla durata non è sufficiente a riqualificare il rapporto se mancano gli elementi essenziali della società, come l'organizzazione comune e la condivisione del rischio d'impresa (affectio societatis). La corretta interpretazione del contratto, operata in modo complessivo e non atomistico, spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
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Procura speciale mediazione: quando è valida?
Un ex socio di una banca cooperativa ha richiesto il pagamento del sovrapprezzo delle azioni. La banca si è opposta e il caso è finito in mediazione obbligatoria. Il Tribunale ha ritenuto valida la partecipazione tramite avvocati muniti di procura speciale mediazione. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso dell'ex socio inammissibile, confermando che l'interpretazione del contenuto della procura, volta a verificarne la natura sostanziale, è un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
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Associazione in partecipazione: onere della prova
In un caso di associazione in partecipazione, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'onere della prova delle perdite spetta all'associante. A seguito della cessazione del contratto, l'associato ha richiesto la restituzione del proprio apporto. L'associante si è opposto, adducendo perdite non provate. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che, in assenza di prova contraria fornita dall'associante, l'apporto deve essere restituito.
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Contratto associazione in partecipazione e scioglimento
Un avvocato ha conferito le sue prestazioni professionali in un progetto immobiliare tramite un contratto di associazione in partecipazione, in cambio di una quota degli utili. Quando il progetto è fallito, ha chiesto il pagamento delle sue parcelle. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo scioglimento del contratto non fa rivivere automaticamente il diritto al compenso conferito come apporto. Tale diritto si è estinto con il conferimento e la sua sorte, in caso di scioglimento, dipende da specifici accordi tra le parti, in questo caso mancanti.
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Giurisdizione estera per liti tra eredi su società
In una controversia tra coeredi riguardante la gestione di partecipazioni societarie ereditate, la Corte di Cassazione ha affermato la giurisdizione estera. La Corte ha stabilito che la natura della lite non era successoria, bensì civile e commerciale, poiché verteva sull'abuso di diritti societari e su operazioni come aumenti di capitale. Di conseguenza, la competenza è stata determinata in base alla Convenzione di Lugano, che indicava i tribunali svizzeri come foro competente, dato il domicilio delle parti convenute e il luogo del presunto danno.
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Competenza territoriale crisi impresa: sede legale
Una società sportiva trasferisce la propria sede legale da una città all'altra poche settimane prima di depositare un ricorso per concordato preventivo. Il tribunale della nuova sede, dopo aver inizialmente affermato la propria giurisdizione, dichiara la propria incompetenza a favore del tribunale della sede precedente, applicando la regola che considera il centro degli interessi principali nell'anno antecedente la domanda. La questione, di rilevante importanza nomofilattica sotto il nuovo Codice della Crisi, viene rimessa dalla Corte di Cassazione a una pubblica udienza per una decisione approfondita, data l'assenza di precedenti specifici.
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Prova del mutuo: come dimostrare un prestito tra soci
Un socio amministratore ha citato in giudizio la socia di maggioranza per la restituzione di una somma, sostenendo di averla versata alla società a titolo di mutuo per conto di lei. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione di merito che negava la restituzione. La Corte ha stabilito che gli elementi portati (bonifici, scritture contabili) non erano sufficienti a fornire la prova del mutuo, ovvero a dimostrare che i versamenti fossero prestiti e non conferimenti di altra natura.
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Responsabilità amministratori non esecutivi: la Cassazione
Un ex amministratore di un istituto di credito contesta una pesante sanzione irrogata dall'Autorità di Vigilanza per carenze gestionali. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, consolidando il principio della responsabilità amministratori non esecutivi. Secondo la Corte, anche in assenza di deleghe specifiche, questi soggetti hanno un dovere attivo di informazione e monitoraggio sulla gestione aziendale. L'ordinanza sottolinea che spetta all'amministratore dimostrare di aver agito con diligenza, e non all'autorità provare la sua colpa.
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Illecito permanente: quando scatta il termine CONSOB?
La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di illecito permanente come le carenze in materia di antiriciclaggio, il termine di 180 giorni per la contestazione da parte dell'Autorità di vigilanza non decorre dalla prima acquisizione di documenti, ma dalla cessazione della condotta illecita. La sentenza ribalta una decisione della Corte d'Appello, che aveva annullato una sanzione per tardività, sottolineando che la natura continuativa della violazione sposta in avanti il momento dell'accertamento definitivo.
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Fallimento Impresa Agricola: quando prevale il commerciale
La Corte di Cassazione ha confermato il fallimento di una società a responsabilità limitata che, pur operando nel settore agricolo, svolgeva in misura preponderante attività commerciale, come la trasformazione e vendita di prodotti acquistati da terzi. La Corte ha stabilito che per le società commerciali, come le s.r.l., la soggettività al fallimento è presunta e spetta alla società stessa dimostrare la prevalenza dell'attività agricola. Inoltre, un precedente decreto di inammissibilità di un concordato preventivo non costituisce giudicato sulla natura non fallibile dell'impresa.
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Credito tributario contestato: l’obbligo di inclusione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società fallita, confermando che il suo piano di concordato preventivo era a sua volta inammissibile. La ragione principale è la mancata adeguata rappresentazione di un ingente credito tributario contestato, un errore che ha compromesso la trasparenza e la fattibilità del piano, ledendo il diritto dei creditori a un'informazione completa e veritiera.
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Dichiarazione di insolvenza: i limiti dell’appello
Una società di costruzioni, dichiarata fallita, ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato l'appello inammissibile, stabilendo che i vizi procedurali devono essere sollevati nel primo grado di impugnazione. È stato inoltre confermato che la dichiarazione di insolvenza si basa sulla reale incapacità di pagare i debiti, non solo sul valore patrimoniale, e che una volta dichiarato il fallimento non è più possibile proporre un concordato preventivo.
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Liquidazione giudiziale: soglia debitoria e notifiche
Una società operante nel settore balneare ha ottenuto la revoca della propria liquidazione giudiziale. La Corte d'Appello ha accolto il reclamo, ritenendo che il debito complessivo fosse inferiore alla soglia di 500.000 euro. La decisione si fonda sulla nullità delle notifiche di numerosi atti fiscali, che non hanno interrotto la prescrizione, e sulla corretta interpretazione degli effetti dell'adesione alla definizione agevolata dei debiti.
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